domenica 30 maggio 2021

Nuove conclusioni su Il Tempo e la Memoria.

La crisi delle democrazie liberali e l'aggressività crescente dei sistemi dispotici, dalla Cina alla Russia, alla Turchia, all'Iran, pongono la necessità di una riflessione profonda sulla difesa dei nostri valori di civiltà e soprattutto sulla garanzia della nostra sicurezza e libertà. Il sonno in cui le democrazie si stanno adagiando, aldilà di tutto, rischia di mettere in crisi anche il futuro stesso del mondo. Le operazioni di disinformazione e destabilizzazione portate avanti soprattutto da Cina e Russia e dai loro satelliti richiedono una presa di coscienza urgente prima che sia troppo tardi e che si finisca in un conflitto devastante. Il mondo del dopo Yalta si configura ormai in questi termini. Le considerazioni di Michele Casalino ancor prima del corso degli eventi già segnalavano il movimento storico che si sarebbe verificato ben oltre il XX secolo.
Casalino Pierluigi 

sabato 29 maggio 2021

Dante cronista e critico dei mali della Chiesa del suo tempo.



Clemente V, eletto dal conclave di Perugia del 1304-1305, non era né italiano né cardinale. Con lui iniziò la "cattività avignonese" dei pontefici, che durerà fino al 1377; egli soppresse inoltre l'Ordine dei Templari. Dante nulla gli perdona e lo bolla di infamia, accusandolo di aver tradito l'imperatore con l'inganno, lo taccia di doppiezza e lo condanna nel finale del XXXII Canto del Purgatorio. L'accusa era di aver promosso e consumato un amplesso carnale della Chiesa con il potere di Filippo il Bello. L'esortazione a tornare a Roma della Curia e a cancellare la vergogna guascone (Clemente V era infatti originario della Guascogna), si legge gia' nell'epistola di Dante ai cardinali italiani (anche se sarà grazie alle  richieste reiterate di Santa Caterina da Siena che il nuovo Pontefice fara' ritorno nella sede romana) . Il testo della lettera dantesca, scritta in un latino difficile e piuttosto oscuro, vergato quando a Carpentras nel 1314 iniziava il conclave per eleggere il successore di Clemente V, racchiude tutta la violenta polemica del Sommo Poeta contro l'ingordigia della gerarchia ecclesiastica: Dante si appella, nella circostanza, ai cardinali italiani perché non ripetano gli errori del precedente conclave. Dante era non solo informato in dettaglio sulle vicende che provocarono i conflitti al vertice  della Chiesa nei primi quindici anni del XIV secolo, da Bonifacio  VIII, ma conosceva pure presupposti, retroscena, inimicizie e inganni dei cardinali. Di almeno uno di essi, Napoleone Orsini, principale destinatario della Lettera, Dante aveva raccolto le confidenze, probabilmente quando erano entrambi presenti in Toscana, legati agli stessi ambienti di fuorusciti e impegnati in forme diverse ( e senza successo) contro il governo nero di Firenze.
Casalino Pierluigi 

venerdì 28 maggio 2021

Thomas Hobbes.

Thomas Hobbes (1588-1679), thought he wrote on a wide range of philosophical problems, was primarily a political theorist, one of the earliest as well as one of the greatest English writers on the problems of government. Hobbes's ruthless depiction of the evils of "the state of nature" was used by him as central to his argument in favour of absolute rule: but, though few readers have ever been prepared to follow his argument to that unpopular conclusion, the relentless realism of his approach to problems of social organisation has exerted a continuous influence on later thinkers. His own thought was inevitably conditioned by his personal experience of civil war and political disorder, but has proved powerful enough to transcend the limitations of its historical origins: it also gains much from the striking, often ironic, epigrammatic style which is so apt an expression of Hobbes's temperament.
Casalino Pierluigi 

sabato 22 maggio 2021

Il futuro nel presente?


