venerdì 16 aprile 2021

La vergognosa cessione alla Francia di Nizza e Savoia.





Nizza e Savoia. Il 24 Marzo del 1860 il “grande” statista Cavour diventò ufficialmente traditore della Patria: vendette la moglie al diavolo, anzi peggio, regalò alla Francia due province italianissime, parte del sacro suolo italiano, ma soprattutto mercificò i cittadini di quei territori.
 Per la verità traditore lo era già per la sua appartenenza alla loggia massonica “Ausonia”, facente capo a Londra, loggia esecutrice degli ordini e delle direttive del Gran maestro Venerabile Albert Pike e del Primo Ministro inglese Lord Palmerston. I liberali, adusi a comprare e a vendere merce a loro piacimento, strombazzavano i popoli non esser merce; Cavour, il 17 Marzo del 1859 al Senato ebbe a dire che"...essere grande progresso della civiltà moderna il non riconoscere nei principi il diritto di alienare i popoli".Appena finita la guerra del 1859 correvano voci circa la cessione della Savoia e di Nizza .Tutti protestavano; protestavano i deputati savoini e protestava il popolo; la stampa gridava allo scandalo: non si poteva regalare alla Francia la porta d' Italia; non si poteva fare la guerra agli austriaci perchè padroni del Lombardo-Veneto e cedere due province italiane da sempre a Napoleone. Perfino la Svizzera cominciò a pretendere territori:per suo aggiustamento territoriale avrebbe voluto il Faucigny, lo Sciablese ed il Genevese. I nizzardi, noti emigranti e girovaghi, erano combattuti: chi preferiva l'Italia e non il Piemonte e chi la Francia che dava lavoro e faceva pagare meno tasse. Garibaldi, nizzardo purosangue, al di là delle proclamazioni contro Cavour, niente azzardò contro il Piemonte vendereccio, anzi, continuò a sedere nel parlamento torinese. Nel luglio del 1859 il ministro degli esteri francese dichiarò che la Savoia poteva benissimo rientrare nei piani del governo transalpino. Napoleone III, invece, per allettare la grandeur francese rispose che"... alla Francia giova più l'onore della lotta che ingrandirsi sul territorio".
 Londra, contraria all’ingrandimento francese, interpellò Parigi circa le voci di una probabile cessione della Savoia e Nizza alla Francia. La risposta del Bonaparte fu "...non trattarsi tra due paesi; ma di patti di famiglia tra le due dinastie". Il Moniteur del 9 settembre del 1859 pubblicò un articolo di un ipocrita idealista francese che affermava essere la Francia entrata in guerra solo " per un'idea"! quell’idea costò al Piemonte, oltre a Nizza e Savoia, la somma di 60 milioni di allora.Nel gennaio del 1860 la questione della separazione della Savoia e della contea di Nizza si andava facendo di giorno in giorno più pressante; il governo piemontese traditore sosteneva il quotidiano l’Avenir che era per la separazione e gli consentiva di pubblicare articoli sfacciatamente faziosi favorevoli all’unione con la Francia, mentre il governatore di Nizza, che, solo a parole si dichiarava duro nei suoi confronti, rimaneva inerte. (La Civiltà Cattolica- Serie IV, Vol. V, pag.510)
 Il 29 gennaio del 1860, alle due pomeridiane, ebbe luogo a Ciamberì una pubblica dimostrazione; oltre diecimila cittadini si recarono presso le autorità piemontesi innalzando la bandiera italiana. Ventiquattro delegati chiesero udienza al governatore che ringraziò i patrioti dichiarando che il governo centrale non aveva mai avuto intenzione di cedere la Savoia. Nello stesso tempo un’altra delegazione si recò a Parigi a chiedere l’annessione della regione alla Francia. Per la stampa francese le diecimila persone che avevavo dimostrato a Ciamberì diventarono 250, il Messanger du Midì dichiarava che la popolazione della città savoina restò pienamente estranea alla commedia, la Patrie di Parigi protestava asserendo che “ gli autori della dimostrazione erano in formale opposizione coll’opinione dell’immensa maggioranza degli abitanti del paese”. La Patrie del 2 febbraio denunciava che le autorità piemontesi della Savoia e della Contea di Nizza “ osteggiano dappertutto il movimento separatista, comprimendo i voti quasi unanimi degli abitanti che domandano l’annessione alla Francia”. (La Civiltà Cattolica, Serie IV, Vol. V, pag. 511)
 Il 1° Marzo del 186O Napoleone III ruppe gli indugi: reclamò la Savoia ... in vista della trasformazione d'Italia in Stato possente. (De Sivo,Storia delle Due Sicilie,Vol.I,pag.504).A Villafranca la Francia di Napoleone III fu messa nella condizione di fare marcia indietro: le Legazioni dovevano tornare al Papa, i Ducati di Modena e Parma agli Asburgo-Este e ai Borbone, il Granducato di Toscana ai Lorena. Cavour si dimise da Primo Ministro per il rifiuto dell’Austria di averlo alle trattative di pace, non avendo l’esercito piemontese riportato nessuna vittoria negli scontri. Il primo punto del trattato armistiziale, che prevedeva una confederazione italica con a capo il papa, dispiacque al ministro sardo. I francesi avevano ottenuto la Lombardia, eccetto le fortezze del quadrilatero, controllata dal maresciallo Valiant che, con cinquantamila uomini armati di modernissimi fucili e di cannoni rigati avevano sconfitto gli austriaci a Magenta e a Solferino ma perdendo oltre 20 mila uomini. San Martino fu teatro di infime scaramucce tra piemontesi e reparti austriaci, militarmente insignificanti ed è stata fatta passare dagli storici aulici per una grande battaglia. Napoleone III, praticamente, ricattò il governo piemontese: o Nizza e Savoia o la Lombardia. Il Piemonte, patria dei liberali, che voleva cacciare gli austriaci, si ritrovò in casa i francesi. Napoleone III inviò a Torino un suo emissario, il còrso Benedetti, a concludere la cessione di Nizza e Savoia alla Francia. Si apriva così, in modo perenne, la porta d'Italia allo straniero. Ecco, dunque, chi erano i “padri della patria” Camillo Benso di Cavour e Vittorio Emanuele II di Savoia: in pratica due traditori, che davano la libertà ai nizzardi e ai savoini e la rubavano al resto d’Italia.
