domenica 21 luglio 2013

Dante e il suo esilio

La poesia di Dante è sempre voce intima, appassionata e ribelle, rappresentazione autentica della sua stessa vita, una vita ansiosa di giustizia e di libertà, nell'umano e nell'eterno. Gli anni giovanili di Dante sono segnati dall'amore puro verso Beatrice Portinari, che fu poi la sua Musa. Incanto della sua gioventù, Beatrice, andata in sposa a tale Simone de' Bardi, morì prematuramente e il Sommo Poeta ricorderà sempre la sua "gentilissima", rimasta nel suo cuore fino al termine della sua esistenza, al punto da eleggerla sua guida insieme a Virgilio ne La Divina Commedia. Dopo gli studi di retorica, Dante, non più in tenera età, si sposò con Gemma Donati, dalla quale ebbe almeno tre figli. Partecipò alla vita politica di Firenze e fu buon soldato nelle guerre di Firenze, assumendo in seguito incarichi importanti nella vita pubblica, quali ad esempio il prestigioso Priorato. Partecipò alla fazione guelfa, per eredità famigliare, e in particolare quella bianca. Cambiò successivamente partito. Per la sua intransigenza e rettitudine nei confronti della politica di Papa Bonifacio VIII, che puntava all'estensione del suo potere alla Toscana, Dante, proprio mentre si trovava a Roma con l'incarico di ambasciatore alla corte papale, fu processato e condannato alla multa di cinquemila fiorini piccoli, al confino per due anni e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Il poeta non si presentò a Firenze e non pagò la multa, venendo perciò condannato ad essere bruciato vivo. Iniziò il suo lungo esilio, doloroso pellegrinaggio, durante il quale trovò conforto nella poesia e nell'arte, che sono fonte di speranza e di rigenerazione nella giustizia dell'intera umanità. A Firenze non fece mai più ritorno e il suo peregrinare si chiuse con la morte, avvenuta a Ravenna fra il 13 e il 14 settembre 1321, quella Ravenna così ricca delle vestigia pacificatrici imperiali in cui aveva con grande speranza creduto.
Casalino Pierluigi, 21.07.2013

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