mercoledì 9 marzo 2022

Von Clausewitz, Metternich e l'ordine europeo 1,2. Due analisi



NEOFUTURISMO
NEOFUTURISMO SCIENZA E FUTURO TRANSFUTURISMO

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novembre 30, 2014
LA QUESTIONE ITALIANA NEL PENSIERO DI VON CLAUSEWITZ.
La creazione di uno stato belga autonomo, all'indomani del Congresso di Vienna del 1815, sotto l'influenza diretta o indiretta della Francia, pone alla Prussia e alla Germania nel suo complesso il problema della sicurezza dei loro confini occidentali. Analoghe considerazioni vengono formulate circa la possibile indipendenza dell'Italia nel contesto del sistema difensivo tedesco. In particolare von Clausewitz, di fronte all'ondata di rivendicazioni nazionali e delle successive agitazioni che rischiano di mettere in risi l'ordine europeo scaturito dalla caduta di Napoleone, l'Autore de LA GUERRA afferma la sua convinzione che l'Italia debba restare un elemento fondamentale nel quadro degli interessi strategici tedeschi. Che l'Italia possa conseguire l'unità e l'indipendenza è un interrogativo da lasciarsi al futuro, secondo lo studioso prussiano. "Un punto, però, ci sta a cuore: che l'emancipazione dell'Italia non sia cercata a costo della nostra indipendenza:noi chiediamo ai "cosmopoliti" tedeschi se preferiscano un'Italia divisa, in particolare sottoposta a potenze straniere e una Germania indipendente, oppure viceversa una Germania soggiogata, cacciata dal rango dei popoli autonomi e un'Italia indipendente. Questo è il quesito da porsi necessariamente, se non si ha paura di guardare in faccia la realtà". Clausewitz non crede che "la massa del popolo italiano" abbia la capacità di raggiungere l'indipendenza da solo, ma dietro ad esso c'è sempre la Francia. Gli torna alla mente la campagna napoleonica del 1796-1797 conclusa con la pace di Campoformio. Sulla base di tale esperienza "anche l'Italia è da considerare un antemurale della Germania e non possiamo essere indifferenti se i frivoli e disuniti italiani attraverso una momentanea confusione politica offrono ai francesi il mezzo di combattere con maggiori vantaggi quella potenza in cui riposa il baricentro della resistenza europea (alla Francia), cioè la potenza tedesca". E quando si parla in Clausevitz di potenza tedesca si noti che l'Autore si riferisce indifferentemente a Germania e ad , senza preoccuparsi di precisare che è Vienna ad avere il proprio primario interesse in Italia. I problemi della balance of power trattati da Clausevitz e le contemporanee questioni nazionali torneranno frequenti successivamente e saranno al centro dei conflitti della fine del XIX secolo e più ancora del XX secolo. Echi di tale contenzioso, peraltro e a ben riflettere, non sembrano del tutto spenti al tempo dell'Europa comunitaria dei nostri giorni.
Casalino Pierluigi, 30.11.2014
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a cura di Roby Guerra- Futurismo Space (scrittore e blogger), a/da Ferrara Italy "Abbiate fiducia nel Progresso. Ha sempre Ragione anche quando ha torto. MARINETTI


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Casalino Pierluigi, 30.11.2014
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a cura di Roby Guerra- Futurismo Space (scrittore e blogger), a/da Ferrara Italy "Abbiate fiducia nel Progresso. Ha sempre Ragione anche quando ha torto. MARINETTI

Gli ordini e i confini sono degli effimeri limiti, provissorie soste e brevi intervalli legati ai movimenti dei popoli e dei loro regimi. Interessi economici e disegni militari vengono in urto nell'illusione che un ordine sia definitivo, mentre invece uno segue inevitabilmente l'altro in un eterno modificarsi. Il campione della ricerca dell'ordine definitivo fu Metternch,ma l'assertore del primato della geopolitica fu Von Clausewitz, che, nelle coordinate del suo tempo, coevo di Metternich, rappresentò l'interprete più autorevole, se pur fondata,sulla teoria della guerra. Il decisore clausewitziano della politica è riconducibile all'affermazione sovrana, cioè è il sovrano stesso che racchiude in sé, essendone depositario, l'intera legittimità politica, una legittimità che costituisce un altro tipo di ordine, un ordine che è determinante per spostare i confini. Le condizioni della razionalità politica della guerra traducono nel nostro linguaggio e nel nostro sistema gli assiomi base clausewitziani e cioè la guerra è soltanto una parte del rapporto politico dunque non è nulla di autonomo e pertanto la guerra per essere efficace deve avere il sostegno del popolo. La possibilità credibile poi dello scontro armato, vale a dire la sua accurata preparazione materiale e morale è l'equivalente funzionale della insostituibilita dell'uso militare nella regolamentazione dei conflitti. Questo enunciato ci sembra particolarmente adatto per le democrazie che si sentono corresponsabili dell'ambiente geopolitico che le circonda. Quando esso, infatti, cade vittima di crisi autodistruttive che  minano in maniera palese e intollerabile i criteri minimi di libertà, equità, tolleranza e benessere, una democrazia matura può ricorrere alla misura estrema dell'intervento armato o alla sua minaccia credibile con atti e misure che precedono una consapevole e mirata disposizione culturale all'intervento militare. Cultura militare, competenza strategica e coscienza democratica non sono per noi termini compatibili, ovviamente, come lo erano per il prussiano Clausewitz.
Casalino Pierluigi 

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