Cavour violò poi il Trattato di Zurigo con la complicità della Francia prima e dell’Inghilterra dopo. Strapazzando gli accordi di Vienna del 1815 egli mise a ferro e fuoco il resto della penisola facendo trionfare la rivoluzione liberale ovvero una non corretta rivoluzione liberale. Abbrutimento e terrore scandirono quegli anni, ma Cavour e i suoi si arricchirono con le loro speculazioni. Non appena firmato il trattato della cessione, 24 marzo 1860, le truppe francesi lasciarono la Lombardia per insediarsi appunto nei nuovi acquisti. Il trattato dichiarava che"...il Re di Sardegna consente alla riunione della Savoia e del circondario di Nizza alla Francia, rinuncia per sè e per tutti i suoi discendenti e successori in favore di S.M. l'Imperatore dei Francesi,ai suoi diritti e titoli sui detti territori". (La Civiltà Cattolica, SerieIV, Vol.VI,pag.230)
 Il trattato fu sottoscritto per la Francia dal barone di Talleyrand-Perigord, Ministro plenipotenziario presso la Corte di Sardegna e da Vincenzo Benedetti, direttore degli affari politici del Ministero degli Esteri a Parigi. Per il Piemonte, l’infame trattato fu sottoscritto da quello che Garibaldi definì traditore della patria Camillo Benso conte di Cavour e dal cavaliere, medico fallito, Luigi Farini, nominato per l'occasione Ministro degli Interni, dato che nessun Sardo era disposto ad apporre la propria firma per non figurare traditore in eterno.
Le condizioni della rinuncia, dettate dallo spregiudicato Cavour, dovevano servire ad ammorbidire le ire dell'opinione pubblica savoina, nizzarda e italiana; esse erano:
 1°. Nessuna violenza alla volontà delle popolazioni.
 2°. Rispetto delle condizioni medesime, colle quali il Regno di Sardegna possedeva la Savoia e Nizza, specialmente riguardo alle parti neutralizzate della prima.
 3°.Una giunta franco-sarda avrebbe determinato, conforme all'equità, i nuovi confini dei due Stati.
 4°.Una o parecchie giunte avrebbero dirimito le questioni pecuniarie eventuali.
 5°. Il Governo francese avrebbe rispettato i diritti acquisiti dai militari, dai magistrati, e dagli altri pubblici funzionari. 
