domenica 3 maggio 2020

Cronache della peste del 1579-1580 nella Liguria di Ponente.


Dalle relazioni periodiche degli Ufficiali di Sanità di Ventimiglia si legge che nell'ottobre del 1579, a causa del propagarsi del contagio della peste nei territori liguri e nei dintorni di essi, "era sorto il sospetto degli untori e se a Genova tre forestieri, per tale accusa erano stati arrestati e torturati, ma finalmente riconosciuti innocenti, il Duca di Savoja non esitava a procedere ad esecuzioni sommarie". E poi ci fu il caso di quel tizio di Apricale che , secondo Gerolamo Rossi, veniva da Ceriana sospetto di peste e che si era alloggiato ad Apricale: con la forza era stato portato a Bajardo e di là respinto ad Apricale ancora, dove venne giustiziato a furor di popolo: qualche sospetto cadde anche sul medico Giovanni Lorenzo "che, scrivono gli Ufficiali di Sanità di Ventimiglia,venne  fermato nella villa di Bordighera e, solo dopo un periodo di forzata quarantena, venne rilasciato: il fatto di venire da Loano e da Albenga, colpite dalla peste, lo avevano trasformato in un pericoloso sospetto". In effetti il Lorenzo, salariato in Albenga e, pur dotato di opportuna "bolletta giustificata come consta per sua certificazione fatta e de forza nelli atti del notario et cancellario nostro non s'era partito dalla mattina di Settembre in qua et assicurandosi", era venuto a Bordighera da Albenga. Poiché in tale ultima villa si erano registrati molti casi di peste, forse i più  gravi dell'epidemia (come in tal senso si era espresso l'equipaggio della nave che lo aveva disinvoltamente trasportato con la moglie, lo suocero e la sua roba dal centro ingauno), il medico e il suo seguito familiare vennero inizialmente isolati a loro spese. Questa ultima circostanza fu prontamente riferita dagli Ufficiali Sanitari intemelii al Commissario alla Sanità di Sanremo, al quale,  tra l'altro, si rappresentò la necessità di fare obbligo ai marinai di Bordighera di mantenere le debite distanze dalla gente per evitare il contagio che stava allargandosi nella Liguria occidentale e Genova, risparmiando Ventimiglia e i suoi dintorni. Era anche fatto divieto in genere di conversare con soggetti sospetti nel timore di essere toccati dal morbo. Casi di sconfinamento da Mendatica verso Ceriana e il Poggio di Sanremo di mandriani e pastori con i loro greggi venivano segnalati unitamente alla vivace reazione contraria degli abitanti delle due zone. Mendatica, per i suoi contatti con Albenga era considerata assai pericolosa. Il Capitanato di Ventimiglia resistette in maniera efficace, come già ricordato in precedente occasione su Sanremonews, tenendo lontano il contagio con grande professionalità. Le fortezze create allo scopo, e in origine concepite per uso militare secondo il progetto di certo Matteo Vinzoni, si integrarono ottimamente con la rete dei lazzaretti istituita nel tempo dai sapienti responsabili intemelii. Gli Ufficiali Sanitari di Ventimiglia segnalarono pure al Commissario di Sanremo il loro rincrescimento nei confronti della arroganza di un capitano di mare di Bordighera, che era solito spostarsi per mare fino a Genova e ritorno, senza sottoporsi ai dovuti controlli. Il Commissario di Sanremo aveva, peraltro, ben presente quanto i bordighotti fossero piuttosto portati a rischiare la salute loro e pubblica, pur di non compromettere l'andamento dei commerci. I bordighotti avevano, infatti, fama di essere "corsari e tanto commercianti", e non si tiravano indietro neanche quando si ebbe notizia di un decesso per peste sulla marina di Mentone e dell'infuriare crescente della epidemia in Provenza e nei territori sabaudi di Nizza, località spesso avvicinate dai legni della Città delle Palme. Tale comportamento violava le stesse circolari che i Conservatori della Sanità  da Genova avevano inviato fin dal 1572 agli Uffici di Sanità  dei domini della Superba, in particolare delle Riviere. Si levò infine l'allarme soprattutto dopo   il diffondersi pestifero in Sanremo. Bordighera era, inoltre, un attracco privilegiato rispetto a Ventimiglia e, come tale, più facile da frequentare in considerazione di una minore vigilanza da parte della agguerrita organizzazione intemelia. I comportamenti indisciplinati e insolenti dei bordighotti superarono il segno e cosi' lo sfuggire al controlli non riuscira' più  tanto facilmente , dal momento che provvedimenti oltremodo severi e punitivi vennero assunti dalla Sanità di Ventimiglia d'intesa con le vicine autorità, non solo in seno alla Repubblica ligure, ma anche con quelle dei potentati limitrofi, compreso quello monegasco.
La perseveranza ostinata e lungimirante della Sanità di Ventimiglia sarà premiata dagli eventi (e riconosciuta dalle superiori autorità) e il Capitanato resterà pressoché immune dal contagio. Il successivo allentare del blocco non fu mai totale. Gli Ufficiali di Sanita' di Ventimiglia furono la prova ante litteram che durante le crisi sanitarie il governo della cosa pubblica non è in mano del potere politico. Del resto il sistema di vigilanza sanitaria adottato da Genova nei suoi territori, dalle Riviere alla Corsica, a Caprera, aldilà della minore osservanza da parte di qualche sua struttura (con le inevitabili conseguenze) funziono' assai meglio che in altre parti d'Europa, come ebbe a dire un viaggiatore inglese del XVIII secolo. Non solo: come si registrò particolarmente nel Ponente ligure, risorgere dalle emergenze costitui' sempre un imperativo categorico per la sicurezza collettiva. Dopo le diverse epidemie, infatti, in Liguria e nelle restanti terre sotto il dominio di San Giorgio, cambiarono sanità, dinamiche sociali e persino le fisionomie delle città. Ci si augura che anche ai giorni nostri con il Covid-19 si possa ripensare in modo nuovo al lavoro, al controllo dei big data, alla globalizzazione. Quest'ultima probabilmente non sparirà, ma cambierà volto. Si dovrà ripartire dopo un bagno di umiltà e di rinnovato equilibrio intellettuale.
Casalino Pierluigi 
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