1321. Dante, tra la fine di luglio e la fine di agosto, partecipa ad una ambasciata inviata da Guido Novello da Polenta alla Serenissima Repubblica di Venezia. Nel corso di questa missione diplomatica, forse passando per le paludi di Comacchio, il Poeta contrae un'infezione malarica, che lo obbliga a rientrare a Ravenna. E qui muore, probabilmente nella notte fra il 13 e il 14 settembre. Si conclude così l'esistenza del massimo poeta del Medioevo e di tutti i tempi. Per comprendere quello che è stato definito il "miracolo dantesco" non basta la lettura delle sue opere, ma va ripercorso compiutamente l'itinerario biografico ed intellettuale che ne segna l'esperienza di vita e di idee. E' solo così che si coglie la profondità di un intellettuale che si distingue per la sua straordinaria capacità di parlare alla coscienza e alla sensibilità del lettore moderno come nessun altro poeta e scrittore antico. E ciò, malgrado la tematica da lui assunta soprattutto nella poesia sia tipicamente medievale e legata ad un atteggiamento culturale ed ad un modo di sentire, quali non si saprebbe immaginare più lontani da quelli nostri di oggi. Occorre dunque indagare e ricostruire il cammino compiuto da Dante, dalle prime prove poetiche giovanili alle più impegnative elaborazioni dell'età matura, fino alla sublime realizzazione della Divina Commedia. Su questa, più ancora che sulle altre opere, ci si sofferma spesso per la grandiosità del disegno artistico e spirituale. In particolare è andata sviluppandosi negli ultimi decenni una disciplina complessa e feconda che contempla certo le ragioni profonde del capolavoro di Dante, ma non di meno l'esplorazione indiziaria delle letture e degli interessi del Sommo Poeta e degli antecedenti letterari, oltre che delle corrispondenze e/o riferimenti: in altri termini delle cosiddette fonti del Poema. Ciò ci consente di meglio definire la base culturale dell'ideologia dantesca e da cui nasce il progetto della Commedia (ma che investe anche le restanti opere). Tra le dette fonti viene particolarmente affrontata la questione dell'oltretomba e delle altre visioni ultraterrene, circostanza quest'ultima che attiene al tipico gusto medievale. Pur muovendo dal contesto classico e giudaico cristiano delle premesse ideali di Dante, un rilievo nuovo ha preso corpo prepotentemente il patrimonio culturale arabo islamico. Inizialmente non fu riconosciuto un punto di riferimento utile da parte dei dantisti. Il dibattito si è però acceso dopo la pubblicazione, nel 1919, di un importante libro dell'illustre arabista spagnolo Asin Palacios, La escatologia musulmana en la Divina Comedia, in cui attraverso una vasta esplorazione nella letteratura mistica ed escatologica araba del Medioevo, filtrata in Occidente tramite traduzioni latine eseguite in Spagna, si indicavano numerose somiglianze possibili tra questi testi e la Commedia. Negli ultimi anni, dopo gli studi del Cerulli, di Maria Corti ed infine di Luciano Gargan, per citare solo i dantisti italiani, l'atteggiamento polemico verso le fonti islamiche della Commedia è andato scemando. Non vengono poste certo in dubbio le basilari e tradizionali fonti dantesche, ma vengono sempre di più evidenziati i probabili legami interculturali tra Oriente e Occidente nel Medioevo, con non trascurabili influenze anche su Dante.
Casalino Pierluigi
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