Il valore e il senso della Commedia superano l’ambito religioso cristiano, nel quale il poema affonda le radici e del quale intende essere testimonianza; lo stesso fine dichiaratamente didascalico dell’opera suona per tutti gli uomini un richiamo energico all’azione, all’assunzione di responsabilità, al rigore etico. Dante si professa ripetutamente credente in un’epoca come la sua in cui era facile essere accusati di eresia (contro i dogmi); tanto Dante ha inteso mantenersi fedele alla dottrina della Chiesa, quanto si è comportato con una estrema libertà. Il fondamento della fede di Dante sono le Sacre Scritture, che egli considera rivelazione divina, quindi ispirata, in tutte le parti dell’Antico e del Nuovo Testamento; dalla Bibbia quindi trae gran parte delle citazioni presenti nel poema. La struttura della Divina commedia di Dante propone lo stesso Autore Dante di fronte a Dio. Il primo accadimento che si registra nel tempo è la creazione, alla quale segue il peccato, espressione di opposizione dell’uomo, nella sua libertà, allo stesso Dio, con la conseguente condanna all’infelicità; l’ultimo avvenimento della storia sarà la fine dell’universo creato con il seguente giudizio, che riconoscerà le colpe e l’impegno, il bene e il male, mentre ciascuno verrà risuscitato e vivrà l’eternità nella condizione che Dio gli riserva. Viene poi proposto il rapporto tra la Divina Commedia e la Chiesa Tracce di inferno e paradiso sono desumibili dalla Bibbia, il purgatorio è una creazione della Chiesa, che trova ampi consensi nel culto e nella pratica dei riti di suffragio; il purgatorio infatti è destinato a sparire insieme a tutta la creazione dopo il giudizio universale. Alla conclusione del regno della luce, Dante riceve una particolare folgorazione che gli consente di contemplare Dio in tre diverse successive visioni; le immagini presenti nel testo poetico non intendono essere immagini di Dio, ma tentativi, di creare attraverso la poesia qualche comunicabilità di una straordinaria esperienza. Il canto 5 dell'Inferno viene a sua volta affrontato con la narrazione che ci porta nel II cerchio, dove il guardiano Minasse ascolta la confessione delle anime in arrivo e assegna loro la zona dell’inferno in cui dovranno scontare la dannazione; superato Minasse, i due viaggiatori si trovano al cospetto dei lussuriosi; essi, secondo la legge del contrappasso sono trascinati da una perpetua bufera, così come in vita furono trascinati dalle loro passioni. Dante incontra chi ha subordinato la ragione al desiderio: i lussuriosi; vederli all’inferno per Dante non è una sorpresa eppure è sorpreso e sgomentato perché vede tra questi le donne antiche e i cavalieri: i protagonisti della letteratura d’amore come Didone (aveva giurato sulla tomba del marito di non stare con un altro uomo, invece andò con Enea), Paride, Achille, Elena, i protagonisti della storia di Tristano e Isotta; collocare qui loro vuol dire demolire l’ideologia della tradizione poetica lirica e romanziera: mezzo di perfezione che conduce a Dio. L’amore condotto non in sintonia con la morale cristiana conduce all’Inferno ed il vero amore è quello divino; La coppia Paolo e Francesca e la loro vicenda è differente dalle altre: mette Dante in condizione particolare e gli fa fare 2 eccezioni: rimangono insieme e la pena si interrompe per alcuni attimi (la bufera si ferma). Francesca percepisce che Dante ha un atteggiamento di compassione verso loro e gli racconta la propria storia con linguaggio riconoscibile: forme tipiche stilnovistiche. I versi centrali sono:
- v.100, è facile risalire al manifesto dello Stilnovo con Guinizzelli; l’amore accende il cuore a chi non sa amare.
- v.101, una persona ricambia l’amore che viene dato dall’altra.
- v.102, l’amore conduce alla morte fisica e spirituale nel peccato. Dante pensa al desiderio e al doloroso passo nella morte e nel peccato. Il Sommo Poeta crea, in proposito, un incastro letterario: l’occasione che avrebbe favorito l’amore sarebbe stata offerta da un testo medievale con la vicenda di Lancillotto e la regina Ginevra dove l’amore fra i due era favorito dallo scudiero Galeot perché il bacio tra Paolo e Francesca sarebbe stato favorito dalla lettura di quella pagine; qui Galeot è il libro stesso che favorisce l’incontro. Dante prova dolore per la sorte di queste due persone, considera giusto il loro destino e ha un senso di disagio verso sé stesso perché si sente compassionevole. La regina Didone morì suicida e Dante la vede in questo cerchio, non per il suicidio, ma per l’amore verso Enea, che più la caratterizza.
Casalino Pierluigi.
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