mercoledì 10 luglio 2013

L'immagine del Duce ovvero le arti e il Fascismo. L'Italia negli anni Trenta del XX secolo

Nei primi anni Trenta, all'estero, soprattutto, l'indice di gradimento del Fascismo appariva rilevante non solo nelle dichiarazioni degli osservatori stranieri e in particolare di larghi settori della pubblica opinione, oltre che  delle classi politiche di molti paesi industrializzati. Artisti e critici guardavano con favore all'esperimento fascista, esprimendo il desiderio di venire in Italia e di lavorare in quello che era considerato un paese-cantiere. Non ultimo l'architetto francese Le Courbusier, che dichiarava "que l'heure des pays latins a sonné et que le second cycle de l'époque  machiniste sera dominé par la gra^ce latine". Le immagini e le notizie provenienti dall'Italia erano appaganti e colpivano l'immaginazioni di artisti e di critici d'arte. Se il Fascismo favorì "il pluralismo estetico" e pose al centro del proprio sforzo politico di costruire l'immagine di un'Italia nuova e felicemente connessa con il gesto creativo, dall'altro, tuttavia, si avvaleva anche di forze non necessariamente legate al regime, che, d'altra parte, non sempre riusciva a coprire le proprie contraddizioni attraverso la sua politica estetizzante. Fu proprio Giuseppe Bottai, Ministro dell'Educazione, ad avviare alla fine del decennio un innovativo piano di riforma del rapporto tra Stato fascista e i diversi interlocutori di un moderno sistema delle arti e della rappresentazione. In tal modo Bottai riuscì anche a contenere le spinte al cambiamento richieste dai giovani, sia sul piano organizzativo e linguistico che su quello squisitamente politico.
Casalino Pierluigi, 10.07.203 

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