Il grande teatro dell'anima ovvero il grande teatro della vita: ecco quello che è stato, che è e che sarà. Non è solo il passato e neanche solo il presente a darci problemi nella ricostruzione e costruzione degli eventi, i nostri personali e quelli collettivi: anche il futuro ci dà dei problemi. Passato, presente e futuro, dunque, che differenza c'è? Presto che si va in scena, presto che va in scena la Storia. Che sarà il domani allora? È così antiquato questo nostro agitarci di presagi, di intuizioni, di domande, di illusioni e di delusioni? Cerchiamo di indovinare il futuro? Possiamo ancora lanciarci un sfida suscitare un brivido di inquietudine? Ci possiamo ancora affidare a indovini e veggenti, come sempre abbiamo fatto? O veramente è un compito impossibile oggi? Non si tratta di superstizione: si tratta di sapere come e perché di un qualcosa che ancora non c'è. Sappiamo certo noi quello che chi è vissuto prima di noi è stato ( lui non lo sapeva), difficile sapere quello che sarà dopo di noi e come saranno quelli dopo di noi. L'argomento è scivoloso e tortuoso. Già i testi sumerici mettevano in guardia contro i falsi presagi. Ma quella sola profezia che, per caso, si avvera può svelarci una dimensione ignota e insondata dell'animo umano. Proviamo ogni giorno a cercare una finestra aperta verso il futuro e regolarmente ci sbagliamo. Esiste una apertura certa  verso il divenire? O ci imbattiamo sempre nella fredda regola che ci conferma l'imperscrutabilita' del futuro? La meta finale sono le cento e mille porte del destino che ci precede. Come trovare e varcare questi ingressi? Ci sforziamo di attraversare i labirinti dei sogni e delle anticipazioni frammentarie e scomposte di qualche nostra illazione. Talora si può presentire la nostra sorte o altrui come in una nebbia. E' lo sguardo, incerto eppure penetrante, con cui scrutiamo il tempo che ci aspetta, o scopriamo, all'improvviso, il passato ignoto che grava proprio sul nostro destini futuro. I futuro è vicino a noi, già tra un attimo è futuro. Solo riuscissimo a incontrarlo e a svelarlo, introvabile, misterioso, sfuocato e attraente. Indoviniamo il mondo, finché andiamo tempo per farlo, e parole per dirlo. Qualcuno, a dire il vero, sta ancora cercando di persuadersi che la realtà è tutta qui e che l'oltre nel tempo e nello spazio non esiste, nemmeno nelle altre dimensioni, tra queste il futuro che ci sfugge mentre cerchiamo di coglierlo eppure non lo riconosciamo anche quando lo viviamo inconsapevolmente. E' come rivivere ogni volta il mito della terra natale di Ulisse: in essa era costellata la nostalgia archetipica dell'origine, ma anche la meta cui tendere. Simbolo e dimora dell'anima fin tanto che dura il vagare di Ulisse, Itaca, il nostro futuro, è destinata ad esaurire il suo potere di attrazione non appena sia diventata stabilmente raggiunta. Per questo il vate Tiresia comanda di tornare nell'isola, ma anche di partire di nuovo verso l'avvenire che si ripropone. Infatti anche i simboli invecchiano quando si mutano nell'istituzione e si consolidano nel possesso: "perdono anima", si dice, e l'anima li precede di nuovo su altri inesplorati cammini, quell'anima che Agostino d'Ippona indica come misura del tempo. Nella spiritualità dell'allora nascente umanesimo greco, il senso ultimo e più alto del viaggio (verso il futuro) sembra qui coincidere anche con il nostro accoglimento cosciente della fine di qualcosa e del nuovo che arriva, ma non vediamo, se pur pervaso da solenni promesse. In tutto questo forse  si racchiude davvero il futuro, un futuro che è ancora presente, finché noi siamo presenti.
Casalino Pierluigi 

lunedì 17 maggio 2021

Le Neveu de Rameau

Le Neveu de Rameau est une sorte de manifeste où Diderot poursuit et précise sa très originale réflexion sur les arts. Les références les plus nombreuses sont sont ( ainsi que le personnage-titre le fait attendre ) au théâtre, à l'opéra et en général à la musique, dont le grand Rameau est un des plus glorieux représentants  Les encyclopédistes sont d'abord impressionnés par ce cartésien suivant une grande ambition théorique et déduit le principe simple de l'harmonie d'une loi acoustique psycho- mathématique.
Casalino Pierluigi 

domenica 16 maggio 2021

The Medieval Foundation of Constitutions

All historical periods flow into each other in remorseless stream, defying and frustrating the near classification of historians. Much of the past is ever-present; which is the same thing as saying that much of what seems to be modern is really medieval. In Western Europe, the Middle Ages were  by far the most creative of all ages in the art of government; for they created the basis of modern government out primeval anarchy. The modern ages have in fact created little; but they have adapted much.
Casalino Pierluigi 

mercoledì 12 maggio 2021

Medioevo ovvero il primato della ragione.

