"Se Roma cade, chi mai si salverà": queste le parole di San Gerolamo alla notizia, da lui definita "orribile", del sacco di Roma nel 410 ad opera di Alarico. L'eco dell'evento fu vasta e la circostanza venne percepita dai contemporanei, cristiani e pagani, come un qualcosa di eccezionale e devastante. Pur tuttavia la percezione di tutti non fu quella di un segno della fine di Roma, anche perché il mito dell'Urbe continuava e continuerà ad esercitare il suo richiamo per molto tempo ancora. E ciò anche in considerazione del fatto che l'impero romano esisteva ancora, soprattutto, ad oriente e il centro del spirito universale della Città Eterna si stava progressivamente trasferendo alla Chiesa. A dire il vero nessuno pensava di essere davvero al tramonto di un'epoca; in effetti il sacco di Roma si inseriva in più ampio contesto di disordini, materiali e morali, che pochi riuscirono a valutare nella loro vera misura.Una dura crisi economica minacciava il mondo romano nel suo complesso. L'inesorabile scomparsa di una già intensa attività commerciale ed economica provocava il regresso ad un'economia naturale fondata sul baratto e sull'agricoltura. La decadenza della Città e della moneta, la perdita di diretto controllo di diverse province ad occidente, causano a loro volta la disgregazione della vita sociale e il frazionamento dei poteri. La stessa gestione dell'associazione dei barbari alle istituzioni imperiali veniva meno, mentre i funzionari non avevano più alcuna autorità sui cittadini, che si lasciavano condurre passivamente o tentavano di sottrarsi, per quanto possibile, ai loro doveri con la fuga e la ribellione o cercando di ottenere privilegi di ogni genere; la stessa classe senatoria, padrona di terre smisurate in ogni parte dell'Impero, non era più in grado di seguire le attività connesse, tra indolenza e corruzione. Il declino dello spirito civico produceva ormai conseguenze particolarmente gravi sul reclutamento dell'esercito, ora pressoché formato da mercenari e stranieri, sia dotati della cittadinanza romana, ma non di rado privi di tale diritto. E non è un caso che lo stesso Alarico sia stato preceptor militum nell'esercito romano, ma animato da ambizioni venali. I barbari che premevano ai confini si trovavano di fronte truppe certamente leali, ma senza alcuna convinzione patriottica. D'altronde le forze intellettuali e religiose tendono a spostarsi in Oriente, pur conservando il rispetto per la centralità storica e di civiltà di Roma. Al tempo stesso la regressione economica delle città occidentali neanche consentono un vero movimento culturale, mentre il cristianesimo in espansione è costretto ad un'opera di volgarizzazione, trascurando perciò i motivi e le occasioni di una ricerca originale. La stessa funzione imperiale aveva perso prestigio e autorità. Scegliendo Costantinopoli come seconda metropoli, Costantino, (che a Roma c'era stato probabilmente solo per la battaglia di Ponte Milvio, avendo trascorso molto del suo tempo precedente nella fredda York in Britannia), aveva posto dei limiti preventivi al crollo dell'impero romano: abbandonata alle invasioni e suddivisa in una quantità di regni, Roma è soltanto la capitale incerta della pars occidentalis; la pars orientalis, invece, assicurava la permanenza dell'idea imperiale e tenterà con Giustiniano, di riconquistare l'Occidente a questa idea, finché, dopo il fallimento di questo scopo, si chiuderà in se stessa per coltivare la sua grandezza come in una serra. Periodo di profonde trasformazioni, che coincise con un'epoca di radicale empirismo: i fatti si giustificavano di per sé stessi, e quando apparvero le teorie, più che precedere fanno seguito all'avvenimento; così chi doveva giustificarlo non sempre si preoccupava dell'esistenza storica, non esitando - ove la cosa gli venisse richiesta, a compilare documenti falsi ( il più noto, ma non il solo, la Donazione di Costantino). La redazione di opere e di trattati specificamente politici ebbe inizio soltanto nel IX secolo. Per individuare le idee politiche dell'Alto Medioevo si è innanzi tutto costretti a ricorrere agli atti ufficiali, nonché alle relazioni dei tanti storiografi impegnati a descrivere i fatti e le gesta dei grandi uomini loro contemporanei, spiegandoli, secondo il classico modello storico di Erodoto. Inoltre quegli avvenimenti si svolgevano in un'atmosfera impregnata di cristianesimo, che può qualificarsi ierocratica, se non teocratica. Certamente in Oriente, dove gli imperatori associarono il loro destino a quello della religione ufficiale; ma anche in Occidente, dove la Chiesa soltanto per un breve periodo risentirà del crollo delle istituzioni imperiali, dal momento che quasi subito si adatterà alla nuova situazione, dalla quale trarre profitto e prestigio.L'Imperium era finito e la Chiesa imporrà la sua autorità. I capi barbari non poterono trascurare il fenomeno cristiano, il quale riconosce loro solo un semplice potere di amministrazione. Si assistette, dunque, ad una ridistribuzione delle forze, iniziata tra il V e il VI secolo e a cui seguirà l'avvento di Carlo Magno, instauratore dell'ordine cristiano nella pars occidentalis; dopodiché la Chiesa assumerà l'eredità di Carlo Magno e prenderà la sua rivincita sul potere temporale. Infine si assisterà da parte degli Ottoni alla ricostruzione dell'Impero d'Occidente.
Casalino Pierluigi
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