sabato 13 luglio 2013

L'eredità di Ibn Rushd (Averroè) ovvero la necessità di liberarci dal prevalere del soggettivismo personalistico, che ci pone sempre di fronte alle nostre colpe, affondandoci nella nevrosi.

Averroè (Ibn Rushd), 1126-1198, filosofo arabo-andaluso e teorico del pensiero aritotelico-islamco, avvia una stagione liberante che ci conduce fino a Bergson, a Deleuze, a Heidegger. Averroè (Ibn Rushd) sostiene la tesi dell'unità dell'intelletto, quello che Aristotele chiama l'intelletto agente e universale, capace di cogliere la verità, forse un modo per abbandonarci in una sorta di estasi mistico-intellettuale, al flusso della vita e approdare in Schelling paradossalmente. Un modo anche per liberarci dalle costrizioni del nostro capitalismo irrazionale, ritrovando nel realismo di Averroè (Ibn Rushd), che non ha per fortuna nulla da spartire on l'Islamismo radicale, una medicina per il nostro tempo. Averroè (Ibn Rushd) potrebbe veramente aiutarci....
Casalino Pierluigi, 13.07.2013

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