sabato 2 agosto 2025

L' eredità di Tocqueville oggi

 


L' eredità di Alexis de Tocqueville non cessa di illuminarci con la sua sempre attuale lezione sulla democrazia. Lasciata l'Europa in macerie dei primi decenni del XIX secolo, il giovane Tocqueville, consapevole dei sentimenti dell'epoca, divisi tra le gloriose e le dolenti memorie degli eventi appena trascorsi, arriva in America, dove scopre le risposte che non si riesce a dare nel Vecchio Continente. L' America sembra un modello per assicurare alla Francia e all'Europa quella stabilità che tutti cercavano, dopo il periodo napoleonico e la Rivoluzione del luglio 1830. Animato da profondo spirito liberale, Tocqueville esamina dall'altra parte dell'Atlantico "le tendenze e gli istinti della democrazia abbandonata a sé stessa". Egli non studia infatti una categoria o un'istituzione politica, ma l' effetto di una società nuova e in continuo movimento. La democrazia e la libertà non sono così create dall'alto, ma si basano su equilibri mai statici e in perenne cambiamento, garantendo da tale cambiamento la propria sopravvivenza. La democrazia americana supera, dunque, la rigidità del liberalismo dottrinario francese e trova in essa il nocciolo della libertà liberatrice che molti in Europa non riusciranno (e tuttora non riescono)a calare nel processo storico e sociale. Se oggi, in un momento assai difficile di qua e di là dell'Atlantico, ci si pone dei dubbi, tuttavia Tocqueville ci soccorre ancora, nonostante tutto, affermando che "se il genio diventa raro, cresce la diffusione della cultura, c'è meno perfezione, ma più fecondità fecondità, si allentano i vincoli di razza,di classe e di patria, ma il grande vincolo dell'umanità si fa più stretto". È la speranza profetica che ci rinnova Tocqueville e che travalica le angustie, le insidie e le minacce del momento presente, rendendo ancora possibile quel nuovo cambiamento che sembra essersi arrestato. 

Casalino Pierluigi 


mercoledì 30 luglio 2025

Casalino Pierluigi

 



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domenica 27 luglio 2025

Riflessione attuale

 Da tempo si vuole portare l'attenzione anche della gente sulla serietà del momento storico e sui rischi, le minacce e le insidie che la situazione internazionale racchiude. Sicurezza e difesa non possono a tale proposito essere argomenti tabù. Il quadro geopolitico dal 1989 è cambiato rapidamente ed in modo da aprire prospettive inquietanti. Si comprende che parlare di riarmo, in circostanze di crescente disagio sociale, possa rappresentare qualcosa di duro e di allarmante, ma occorre onestamente ammetterlo, si  coglie un aspetto che la vicina Francia ed altri paesi europei, stanno già valutando come prioritari. Qui non si tratta di fare propaganda di una tesi o del suo contrario, che si può o meno condividere, ma realisticamente il guardarsi intorno suscita apprensioni che non possono passare sotto silenzio. Quando Paolo Emilio Taviani nel 1954 promosse l'idea di una difesa comune europea i tempi non sembravano maturi, data la assoluta certezza dell'ombrello americano e le ferite che restavano aperte sul Vecchio Continente dopo la seconda guerra mondiale. Quell'idea rappresentava tuttavia un'intuizione che si rivela di grande attualità. Gli attori imprevedibili e pericolosi che si muovono sul quadrante internazionale non devono rimuovere la nostra vigilanza. La speranza in un mondo di pace non ci deve abbandonare, ovviamente, ma neanche possiamo fare finta di nulla e cadere in un sonno dogmatico dal quale poi svegliarci bruscamente e drammaticamente.

Casalino Pierluigi 


sabato 26 luglio 2025

Casalino Pierluigi

 



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martedì 22 luglio 2025

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The name "P. Casalino" is mentioned in a high-impact paper published in Medical Care Research and Review.

