mercoledì 14 aprile 2021

Teoria politica e classe organizzata. Gaetano Mosca, concetto di élites e le più recenti interpretazioni


Il concetto di minoranza organizzata è legato a doppio filo alla sua teoria politica generale, soprattutto in due punti: il concetto di minoranza organizzata in sé e la polemica contro il parlamentarismo. L'idea che qualunque forma di governo sia retta da una minoranza organizzata rappresenta la tesi fondamentale su cui si regge la teoria politica di Mosca. Gaetano Mosca fu uno dei più acuti studiosi delle élites politiche e ancora oggi la sua intuizione appare quanto mai attuale. La minoranza organizzata viene, infatti, da lui chiamata classe politica. E la sua descrizione rientra nella profonda analisi che egli fece della scienza politica. Mosca segna, infatti, con tale riflessione, il passaggio da una considerazione ancora metafisica della politica ad una vera e propria scienza empiricamente fondata. Nell'individuare nella classe politica la cifra ultima della scienza politica, Mosca spiazzava la tradizionale teoria dei governi, fondata sulla distinzione tra governi monarchici, oligarchici e democratici. Per sua stessa natura, era la forma democratica l'oggetto degli strali di Mosca. In "Sulla teorica dei governi e sul governo rappresentativo" (1883), Mosca sostiene la seguente teoria: quando in una società il governo è espressione di una autorità esercitata in nome di un fantomatico popolo sovrano, in realtà i governanti sono sempre una minoranza che lavorano per sé e non per una classe numerosa subordinata che non partecipa mai realmente e in alcun modo al governo, limitandosi a subirlo, Mosca arricchisce il discorso nel 1885 con "Elementi di scienza politica", dove la prospettiva diacronica della prima opera lascia il posto ad una costruzione più sistematica. La proposta teorica centrale qui si condensa nella sostituzione del concetto astratto di Stato con quello di classe politica, ovvero nell'analisi storico – empirica di come, in ogni regime, la minoranza organizzata esercita una egemonia intellettuale sul governo e si compone e si organizza, oltre che dei modi concreti con i quali gestisce il suo rapporto con la maggioranza. D'altra parte, come ha scritto di recente anche Sabino Cassese, delle élites c'è bisogno comunque in una democrazia. La dialettica o tensione élites-popolo è elemento vitale per la democrazia. Considerazioni che escono da un mainstream che privilegiato negli ultimi anni l'ipocrisia sociale dell'uno vale uno. Lo stesso Rousseau scriveva che l'esecutivo non dovesse essere nelle mani del popolo. In altri termini, si ha necessità di élites non elitarie, che sappiano in ogni caso guardare al futuro con speranza e interpretando correttamente quei sentiti valori e interessi della gente comune, che spesso non riesce ad esprimere. Ciò non significa che il popolo non debba essere sovrano nelle scelte politiche di vertice, ma che sappia, invece, affidare con più consapevole saggezza e concretezza i propri destini, rimuovendo certe impraticabili utopie.
Casalino Pierluigi 

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