Sfatate ormai le leggende o false credenze sul Medioevo, che per nulla, invece, fu un'epoca buia, va detto a chiare lettere che proprio in quel tempo si era tutti così innamorati della ragione che ogni cosa era spiegabile con la ragione e quest'ultima, anzi, presiedeva alla vera conoscenza e la stessa fede si fondava sulla ragione. Piaccia o no, il Medioevo, peraltro lunghissimo, apri' nuovi orizzonti di sapere e di sviluppo. 
Casalino Pierluigi 

martedì 11 maggio 2021

"Questo tempo chiameranno antico" ovvero l'idea di futuro in Dante.


Il futuro, per quanto se ne possa dire, è insondabile. La scienza moderna riesce a prevedere i movimenti degli astri, i comportamentali delle particelle,le reazioni degli elementi chimici e pur con minore precisione le combinazioni delle cellule e l'evoluzione degli organismi viventi; riesce infine ad elaborare proiezioni economiche, sociali e politiche. Tuttavia rientrano nel nostro ancestrale immaginare due tipi di futuro: quello annunciato ab antiquo da profeti, sibille o estensori di apocalissi o da altri veggenti. C'è poi il futuro previsto dalla scienza a partire dal XVII  secolo. Tra le diverse previsioni del futuro si distingue un concetto che fa proprio anche Dante, il quale sembra accennare in Purgatorio IX una sua particolare visione del futuro, mettendo in bocca a Oderisi da Gubbio il seguire a età barbariche età ben più civili e gloriose. Lo stesso Sommo Poeta ancora pare porsi la domanda che sarà della moderna fantascienza con la frase usata per immaginare noi posteri: coloro cioè- dice in Paradiso XVII, parlando dell'attentato Cacciaguida e inventando davvero il futuro: "questo (il suo) tempo chiameranno antico". Chi chiamerà, invece,  il nostro tempo "antico"? Chi? Gli insetti, gli animali o qualche nuova creatura super umana?
Casalino Pierluigi 

venerdì 7 maggio 2021

Ebrei, calamità naturali e pregiudizi dal Trecento al Cinquecento.


Lo storico ligure Girolamo Rossi narra che nei pirimi decenni del XIV secolo, a seguito di una serie di eventi calamitosi (tra cui una prolungata siccità), che precedettero la grande epidemia di peste bubbonica del 1348, nota come la peste nera, nella contea di Ventimiglia si sparse la voce che la circostanza fosse imputabile alla presenza degli Ebrei. Dovette intervenire Papa Clemente V con una apposita bolla per smentire una simile diceria ed invitare i credenti ad un un più opportuno atteggiamento di tolleranza. Ciò nondimeno il pregiudizio fu duro a morire e in diversi momenti nel resto d'Europa la popolazione ebraica continuò a subire discriminazioni e persecuzioni. In occasione del disastroso terremoto che colpì la città di Ferrara nel novembre 1570, la preziosa e dettagliata testimonianza dell'ebreo locale 'Azaria de' Rossi sull'avvenimento rappresenta uno dei documenti storici più importanti sulle vicende telluriche italiane. Il terremoto e il conseguente ozio forzato,  consentirono al de' Rossi di scrivere un'opera di notevole spessore sulla cronologia ebraica che suscitò scalpore nelle cerchie ortodosse della diaspora. Il testo, intitolato Lume degli Occhi ("Me'orenaym"), contiene una revisione critica di alcuni elementi storici di tradizione rabbinica, ed usa come materiale di confronto gli scritti del giudeo-alessandrino Filone e persino testi cristiani. Il de'Rossi fu uno dei protagonisti del pensiero ebraico che dalla Ferarra estense alla Praga del Maharal, dalla Venezia seicentesca alla Firenze della qaballah cristiana contribuì a suo modo alla stagione rinascimentale non solo ebraica. E ciò in un periodo in cui la minoranza ebraica era quasi ovunque discriminata e relegata. Ma qualcosa di nuovo si avvertiva. Così come la Chiesa del Trecento aveva messo in guardia contro i pregiudizi antigiudaici, in occasione di calamità, anche nella Cristianità del '500, si faceva strada un diverso atteggiamento nei confronti degli Ebrei. Il caso eclatante viene dalla risposta che al Papa Pio V diede il nunzio apostolico ferrarese a proposito di una presunta opinione comune che il terremoto di Ferrara fosse causato dalla presenza in quella città di "giudei e marrani": "Beatissimo Padre, ne' giudei ne' marrani han causato il terremoto, essendo cosa naturale".
Casalino Pierluigi 