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Jm

venerdì 18 luglio 2025

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domenica 22 giugno 2025

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“P. Casalino” was mentioned by “Yunfeng Shi”.




 

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martedì 17 giugno 2025

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sabato 14 giugno 2025

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The name “Casalino, P” was cited in a Letteratura italiana moderna e contemporanea paper uploaded to Academia.


 

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mercoledì 11 giugno 2025

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The name “P. Casalino” was mentioned in a Letteratura italiana paper uploaded to Academia.



 

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martedì 10 giugno 2025

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The name “P. Casalino” was cited in a Romance Linguistics paper uploaded to Academia.




 

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domenica 8 giugno 2025

Casalino Pierluigi

 



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mercoledì 4 giugno 2025

Casalino Pierluigi

 



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“Pierluigi Casalino”: The name "Pierluigi Casalino" is mentioned in 329 papers uploaded to Academia, including one in a paper by someone in Aversa, Italy




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giovedì 29 maggio 2025

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lunedì 26 maggio 2025

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giovedì 22 maggio 2025

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sabato 17 maggio 2025

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An influential paper by Francesca Chiarini mentions the name "P. Casalino".

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lunedì 12 maggio 2025

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venerdì 9 maggio 2025

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A paper published by a member of the Economics department at Bryn Mawr College mentions the name "P. Casalino".



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giovedì 1 maggio 2025

Casalino Pierluigi

 



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You viewed the Dante Studies paper "Papa Francesco e Dante" on April 26, 2025. The name "Pierluigi Casalino" is mentioned by a Dante Studies researcher in a paper uploaded to Academia.



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mercoledì 30 aprile 2025

Casalino Pierluigi

 



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The name "Pierluigi Casalino" is mentioned by a Filologia Italiana researcher in a paper uploaded to Academia.



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sabato 26 aprile 2025

Arabi e nazismo

 


È nota la non troppo strana alleanza tra il mondo arabo ed il nazifascismo, che soprattutto si identificò nelle iniziative del Gran Muftì di Gerusalemme contro gli ebrei con relazioni piuttosto strette anche dal punto di vista militare. Se da un lato gli arabi si muovevano contro gli inglesi e i francesi, dall'altro cercavano appoggi per impedire la soluzione ebraica in Medio Oriente, soluzione approvata dalle determinazioni internazionali fin dalla Prima Guerra Mondiale e in particolare durante la Conferenza di pace di Sanremo del 1920. La cosiddetta "Legione libera araba" fu integrata nelle forze armate naziste e in misura minore presso nuclei sella di una poi Repubblica di Salò. Nazismo ed Arabis strinsero un patto scellerato per arginare l' immigrazione ebraica nella cosiddetta ex Palestina turca. L'odio verso la miglior organizzazione sociale e civile degli ebrei, che il Mandato britannico per la Palestina favoriva esplose spesso in rivolte anti ebraiche, al fine di impedire il ritorno di Israele nel suo antico focolare domestico. Negli ultimi mesi dell'occupazione nazista dell' Europa non furono infrequenti le iniziative di caccia all' ebreo da parte della Legione libera araba inquadrata tra le croci uncinate anche nei campi di concentramento di prigionieri nemici e di israeliti rastrellati in più parti del Vecchio Continente. Simile atteggiamento non fu peraltro condiviso dalle comunità e dalle autorità islamiche  del Nord Africa che consideravano gli ebrei parte integrante della loro storia. Analogamente gli iraniani che si prodigarono per salvare gli ebrei in fuga ed aiutarli ad emigrare anche in Estremo Oriente. E ciò in relazione alla secolare alleanza della Persia con Israele risalente a Ciro il Grande, che libero' gli ebrei dalla prigionia di Babilonia, consentendone il ritorno in patria. E tutto questo in contrasto con la attuale politica di vertice dell'Iran sciita, una politica che il popolo assolutamente non condivide. Durante gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023e bandiere palestinesi venivano bruciate nonostante le direttive degli Ayatollah e si inneggiava ad Israele. Direttive innaturali per la gente. 