 6°. I Savoini e i Nizzardi avrebbero avuto un anno di tempo per decidere se restare sudditi sardi o francesi. (La Civiltà Cattolica, SerieIV, Vol.VI, pag. 230)

Il trattato vergognoso, come da prassi, doveva poi essere approvato dal parlamento torinese. Agli studenti non viene mai fatto rilevare che il trattato fu sottoscritto il 24 marzo, anniversario della disfatta di Novara, quando gli austriaci, volendo, avrebbero potuto invadere Torino e prendersi la Savoia, Nizza e Genova. Gli austriaci, vincitori nel 1849, non pretesero nemmeno un lembo di territorio, il Piemonte potè conservare la sua integrità; nel 1860, il Piemonte, vincitore, fu costretto dal golpista Napoleone III a cedere la porta d’Italia alla Francia. Ancora oggi, i “nostri” libri di storia, falsa storia, ci parlano di unità d'Italia fatta con le lacrime e col sangue, certamente non con quello di Cavour e Farini.E continuano a farci odiare gli austriaci, se pur su questo ci sarebbe da discutere. Il 2 Aprile del 1860, la Gazzetta del Regno N° 79, pubblicò un Bando del Re, datato 1° Aprile, diretto alle popolazioni della Savoia e della Contea di Nizza, col quale si annunziò al mondo il trattato del 24 Marzo. Il Re dei Galantuomini dichiarò che: "per quanto mi sia penoso il separarmi da province che hanno per sì lungo tempo fatto parte degli Stati dei miei antenati ed alle quali vanno unite tante reminiscenze,io ho dovuto considerare che i cambiamenti territoriali originati dalla guerra in Italia giustificano la domanda del mio Augusto Alleato l'Imperatore Napoleone". (La Civiltà Cattolica, Serie IV, Vol.VI, pag.230) Il Re concludeva il suo Bando affermando che i savoini ed i nizzardi, prima di essere ceduti, anzi, venduti, avrebbero espresso la loro volontà con il suffragio universale alla presenza dei "...principali funzionari dell'ordine amministrativo che non appartengono nè a Nizza nè alla Savoia". (La Civiltà Cattolica, ibidem, pag. 230). Infatti, appartenevano, codesti funzionari, alla massoneria internazionale, ed erano così solerti e venduti, che il Guerrazzi denunciò, nel Parlamento torinese, di un tale Lubonis, che inviato temporaneamente a fare il governatore a Nizza durante il plebiscito (La Civiltà Cattolica, Serie IV,Vol.VII, Anno 1860, pag.23) "... adoperò ogni via abusando il magistrato per corrompere le menti".
Cavour, accusato, rispose che avrebbe ripreso il Lubonis. Il Guerrazzi replicò che "... non era il caso di fare ramanzine in quanto trattavasi di tradimento; si doveva perciò, non garrirlo, ma accusarlo, arrestarlo, processarlo e punirlo". (La Civiltà Cattolica, Serie IV, Vol.VII., Anno 1860, pag. 23)
 Il Guerrazzi continuò il suo discorso denunciando un caso di contraffazione del voto di cui era venuto a conoscenza: nel comune di Lavenzo i votanti erano 407 ma furono conteggiati 481 voti unanimi a favore dell'annessione. Filippo Curletti docebat. Il deputato Castellani, uno dei 30 contrari alla cessione delle due province alla Francia, rivolgendosi a Cavour e ai Ministri, disse: "Avete violato quel diritto delle genti che voi stessi siete costretti ad invocare ad ogni momento; avete violato un gran principio di giustizia; avete venduto quelle popolazioni e le loro libertà a guisa di vacche ed armenti". (La Civiltà Cattolica, Serie IV,Vol.VII,pag.23). Il 12 Aprile del 1860 Giuseppe Garibaldi, il nostro “eroe dei Due Mondi”, l'uomo che aveva spezzato le reni ai contadini del Sud America, colui il quale aveva trasportato cinesi (schiavi) sulla sua nave anzichè liberali, colui il quale incendiava e razziava interi villaggi uruguajani, l'amico dei latifondisti delle Pampas e nemico dei campesinos, si precipitò alla Camera torinese brandendo la sua spada di cartone e, impassibile, proferì queste parole: "Nizza essersi data al Duca di Savoia nel 1388 a patto di non poter essere ceduta ad altri;ora la si vende a Bonaparte; è vergognoso vendere i popoli, incostituzionale il contratto prima dell'assenso delle Camere; cancellare l'articolo 5° dello Statuto". Il 23 Aprile, lui ed un altro deputato nizzardo, rinunciarono al mandato di parlamentari. Nel dimettersi l’”eroe” eruttò parole infocate"...contro l'atto di frode e di violenza consumato...che sarebbero arrivati tempi migliori e opportunità favorevoli per far valere con libertà reali i loro diritti non certo menomati da un fatto illegale e fraudolento"
 Finito il discorso alla Camera, Garibaldi con i suoi mille mercenari, si diresse verso Nizza, dove non arrivò mai; si fermò a Quarto nei pressi di Genova e con i due piroscafi Piemonte e Lombardo fece rotta per Marsala. Nizza sta ancora aspettando la sua liberazione. Il 15 di Aprile si votò il plebiscito fasullo; i voti a favore dell'annessione furono 131.744, i contrari 223! Vittorio Emanuele II, passato alla storia come il re dell'unità d'Italia, da vero galantuomo, vendette le terre che erano state la culla e la tomba dei suoi antenati. Con la rettifica delle frontiere il traditore della patria attestò che la Savoia era francese e, quindi ,di riflesso, essere gallica la sua stirpe; gli storici ci hanno gabbati per 156 anni. Il savoiardo regalò alla Francia Chambery ed Annecy, 707 mila abitanti e 58,000 Kmq di territorio, Nizza e le Alpi erano divenute francesi (De Sivo, Storia delle Due Sicilie,Vol.I,pag.506). Alla Francia le chiavi della porta d’Italia. 
Casalino Pierluigi 

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