Si riparla in questi giorni di come potrebbe essere il volto politico dell'Islam dopo il colpo di stato militare in Egitto, paese una volta guida del mondo arabo. Il vento delle rivoluzioni arabe del 2011 ha cessato di soffiare, e le scelte politiche ad esse connesse sono andate appesantendosi in non poche contraddizioni. Dall'epoca del discorso di Boumedienne a Lahore del 1974 la mentalità musulmana ha subito grandi cambianti anche contrastanti. Allora si parlava di paesi progressisti e di paesi conservatori, i primi caratterizzati da un'economia di stato e socialista , come l'Algeria, la Libia del primo Gheddafi, l'Egitto nasseriano, il Pakistan di Alì Buttho - se pur in tono minore - la Tunisia di Bourghiba e in un certo senso l'Afghanistan filosovietico (tra questi figuravano anche paesi apertamente simpatizzanti per l'ideologia marxista, come il Mali, la Somalia e lo Yemen del Sud), gli altri, come l'Arabia Saudita, da un Islam professato molto ufficialmente e mantenuto severamente coniugato con la visione dell'economia liberale e capitalistica (tra questi ultimi figuravano anche paesi come il Marocco sheriffiano, che parlava - e che ne parla ancora oggi a dire il vero - anche di socialismo, la Giordania, il Bangladesh ed altri). La Siria e l'Iraq di Saddam Hussein, Stati baathisti, che non dandosi in origine pensiero di richiamarsi all'Islam, si scontrava con la mentalità popoli che si sforzava di condurre alla modernità, un pò come l'Indonesia dei militari che si stava volgendo verso una democrazia velata di socialismo. La Turchia kemalista, che poi diverrà demo-musulmana, e l'Iran meriterebbero uno studio a parte per la straordinaria specificità di quelle situazioni. La Turchia, regima parlamentare, anche autoritario, laicizzata e anche ora non troppo lontana da quel modello, era ed è tuttora legata ad esperienze e strutture capitalistiche. In Iran, prima degli eventi del 1979, si mescolavano un certo laicismo, volto alle glorie della Persia storica, lo sciismo-ima^mismo, conservato come confessione religiosa ufficiale ( e che assumerà un ruolo centrale con l'ascesa la potere del clero sciita dopo la Rivoluzione Islamica), un capitalismo di Stato, con privilegi che temperavano e in qualche modo ancora contemperano alcune concessioni al socialismo e uno stile di governo molto autoritario (visione ancora coltivata oggi, nelle mutate condizioni di vertice). L'opposizione dei mullah a suo tempo al regime imperiale e ora la crescente spaccatura in seno al clero nella stessa Repubblica Islamica di questo periodo, poteva e ancora può trovare un riferimento nella lotta del Baath siriano contro i sussulti dell'Islam sunnita in quel paese. Non è qui la sede per continuare l'excursus storico di quelle divisioni e di quelle scelte, ma occorre riflettere sulla possibilità che, passata la sbornia islamista, si torni a rivivere quell'antica stagione di orientamenti politici.
Casalino Pierluigi, 18.07.2013
Casalino Pierluigi, 18.07.2013
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