mercoledì 5 maggio 2021

English Constitution.

Among the countless Constitution that have been brought into existence in the world since civil government first began, and of which we have any knowledge, that evolved in England seems to be the most remarkable, and to offer the most successful and most enduring solution to the eternal problems. The English Constitution is remarkable for many reasons. Alone among existing Constitutions it is the product of a history never entirely broken over a period of some fifteenth centuries. Notwithstanding it's long history, it is in the highest degree adaptable to needs of changing circumstances and conditions. The balance between the apparent irreconcilable which is enshrined within it is highly adjustable. The Constitution is resilient to the most extreme pressures put upon it, even the pressure from external enemies. It has survived, without material injury, the dire strain and deadly perils of total war. It is remarkable also in having been exported wholesale, often more or less en bloc, to distant lands, and imitated in greater or less degree by numerous foreign States near and far. The only radically different type of Constitution in the world which can claim anything like comparable success- that of the United States of America- was itself in origin partly an imitation, even if largely based upon misconception, of the English Constitution of the eighteenth century. In the course of the nineteenth and twentieth centuries, it was exported to the Dominions of Canada, Australia, New Zealand and South Africa. It has been adopted in varying degrees by numerous countries overseas which have under its aegis attained self-government within the Commonwealth, not always very successfully or completely. It was, despite much effort to the contrary, an essential source for the brand-new Constitution of Eire. It has been a model for many States which have in modern times sought to establish a Constitution of a representative and democratic type, but its successful operation depends upon a degree of political maturity not always within the reach of some communities. It can claim to be only remarkable for these and other reasons, but also to be markedly successful and enduring, because it succeeds in providing strong and effective government based upon a maximum measure of general consent, whilst at the same time being readily adjustable to changing needs and circumstances. In short, the English have made permanently important contributions to solution of the eternal problems of government. Just some peoples of the past are renowned still for their contributions to human achievement, such as Greece in the sphere of art, literature and philosophy; Rome in the sphere of law; Israel in religion; so England will be identified with art and practice of government in ages yet to come. The modern English Constitution is thus a heritage from the past  and in it the institutions, the devices, and the ideals of many centuries are embodied and fused into a great and effective instrument of government. The twentieth century had already made its contribution to the law and conventions of the Constitution, and some of these will doubtless prove to be permanent. The most significant of these developments is the expansion of executive power. This has been due in part to the exigencies of the long struggle to survive against the menace of external enemies that has been imposed upon the States during most of the first half of the twentieth century; and in part to changing conceptions of the proper functions and scope of government itself. The conditions created by war, rumours of war, and the aftermath of war will perhaps not last ever, and social and economic theories are usually transient and inevitably modified in the light of experience. What balance of power among the authorities within the Constitution will become stabilized in normal circumstances no one can  pretend to say, for no one can predict what circumstances will become normal in this century.  It is a manifest lesson of all English history- and endeed of any history- that an excessive growth of executive power is inimical to the liberties of individual citizen, but whether the modern electorate is as yet sufficiently experienced in the wise exercise of its sovereign power to apply that lesson remain to be seen. The elasticity of the English Constitution is one of its greatest merits, but it is also a source of some danger, for the ease with which the Constitution can be amended and modified tends to obscure the significance and consequences of changes which may be slight in themselves, but which may be of profound accumulative effect
 Knowledge as well as eternal vigilance is the price of liberty. What is certain that the law and conventions of Constitution will continue to change in response to the real or fancied needs of the present and future generations. Changing conditions may require changing methods of government and the creative energies of the nation are not easily exhausted. In England and everywhere,  it has been achieved universal suffrage and the sovereignty of the common peoples but these things are not in themselves the Promised Land nor the panacea of all evils. For the Promised Land alway turns out to be a mirage beckoning men on towards the unknown and unforeseen, and panaceas often turn out to be quack remedies. No man can foretell whether all the modern Constitutional democracies will success in remaining true to their fundamental ideals and maintain a just balance between law and liberty, progress and stability, the State and individual. We can understand something of the historic past, and the present is alway with us, but the past and present contingencies which together will shape and eventually determine the future for ever elusive. 
Casalino Pierluigi.

martedì 4 maggio 2021

Considerazioni sul ricordo.

