L'interpretazione dell'Islam che Jackon Burkhardt ci presenta nelle sue Riflessioni appare di straordinario spessore critico, se pur vada posta oggi in qualche modo in discussione, stante la prorompente domanda di modernità che emerge da quel mondo apparentemente fermo. Ciò nondimeno il giudizio del pensatore svizzero ci offre ancora spunti di riflessione di grande respiro. "Chi non può o non vuole sterminare i Musulmani, farà meglio a lasciarli in pace, si può forse prendere loro i loro paesi deserti, aridi e privi di alberi, non estorcere una vera obbedienza sotto uno Stato non coranico". Tale affermazione può essere dura e inappellabile, alla luce di certo dogmatismo ancora imperante nell'anima musulmana comune, ma si deve onestamente riconoscere che la modernità e anche una ormai progressiva divisione dei poteri anche a fatica si fa strada. Religione e politica, Stato e società cominciano a divergere, anche grazie alla congiuntura storica che mette in crisi il passato ogni giorno di più. E così anche nel mondo arabo e islamico. "Solo presso la nobiltà selgiucida" scrive nelle sue Riflessioni Burckhardt traluce una sorta di divisone del potere". Un discorso che ci porta lontano e che ci fa riscoprire la vocazione razionalistica del primo Islam, quello di Ibn Rushd (Averroé) e degli altri filosofi arabi, poi abortita nei meccanismi del potere politico-confessionale, ma sembra ritornare, dopo la sbornia di neoislamismo degli anni passati.
Casalino Pierluigi, 22.10.2013
Casalino Pierluigi, 22.10.2013
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