Casalino Pierluigi.
giovedì 4 giugno 2020
Le fonti orientali della Divina Commedia di Dante. Dall'arabismo spagnolo al sufismo iranico, alla filosofia araba classica.
Oltre agli influssi escatologici arabo spagnoli (ma anche alla stessa concezione oltre mondana ebraica) la questione delle fonti orientali della Commedia si dilata alle influenze del misticismo sufi iranico, dove si compenetrano contributi di scuola neoplatonica unitamente all'eredità della tradizione iranica preislamica prima e di quella ismailita dopo. E proprio su questo punto la concezione avicenniana metabolizza la propria teoria della luce come aspetto centrale nella rappresentazione della visione delle anime nelle cantiche dantesche. Ciò, recuperando sia un certo filone plotiniano più ancora che la diretta ascendenza platonica. A fronte della ispirazione di Ibn Sina (l'Avicenna dei latini) resta tuttavia vasta la particolare presenza del pensiero di Ibn Rushd (l'Averroe' dei latini) in Dante, di là degli stessi limiti della Commedia. La scoperta recente (Luciano Gargan), presso gli archivi dell'ateneo medievale domenicano di Bologna, di ulteriori elementi avicenniani non privi di riferimenti anche escatologici, hanno esteso il dibattito sulle fonti orientali dell'opera dantesca. Lo scorso anno, a cent'anni dalla rivoluzionaria intuizione del sacerdote e studioso spagnolo Asin Palacios, si è andato sviluppando un nuovo filone di indagine che, pur non trascurando le classiche fonti araboandaluse e quelle legate alla speculazione di Averroe', ha rilanciato la parte avicenniana e conseguentemente mistico iranica presente in Dante e nella Commedia. Non è qui il caso di riprendere argomentazioni già ampiamente sviluppate sul web da chi scrive, ma sicuramente va sottolineata la fecondità di una crescente necessità di analisi delle fonti che rende omaggio alla statura artistica e di pensiero del Sommo Poeta.
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