l'Iran è il paese del Medio Oriente dove le moschee sono le più vuote il venerdì nell'ora della grande preghiera settimanale. Nella prima e sola a tutt'oggi teocrazia islamica, almeno in versione sciita, se si eccettua la monarchia ultra-sunnita di credo wahhabita dell'Arabia Saudita, tale paradosso rappresenta uno scacco evidente per il potere clericale iraniano, sommerso da una impopolarità crescente. E d'altra parte l'eccesso di religione ha prodotto nel tempo una crisi di rigetto nella società, vaccinando gli iraniani contro la pratica confessionale pubblica. E del resto anche una corrente non marginale di religiosi, memore delle origini messianico-socialiste di certo clero sciita, che, un tempo, lavorava spalla a spalla con i comunisti e con gruppi laicoliberali, contesta apertamente la Guida Suprema Alì Khameney. Non è dato sapere come evolverà la situazione politica in Iran e quale sarà la navigazione di questo Paese nel contesto internazionale, dopo l'elezione alla Presidenza del moderato riformista Hassan Rohani, nel giugno scorso, ma una cosa è sicura: il processo di separazione tra religione e politica continuerà incessante fino al raggiungimento di nuovi equilibri. Nonostante la sua rilevante influenza, il potere sciita, che, grazie alla creazione della Repubblica Islamica da parte dell'ayatollah Khomeyni, ha assunto una posizione egemone in Iran, vede il suo ruolo attaccato da quelle forze che inevitabilmente si muovono in modo ineliminabile nella società fin dall'epoca lontana della Rivoluzione costituzionale del 1905 e di quella laica promossa, tra le due guerre, dal padre dello Scia deposto nel 1979. L'affermarsi dell'Islam politico nel 1979, appunto, ha paradossalmente riportato d'attualità il tema della separazione tra religione e politica, resuscitando quei fermenti laici che da sempre percorrono la società iraniana. Non è un caso che le anime profonde dell'Iran traggono origine dalla cultura cosmopolita, iranica, armena, ebraica, cristiana delle diverse correnti, e soprattutto da quella religione popolare del fuoco che si rifà all'antico Avesta e che informa di sé comunque il senso comune, anche di chi, ed è la maggioranza, si riconosce nella confessione islamica sciita, una confessione assolutamente nazionale. E del resto anche la funzione religiosa del clero iraniano trova un contraltare da quella parte di sciiti irakeni che vedono nella cità santa di Nadjaf il contraltare politico e religioso del centro iraniano di Qom, culla dello sciismo iraniano. La caduta di Saddam Hussein, lungi da aver aperto nuovo spazio all'influenza iraniana nell regione, in concorrenza con quello saudita, ha posto in crisi proprio il ruolo di guida spirituale esercitato dai religiosi iraniani.
Casalino Pierluigi, 8.07.2013
Casalino Pierluigi, 8.07.2013
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