Ogni ricordo è individuale, irripetibile ed irriproducibile, e muore insieme all'individuo. La memoria collettiva non è il risultato di un ricordo, ma di un patto, di un accordo su come sono andate le cose, anche se finisce di identificarsi spesso in un'improbabile e teorica memoria condivisa. Che condivisa non potrà mai essere per la specificità (e parzialità dei ricordi individuali e dei relativi punti di vista del ricordo). In tempi come i nostri, avari e barbari di morti solitarie e schemi pubblici, abbiamo dimenticato il nostro rapporto con il dolore del distacco, abdicando alla psicologia della sofferenza. Impediamo al dolore di farsi linguaggio e togliamo al ricordo una parte rilevante del suo significato. Non dobbiamo rischiare  di coltivare soltanto la nostalgia, che sfugge dalla complessità della memoria, per affidarle una parte trascurabile del ricordo.
Casalino Pierluigi 

lunedì 3 maggio 2021

The eternal problem of Government.

The fundamental problems of government  like most of the really problems of human existence, do not change. They remain essentially the same in all ages and in all places. Since the remote, prehistorical times when men first sought to improve their hard lot by establishing civil government of some kind - how, when or where, no one can say- the fundamental problems involved much have been present, however dimly realized, as they are still present today. These problems, then as now are essentially how to reconcile apparently opposite aims and ideals. How to reconcile, without constant resort to force, law with liberty, progress with stability, the State with the individual; how to bind the government in power to law in some kind; how to reconcile  government, strong enough to be effective, with the consent of at least the majority of the governed: these are the fundamental problems, always existent, always in the nature of things demanding solution. It is not the problems that change: it is the solution to them that vary from age to age and from place to place. An infinite variety of solutions has been propounded in the course of human history. Solution deemed satisfactory, or at any rate tolerated, in one age or in one place, do not satisfy or are not tolerated in another age or in another place. One age or on place will view the problems in different lights from those in which they are viewed in a different age or place. Emphasis on one side of the apparent irreconcilables shifts according to circumstances. Period of disorders tend to emphasize the importance of law, stability, and the State, as against liberty, progress, and the individual; periods of security and peacefulness tend to weight the balance on the opposite sides. In some ages and places, the very notions of liberty and progress barely exist at all, and this circumstance is naturally reflected in the current solution of the problems. But every age and every place must, consciously or unconsciously, find a soluton. The solution which a State does find or possess, so far as the framework of government is concerned, is called its Constitution. 
Casalino Pierluigi 

Le Neveu de Rameau

A la différence de Voltaire et de Rousseau qui ont mis beaucoup de soin à la publication de leurs oeuvres, Diderot entretient un rapport très particulier avec ses propres écrits, avec lesquels il ne fait pas véritablement corps et qu'il ne signe pas toujours. Après avoir été responsable pendant vingt ans de la rédaction et de la fabrication de ce livre majeur qu'est l'Encyclopédie, il semble avoir été rebuté par l'aspect matériel de l'entreprise littéraire et n'a pas souhaité que ses textes prennent la forme de livres. A sa mort, l'oeuvre est très dispersée et fondue dans des ensembles collectifs comme l'Encyclopédie ou manuscrits comme la Correspondance littéraire, si bien que le temps est encore loin en 1784 où l'on pourra prétendre ranger sur les rayons de la bibliothèque ses œuvres complètes. Aujourd'hui, on n'en finit pas de reconnaître sa voix, perdue ça et là, dans un concert anonyme. Dans le labyrinthe de cet ensemble si complexe, Le Neveu de Rameau est l'ouvrage le plus énigmatique, avec des marges concertées de silence. C'était le pari du génie et surtout une façon d'aménager la force et le mystère de l'œuvre. Puzzle truqué à plusieurs figures, inapte à renvoyer une image simple de l'auteur, Le Neveu de Rameau est un organisme secret, mobile traversé d'airs, composé bizarre et sublime. Diderot réussit ce paradoxe de transcrire et de fixer méthodiquement le souffle décousu et décomposé d'un maître de la parole dans ce qu'il a d'éphémère et de périssable, et de trouver son style propre en contrefaisant en second l'inconsistance d'une mimétisme stérile. La bombe du Neveu de Rameau, pour reprendre l'expression de Goethe, est un manifeste de l'art nouveau.
Casalino Pierluigi 

