Si ricorderà sopratutto il 2020 come l'anno della pandemia targata covid 19, ma verrà ricordato anche per l'inattesa riduzione dell'emissione di anidride carbonica nell'atmosfera. Con il mondo chiuso in casa per mesi, sono diminuite le emissioni di gas serra, specialmente quelle relative alla mobilità. Nonostante che, tuttavia, si sia registrato un nuovo aumento, alla fine del più generale confinamento, il 2020 si è concluso con una riduzione delle emissioni di ben oltre il 6% rispetto al 2019. Un chiaro segnale di quanto le nostre abitudini siano importanti e tangibili sulla salute del nostro pianeta. Un segnale che, purtroppo, sarà dimenticato quando la pandemia verrà superata definitivamente. Le quote di emissione di CO2 sono, infatti, divenute uno strumento finanziario che rischia di far prevalere la logica del profitto a danno della tutela dell'ambiente. Si impone, a questo punto, una seria necessità di conciliare sviluppo e difesa ambientale. Ed eventualmente correggere le conseguenti storture di un non ben meditato percorso a quel principio di sussidiarietà orizzontale che viene sancito anche dall'articolo 18, ultimo comma della nostra Costituzione. Non esiste, infatti, un vaccino contro l'emergenza ambientale che viene considerata dal 60% degli intervistati, sparsi nel mondo, dall'Ufficio per lo Sviluppo delle Nazioni Unite, la prima delle preoccupazioni. D'altra parte, molti Paesi cominciano a porre la questione ambientale come aspetto centrale della stessa sicurezza nazionale. La speranza è che un simile nuovo atteggiamento si collochi nel quadro di una ritrovata politica di solidarietà internazionale.
Casalino Pierluigi
Nessun commento:
Posta un commento