Casalino Pierluigi.
lunedì 13 aprile 2020
L'allegoria nella Divina Commedia.
In senso allegorico, Dante rappresenta l'uomo peccatore e per misericordia divina convertito. Il Poeta, scorto dalla retta ragione in lui risvegliatasi (Virgilio), e questa a sua volta guidata dalla rivelazione o teologia (Beatrice), prende a considerare con fatica e dolore i vizi umani (inferno), studia e pratica i mezzi più adeguati per emendare le cattive tendenze che lo fecero peccare (purgatorio), e riacquistata l'innocenza battesimale (paradiso terrestre), si eleva poi, illuminato dalla rivelazione (Beatrice), a conoscere le virtù soprannaturali, e finalmente a meditare per contemplazione (San Bernardo e Maria SS.) i misteri della divinità (paradiso). L'abisso sotterraneo e le tenebre perpetue dell'inferno simboleggiano la bassezza e tristezza del peccato, che si personificazione, di volta in volta, nei mostri mitologici: i tormenti fisici e morali dei dannati esprimono in sé o la rea natura delle singole colpe, o i tristi effetti che da esse derivano in questo mondo. Il salire del monte al chiarore del sole, simboleggia il progresso nella emendazione e nella grazia di Dio (raffigurata negli angeli che guidano le anime dall'uno all'altro girone): le pene dei purganti sono immagine delle penitenze volontarie o della mortificazione di sé stesso (così sarà nella visione del purgatorio di Santa Caterina da Genova). Le piante rigogliose e i fiori profumati del paradiso terrestre, figurano le opere buone e virtuose il cui esercizio costituisce la vita attiva. La luce celeste che illumina e faccia i beati (concetto di derivazione avicenniana), la danza, il canto, figurano la chiarezza e la serenità della vita contemplativa, che ci fa pregustare su questa terra le gioie del paradiso celeste. La conclusione della Commedia, infatti, porta alla visione (da vivo) di Dio, luce e amore, secondo un concetto mutuato dall'altro grande filosofo arabo, Averroe', primo maestro di Dante. Oltre l'allegoria morale, si manifesta nella Divina Commedia, e, specialmente, nel primo canto che ne forma l'Introduzione e in qualche altro canto, un'allegoria politica. La società piena di errori e di vizi(selva oscura), abitata da un principe (veltro), il quale ristabilira' il sacro romano impero, e ricondurra' il papato dentro la sfera delle cose spirituali. Così l'imperatore (rappresentato politicamente e scientificamente in Virgilio, il cantore e vate dell'antico impero romano e della pace, e moralmente in Catone, guardiano del purgatorio), guiderà l'uomo alla felicità della vita attiva (paradiso terrestre). Il papa (rappresentato scientificamente in Beatrice, donna di virtù, e lume fra il vero e l'intelletto, e forse moralmente da Matelda, regina del paradiso terrestre) lo guiderà con i precetti del vangelo alla beatitudine e al perfezionamento spirituale (vedi De Monarchia, III, 15). Da questo aspetto traggono loro ragione le frequenti invettive che per tutte e tre le cantiche risuonano contro i papi usurpatori del potere temporale e politico, i prelati avidi dei beni mondani, contro le città e i regni ribelli all'impero, e contro gli imperatori stessi incuranti del loro dovere di ristabilire l'ordine e la pace del mondo. E lo spirito e la lettera della pace universale secondo la concezione dantesca ispirò l'indimenticabile discorso del Santo Padre Paolo VI all'assemblea generale dell'ONU nell'autunno del 1965.
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