Diderot e le sue opere.

Denis Diderot fu autore di una sterminata serie di opere, trattando argomenti diversi fino ad anticipare Lamarck e Darwin, attraverso la formulazione delle leggi dell'evoluzione. Impossibile elencare i suoi libri o sintetizzare lo spirito, tra i sommi del XVIII secolo. Fondamentale, in proposito, Le Neveau de Rameau, un autentico capolavoro della teoria estetica e di cui mi sono occupato largamente sul web. Attratto dall'arte e dotato di grande memoria visiva, considerava tuttavia assai faticoso visitare le mostre e le esposizioni degli artisti. A lui, che fu l'inventore della critica d'arte, dispiaceva che non ci fossero illustrazioni delle opere di cui parlava, il che lo costringeva a farne una descrizione accurata. Soffriva pure dell'idea di vedere sprecata tutta quell'energia per le poche teste coronate che ricevevano per posta diplomatica quel notiziario culturale, la Correspondance littéraire, philosophique et critique, manoscritto per sfuggire alla censura. Ciò nondimeno anche se le cronache di Diderot erano riservate a un'élite, qualcosa doveva essere trapelato, perché nel 1781 era uscito un rendiconto delle esposizioni. Dell'enciclopedista si ricorda inoltre  il suo viaggio in Russia, dove fu ospite di persone altolocate e godette della protezione della zarina Caterina II, che lo accolse come un principe e gli concesse  una ricca pensione, oltre ad onori e gloria.
Casalino Pierluigi 

domenica 2 maggio 2021

Le ragioni della Storia contro le emozioni della memoria.


Viviamo in un'epoca contraddistinta da un'inarrestabile ed acritica mistica della memoria, divenuta un magico termine pass partout, sempre più intriso di retorica. Case della memoria, luoghi della memoria, giorni della memoria, gli stessi musei resi parchi della memoria. Anche i libri di storia si trasformano in memorie, dal momento che la stessa storiografia ha rinunciato a ricostruire gli avvenimenti e si è alla ricerca di una memoria condivisa, anche questo invero aspetto in sé aberrante, in quanto ingiusto dal punto di vista storico. Memoria individuale o collettiva? Ma è tutto oro quel che luccica? Storici autorevoli come Alessandro Barbero e Walter Barberis ci mettono in guardia di fronte a simile deriva. Ci fanno tornare alla mente quanto disse Primo Levi, veterano del ricordo della Shoah: "la memoria è uno strumento meraviglioso, ma fallace". Muovendo dalle loro considerazioni siamo costretti a svolgere una riflessione più compiuta sia storica, che epistemologica e metodologica. Ci rendiamo così conto che chi partecipa ad un evento storico non può mai coglierne il significato complessivo ed esaustivo come bene hanno illustrato Stendhal, Tolstoj, Isaiha Berlin o Nicola Chiaromonte. Ogni esperienza personale, infatti, rappresenta solo una tessera parziale e soggettiva, difficile da ricimporre in un oggettivo quadro unitario e quindi corretto. Le giuste emozioni comportano soltanto una deriva ipertrofica della memoria, ma mai una testimonianza storica attendibile. Nel senso che la memoria, ovviamente, per quanto utile per ricostruire i fatti, non è sufficiente a determinarne una reale valutazione scientifica di verità storica. Quindi meglio un libro di storia o di hardware storica, che un libro di memoria e di software storica. Il metodo storiografico deve essere improntato ad una rigorosa rivisitazione degli avvenimenti, sia in base ad un consapevole lavoro di critica storica, che in forza di una incessante ricerca delle fonti, capaci di soddisfare l'onere della prova certa. Mentre oggi, in momento di triste affermarsi del politically correct, oltre che di una indecente modernità liquida, si lavora a fornire elementi fondati su impressioni e mode correnti, senza guardare al passato con gli occhi dei fatti reali. Prigionieri di un presente immanente, rischiamo così di non entrare neppure nello spirito del tempo che viviamo e non cogliere il senso di quello che ci potrebbe riservare il futuro.
Casalino Pierluigi 

Movimenti migratori nella Liguria di Ponente nel XIX secolo. Il caso di Cervo.