Casalino Pierluigi 


L' imperialismo russo, una minaccia costante per l' Europa

 


Che i russi non fossero sinceri (non lo sono ancora ai giorni nostri, del resto) nell'alleanza con gi Alleati in quell'incontro sull'Elba nel 1945 e che le mire di conquista ad ovest fossero tutt'altro che campate in aria non sfuggì a nessuno nel campo occidentale. L'alleanza del 1939 con Hitler insegnava che Mosca fa un gioco sporco in politica estera e che se la Polonia non avesse fermato l'Armata Rossa alle porte di Varsavia nel 1920 il bolscevismo e l'influenza russo sovietica si sarebbe allargata anche con le armi nel resto del Vecchio Continente. Fu l'intuizione strategica di Winston Churchill a vedere lontano quando si riferi' subito alla cortina di ferro che scendeva sull'Europa Orientale. La caduta del socialismo reale non ha posto fine ai sogni imperiali panrussi come le mosse di Putin hanno rivelato assai chiaramente. E se ora si cerca di porre rimedio al conflitto ucraino, è altresì chiaro che gli appetiti del Cremlino non verrano meno facilmente pur î presenza di un accordo (ambiguo tuttavia) tra le parti data la assoluta falsità della propaganda russa che cerca di nascondere manovre destabilizzanti in vista di un'invasione russa dell'Europa.

Casalino Pierluigi 


mercoledì 23 aprile 2025

Casalino Pierluigi

 



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martedì 22 aprile 2025

 



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lunedì 21 aprile 2025

Attualità di Dante

 


Le ombre del tempo presente si allungano su un' umanità sempre più dolente, sempre più perduta e senza riscatto. Dante ci soccorre nella Commedia inviandoci un messaggio di grande speranza, grazie alla ricorrente metafora delle cantiche del Divino Poema. Amor di libertà e sete di giustizia, ricerca appassionata della conoscenza, desiderio di aurora dopo la selva oscura: in tutto questo Dante ci indica la via della salvezza non solo morale e civile, ma anche politica e sociale. I commenti scritti nel tempo sulla Commedia arricchiscono lo spirito stesso dell' Opera, di tutta l' Opera dantesca, che viene ancora incontro con la sua luce che apre la mente e l' anima al coraggio di andare avanti, lasciando alle spalle i demoni della discordia e dell' ignoranza. Dante giganteggia in modo crescente nel nostro tempo e indica la via del nuovo domani.

Casalino Pierluigi 


domenica 20 aprile 2025

Casalino Pierluigi

 



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Biruni e Ibn Sina oltre l' illuminismo

 



