Il patto di non aggressione nazisovietico fu sottoscritto a Mosca il 23 agosto 1939 (leggi in proposito gli altri articoli di Casalino Pierluigi sul Patto Molotov-Ribbentrop sul web, anche quelli in PRIMA DE IL TEMPO E LA MEMORIA) e suscitò una grande sorpresa e non poco sbalordimento a Londra, a Parigi e a Varsavia (meno a Washington, che in un certo senso se l'aspettava e nemmeno a Roma, grazie agli ottimi canali informativi dell'Ambasciata italiana nella capitale russa) e in altre capitali, colte prevalentemente di sorpresa. Tale evento provocò una grande lacerazione nella sinistra europea, di fronte a quello che molti esponenti comunisti e socialisti definirono con stupore un inspiegabile voltafaccia (che Stalin comunque era abituato a fare, condannando a morte anche gli eroi internazionali del comunismo): in realtà le relazioni russo-tedesche traevano origine dal primo segreto appoggio al ritorno in Russia di Lenin e soprattutto al Rapallo Gheist, nel quale si riconobbe la collaborazione russotedesca, nel nome della contestazione al Trattato di Versailles del 1919. Solo Palmiro Togliatti si impegnò nel ribadire la fedeltà assoluta alla Russia sovietica. Fino al crollo dell'ordine di Yalta e alla caduta del muro di Berlino, la tesi sovietica fu quella, che, di fronte all'atteggiamento dilatorio di Francia e di Gran Bretagna nei confronti della proposta di Mosca di un patto di mutua assistenza con le potenze occidentali contro un'aggressione tedesca. Stalin aveva tatticamente e provvisoriamente accettato un'intesa con Hitler, per guadagnare tempo in vista della "Grande Guerra Patriottica", con la quale la Russia salvò se stessa e il mondo dal flagello hitleriano. Un recente studio di Eugenio Di Rienzo e di Emilio Giri, "Le Potenze dell'Asse e l'Unione Sovietica (1939-1945)", sulla base di una vasta ed articolata documentazione, anche di recente acquisizione, ripropongono una nuova e più meditata (in chiave non ideologica) lettura del PattoMolotov-Ribbentrop, che rovescia la tradizionale visione (ed interpretazione) tattica del Patto. A tale proposito vengono confermate confidenze a suo tempo rilasciate da mio padre, Michele Casalino, il protagonista del mio IL TEMPO E LA MEMORIA (Casalino Pierluigi, Ennepilibri, Imperia, 2006/LA STORIA DI MICHELE CASALINO su Radio 24 de IL SOLE 24 Ore, intervista a Pierluigi Casalino e Nota di commento su IL CARABINIERE, ottobre 2008, sulla Rivita della Provincia di Imperia, sempre autunno 2008 e su Riviera 24). Le cancellerie, sosteneva mio padre, che aveva accesso a documenti dello Stato Maggiore italiano, erano disposte a giocare il tutto per tutto su ogni tavolo, in assoluta libertà di manovra rispetto all'ingessata visione della lotta fascismo-antifascismo, come si è sempre in seguito fatto credere specialmente alla luce dell'ormai aperta guerra fredda tra Est ed Ovest dopo il 1945. In questa prospettiva, i due studiosi italiani riconsiderano anche la posizione dell'URSS. Non è un caso che la Russia sovietica, come non ha mai mancato di sottolineare Michele Casalino in più occasioni, e come ebbe a a ribadire a Galeazzo Ciano stesso ambasciatore italiano a Mosca, Augusto Rosso, in Russia si era restaurato un regime che mescolava il bolscevismo ideologico con una matrice imperialistica grande russa e di stampo neozarista, che si andava affermando nella nuova versione staliniana e saldava la politica di potenza con il mito della rivoluzione mondiale. In tale contesto geopolitico dunque si inseriva nell'agosto del 1939 il Patto Molotov-Ribbentrop. L'accordo segreto Hitler-Stalin obbediva a tale logica della "machpolitik". Il realismo politico spietato di Hitler e di Stalin avevano fatto il resto (si leggano sul web gli articoli di Casalino Pierluigi su L'Eterna Russia e simili, oltre a quelli sullo stesso Patto Molotov-Ribbetrop di Casalino Pierluigi e su PRIMA DE IL TEMPO E LA MEMORIA). D'altronde l'intesa Hitler Stalin aveva dato ad entrambi i frutti sperati. Un continuo e cospicuo flusso di materie prime e di derrate alimentari provenienti dalla Russia sovietica (e dall'intera Asia con la collaborazione del Giappone) raggiungeva la Germania, la quale esportava in URSS tecnologia industriale e militare, fino a compiere esercitazioni congiunte tra le due Forze Armate, così come si era verificato durante gli anni successivi alla prima guerra mondiale, quando Berlino aggirò il divieto di riarmo sancito a Versailles, ricostruendo segretamente la sua potenza bellica nelle fabbriche russe dietro assistenza militare a Mosca (in aviazione in particolare). In quell'occasione la Germania abbandonò la Finlandia all'invasione tedesca, concedendo persino il supporto logistico della sua flotta mercantile ai sottomarini russi. Nello stesso periodo i due servizi segreti, russi e tedeschi, lavoravano di conserva per suscitare la rivoluzione in India, in Iraq e in Medio Oriente. Nel 1940 iniziarono poi le trattative tra Berlino e Mosca peer far entrare la Russia a pieno titolo nell'alleanza con le potenze dell'Asse. Il Patto nazisovietico entrò in crisi quando l'URSS vide allontanarsi la possibilità di un definitivo successo tedesco in Europa, soprattutto contro la Gran Bretagna: tale circostanza spinse Stalin ad accrescere la proprie richieste alla Germania. Il dissidio e poi l'aperto contrasto emerse quando Stalin chiese ad Hitler spazio per la propria influenza nei Balcani e che anche la Bulgaria e gli Stretti fossero considerati "zona di influenza sovietica". Nel corso della visita di Molotov a Berlino, nel novembre del 1940, Hitler rispose di non poter accettare le richieste russe. E poiché la Russia per rendere più convincenti le proprie rivendicazioni, rallentò il ritmo delle forniture a Berlino con la prospettiva di farle cessare del tutto, Hitler decise, secondo l'esplicita testimonianza di Bormann, che i tedeschi sarebbero stati costretti a procurarsele direttamente con la forza, al fine di attuare il loro sogno di dominio mondiale. Fu così che nel giungo del 1941 scattò l'operazione Barbarossa con l'attacco tedesco alla Russia.
Casalino Pierluigi, 26.10.2013
Casalino Pierluigi, 26.10.2013
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