Quando il 30 giugno 1805 Napoleone fu accolto trionfalmente in Genova, la Liguria era stata divisa dai francesi nei tre Dipartimenti di Genova, Montenotte (Savona e l'intero Ponente ligure) e Appennini (Chiavari). Le popolazioni liguri avevano ormai accettato il fatto compiuto, fidando nella forza e nel prestigio dell'Impero francese. C'era la speranza che l'economia ligure si riprendesse, soprattutto quella marinara, ma nel contempo tutto il comparto commerciale piuttosto depresso dalla fine del XVIII secolo. Ma furono in gran parte speranze deluse, perché la stessa annessione incluse la Liguria nelle responsabilità della guerra contro la terza coalizione europea contro il Bonaparte, guidata dall'Inghilterra, subendo i danni dei contrapposti blocchi marittimo e continentale. Fino al 1814 la Liguria ebbe vita politicamente tranquilla  ed economicamente disagiata. In misura rilevante le forzate leve militari, oltre a provocare la fuga di molti giovani dai territori imperiali, coinvolsero altri nelle vicende belliche napoleoniche. Particolarmente rilevante il tributo di sangue ligure nella guerra spagnola e nella spedizione di Russia. Si aggiungevano la crescente pressione fiscale e il fatto che le riforme adottate avevano soddisfatto solo le classi più abbienti e gli intellettuali, mentre i ceti popolari risentiranno duramente della stasi economica. Fu così che alla caduta di Napoleone le popolazioni dei vari centri liguri si sollevarono, accettando l'abolizione del governo francese il 7 agosto 1814 da Lord Bentinck e l'autorizzazione inglese al ripristino della repubblica aristocratica, anche se già il Congresso di Vienna era in procinto di annettere la Liguria al Regno di Sardegna. Si era alle premesse, soprattutto a Ponente, di quella grande ondata migratoria che interesserà la Luguria nel XIX e nei primi decenni del XX secolo. Il caso di Cervo è veramente emblematico. Il progressivo declino del commercio del corallo e dell'olivo, meno accentuato comunque di quello registrato nei centri vicini, quali Andora e Diano Marina, spinse a progressive scadenze un gran numero di abitanti della zona in direzioni diverse sia verso Genova, che verso la Spagna (rilevante l'emigrazione da Vessalico nei paesi iberici fin dalla metà del XIX secolo e attribuita in prevalenza al default del comune) la Francia, ma anche alla volta della Corsica, della Sardegna, del Nord Africa, del Nord Europa e delle Americhe (Da Laigueglia,  Alassio, Ventimiglia e Mentone, sempre nell'Ottocento). Una stagione che lascerà profonde ripercussioni sul territorio e sui rapporti produttivi. Al tempo di Napoleone, inoltre, la tradizionale tendenza locale ad imbarcarsi fu prevalentemente segnata dall'impiego militare da parte dei francesi. Nonostante che nel Ponente il mare continuasse a rimanere uno sbocco lavorativo di una certa importanza, a Cervo si assisterà ad una sempre minore propensione al riguardo, in considerazione delle migliori prospettive che offriva l'emigrazione. Del resto l'economia di sussistenza, nel frattempo, creatasi orientava la residuale manodopera rimasta nella zona,  e non emigrata, a cercare occupazione nei centri vicini. Il relativo calo demografico e la crisi di quelli che erano da sempre settori vincenti a Cervo e che fino alla metà del Settecento erano stati fiorenti, appesantirono la congiuntura in atto nella località, che si protrarrà ancora a lungo fino all'Unità d'Italia e oltre. Il primo conflitto mondiale vide infatti un'accelerazione del fenomeno. 
Casalino Pierluigi