Partire e viaggiare, diceva Mani, l'antico saggio persiano, sono le due azioni che gli uomini compiono più di frequente. l'uomo già parte da sé stesso e viaggia nella sua anima, mentre viaggia nel cosmo, fin dalla sua origine. Ulisse e il suo mite ne sono una testimonianza indelebile. Così come le avventure dello spirito dei ricercatori della verità in ascesa verso la divinità, da Sant'Anselmo d'Aosta a Ibn Taymiyyah. Un percorso destinato a non finire mai. L'uomo è migrante per natura, per vocazione e in questo imita l'ambiente che lo circonda. La civiltà si basa su tale incessante movimento di singoli e di gruppi. L'idea di cosmopolitismo risale all'antichità: Greci, Fenici, Romani, filosofi stoici, monaci cristiani e buddhisti, sufi musulmani, navigatori del mare e del cielo, illuministi ne sono degli esempi. Esempi di come si sia sviluppata nei secoli la teoria degli spostamenti che, nel bene e nel male, ha finito per arricchire l'umanità nel suo complesso. Nell'ultimo millennio le migrazioni hanno cambiato il mondo, soprattutto la composizione etnica del pianeta. Dopo 60 mila anni di sviluppi separati dei diversi aggregati umani, si assiste al processo inverso, cioè a quello del confluire nuovamente nella famiglia umana originaria. Una corsa verso la coscienza globale del mondo, ma anche un modo per creare futuro, pur con i rischi del dilatarsi dei confini dell'ignoto.
Casalino Pierluigi, 17.02.2015
Casalino Pierluigi, 17.02.2015
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