domenica 28 marzo 2021

Dante e il Liber Scalae, oltre ogni polemica pretestuosa e strumentale.


Il Liber Scalae è opera araba ispirata alla leggenda dell'ascensione (miraj) di Maometto, attraverso le sfere celesti fino al trono divino, e attribuita, secondo la tradizione, allo stesso Profeta dell'Islam. L'ispirazione della storia, da cui si svilupparono molti successivi (tra i quali uno dei più importanti è un poema mistico di Ibn Arabi, morto nel 1240), viene dall'allusione del primo versetto della Sura XVII del Corano. Il testo originale arabo è andato perduto, ma ne resta la traduzione in castigliano, compilata nel 1264 dal medico ebreo Abraham Alfuquim, presso la Corte di Alfonso X il Savio, da cui Bonaventura da Siena trasse due versioni in latino (appunto Liber Scalae) ed una in francese antico ( Livre de l'Eschiele Mahometi). Si discute ancora se Dante abbia potuto conoscere il Libro della Scala, che, secondo l'orientalista spagnolo Miguel Asin Palacios, costituisce una delle principali fonti della Divina Commedia. Dante, tuttavia, ne sentì quasi certamente parlare da Brunetto Latino, suo maestro, il quale fu ambasciatore di Firenze presso Alfonso il Savio e poi esule alla sua Corte. La polemica tra i sostenitori e i negatori delle fonti araboislamiche del poema dantesco sembrano ormai superate dagli studi recenti improntati ad una consapevole e scientifica analisi delle fonti dantesche. Tra questi quelli dell'italiana Maria Corti, che sottolinea l'attendibilità delle sorprendenti analogie tra la Divina Commedia e il Libro della Scala. Pur nell'innegabile diversità delle fantastiche rappresentazioni dei due immaginari (quello dantesco graniticamente cristiano e classico), la Corti si sofferma sulla rilevante coincidenza tra narratore e protagonista  tra le due strutture generali del viaggio, iniziato di notte, i comuni elementi dell'ascesa e cioè da un monte ripido e inaccessibile, la separazione dei dannati in varie categorie ( poste tanto più in basso quanto più grave è il peccato), la legge del contrappasso, la visione finale di Dio (e da vivo, condividendo tale tesi con Averroe'). Una conferma, peraltro, si pensa decisiva sulla prova che Dante abbia letto i testi escatologici islamici, compreso lo stesso Liber Scalae o Livre Mahometi, viene dalle ricerche di Luciano Gargan. I domenicani di Bologna possedevano nel 1321 il Libro della Scala e quindi nell'inventario bolognese Dante assai probabilmente attinse l'esistenza del libro, durante i suoi soggiorni in quella città. In proposito si invita a leggere, infine, di Luciano Gargan, recentemente scomparso, "Dante e la sua biblioteca e lo Studio di Bologna", ed. Antenore, Bologna, 2014, che segue la bellissima e fortunata opera di Maria Corti del 1981, "Dante a un nuovo crocevia". Un'ulteriore dimostrazione dell'incontro del Sommo Poeta con l'Averroismo latino, di cui lo stesso Dante fu poi convinto discepoli, se pur già entusiasta ammiratore di Averroe' (Ibn Rushd) nella Divina Commedia. Su queste e non su altre pretestuose e strumentali considerazioni si può avviare un serio dibattito sul rapporto tra Dante e il pensiero islamico.


Il Dom 28 Mar 2021, 12:29 Pierluigi Casalino <pierluigicasalino49@gmail.com> ha scritto:
Il Liber Scalae è opera araba ispirata alla leggenda dell'ascensione (miraj) di Maometto, attraverso le sfere celesti fino al trono divino, e attribuita, secondo la tradizione, allo stesso Profeta dell'Islam. L'ispirazione della storia, da cui si svilupparono molti successivi (tra i quali uno dei più importanti è un poema mistico di Ibn Arabi, morto nel 1240), viene dall'allusione del primo versetto della Sura XVII del Corano. Il testo originale arabo è andato perduto, ma ne resta la traduzione in castigliano, compilata nel 1264 dal medico ebreo Abraham Alfuquim, presso la Corte di Alfonso X il Savio, da cui Bonaventura da Siena trasse due versioni in latino (appunto Liber Scalae) ed una in francese antico ( Livre de l'Eschiele Mahometi). Si discute ancora se Dante abbia potuto conoscere il Libro della Scala, che, secondo l'orientalista spagnolo Miguel Asin Palacios, costituisce una delle principali fonti della Divina Commedia. Dante, tuttavia, ne sentì quasi certamente parlare da Brunetto Latino, suo maestro, il quale fu ambasciatore di Firenze presso Alfonso il Savio e poi esule alla sua Corte. La polemica tra i sostenitori e i negatori delle fonti araboislamiche del poema dantesco sembrano ormai superate dagli studi recenti improntati ad una consapevole e scientifica analisi delle fonti dantesche. Tra questi quelli dell'italiana Maria Corti, che sottolinea l'attendibilità delle sorprendenti analogie tra la Divina Commedia e il Libro della Scala. Pur nell'innegabile diversità delle fantastiche rappresentazioni dei due immaginari (quello dantesco graniticamente cristiano e classico), la Corti si sofferma sulla rilevante coincidenza tra narratore e protagonista  tra le due strutture generali del viaggio, iniziato di notte, i comuni elementi dell'ascesa e cioè da un monte ripido e inaccessibile, la separazione dei dannati in varie categorie ( poste tanto più in basso quanto più grave è il peccato), la legge del contrappasso, la visione finale di Dio (e da vivo, condividendo tale tesi con Averroe'). Una conferma, peraltro, si pensa decisiva sulla prova che Dante abbia letto i testi escatologici islamici, compreso lo stesso Liber Scalae o Livre Mahometi, viene dalle ricerche di Luciano Gargan. I domenicani di Bologna possedevano nel 1321 il Libro della Scala e quindi nell'inventario bolognese Dante assai probabilmente attinse l'esistenza del libro, durante i suoi soggiorni in quella città. In proposito si invita a leggere, infine, di Luciano Gargan, recentemente scomparso, "Dante e la sua biblioteca e lo Studio di Bologna", ed. Antenore, Bologna, 2014, che segue la bellissima e fortunata opera di Maria Corti del 1981, "Dante a un nuovo crocevia". Un'ulteriore dimostrazione dell'incontro del Sommo Poeta con l'Averroismo latino, di cui lo stesso Dante fu poi convinto discepoli, se pur già entusiasta ammiratore di Averroe' (Ibn Rushd) nella Divina Commedia. Su queste e non su altre pretestuose e strumentali considerazioni si può avviare un serio dibattito sul rapporto tra Dante e il pensiero islamico.
Casalino Pierluigi 

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