A cavallo tra il decimo e l’undicesimo secolo, a pochi anni di distanza l’uno dall’alto, due giovani studiosi giungono a Gurganj, nell’attuale Uzbekistan. Da pochi anni la città, situata sulla riva occidentale dell’Amu Darya, vicino al confine settentrionale dell’odierno Turkmenistan, era diventata la capitale della Corasmia. La città di Gurganj era stata scelta come nuovo centro del suo regno, al posto dell’antica capitale Kath, da sempre preda di violente inondazioni, proprio dal fondatore della nuova dinastia dei Ma’ munidi, Abū l- ‘Alī Ma’ mūn, che in breve avrebbe convinto il califfo arabo di Baghdad a concedergli il titolo di “scià di Corasmia”.È questo lo scenario su cui si apre il libro di F. RdxStarr, dal titolo "L’epoca geniale", uscito per Oxford University Press e recentemente tradotto per i tipi di Einaudi da Daniele A. Gewurz. È una storia di “relativa oscurità”, che avvolge il cosiddetto “illuminismo perduto”. Proviamo a offrire qualche dettaglio in più. All’epoca la Coramsia è una sorta di Dubai lontana dal mare: centro d’intensa attività, a metà strada di una delle rotte commerciali più trafficate dell’Eurasia. Una terra estremamente ricca, luogo di interscambio non soltanto di merci, ma anche di tradizioni culturali: cosmopolita e ben governata, attirava non soltanto grandi mercanti, ma anche le menti più creative del periodo.Tra questi figurano i nostri due giovani: il primo è Bīrūnī, conosciuto anche nella versione latinizzata di “Alberonius”. Per intendersi rapidamente, costui è stato ribattezzato “il Leonardo dell’XI secolo”, molti hanno visto in lui un precursore del Rinascimento, ma in generale siamo di fronte a uno dei più grandi studiosi di tutti i tempi: dotato di una cultura enciclopedica, versato in ambiti come la trigonometria e l’astronomia, capace di calcolare i diametri della Terra e della Luna con una precisione che rimase ineguagliata sino al tardo Seicento; diede un impulso decisivo allo sviluppo di discipline che noi oggi etichetteremmofi sotto il nome di antropologia culturale e sociologia; considerato uno dei padri degli studi religiosi comparati; grande esperto di ciò che i moderni avrebbero chiamato chimica, farmacologia e biologia vegetale; con qualche secolo di anticipo sugli europei elaborò strumenti come il mappamondo e ne perfezionò altri come l’astrolabio. Anche se di fatto autori come Copernico, Tycho Brahe e Galileo ignorarono la sua esistenza, tuttavia lessero e studiarono opere dei suoi seguaci che erano state tradotte in lingua latina.Veniamo all’altro prodigio, Ibn Sīnā, forse leggermente più noto del primo, sotto il nome di Avicenna, grande conoscitore di Aristotele, logico e matematico di prim’ordine, si dedicò a un’analisi approfondita della teoria del sillogismo e fu autore di opere miliari in ambito medico-scientifico come Il libro della guarigione e Il canone della medicina, al punto da essere considerato uno dei padri della medicina moderna: stabilì per esempio le prime regole per la conduzione di sperimentazioni cliniche relative ai nuovi farmaci. Si dedicò intensamente allo studio della psicologia, della fisica, elaborando una bozza di teoria del moto, per certi versi anticipando alcune intuizioni newtoniane sull’inerzia. Non mancano contributi significativi in ambito chimico, per esempio nel campo della distillazione. Starr ci ricorda che autori come Tommaso d’Aquino, Dante(la teoria della luce nella Commedia è figlia del pensiero di Avicenna/Ibn Sina) e Chaucer lessero quasi certamente alcune opere di Ibn Sīnā in traduzione latina.L’intento del volume risulta molto chiaro, sin dalle prime pagine: si tratta di contribuire a “salvare dall’oblio” – per quanto è possibile – tutto ciò che si riesce a sapere non soltanto relativamente alla vita e agli studi di queste due figure mirabili, ma più in generale dell’intero contesto sociale e culturale che ha reso possibile una tale fioritura di talenti.Poco si comprenderebbe, in effetti, di questa epoca geniale, di questo illuminismo perduto, se non si cercasse di ricostruire lo scenario culturale e l’ambiente complessivo entro cui collocare i due enfant prodige. Starr ricorda, per esempio, il contributo essenziale di Abū Sahl al-Masīhī, un medico rinomato, cristiano, proveniente dalla regione del Mar Caspio, amico personale di entrambi. E poi Ibn al-Khammār, medico cristiano siriaco, soprannominato “secondo Ippocrate”; e poi Al-Nātilī, altro medico che tradusse i cinque volumi di Dioscoride, che per dieci secoli fu una sorta di bibbia della farmacologia.

Delineare i contorni essenziali dell’élite intellettuale coeva, tuttavia, pare del tutto insufficiente a offrire un quadro sensato della complessità del periodo, in cui convergono gli studi accumulati nei secoli, una certa sapienza stratificatasi col tempo e sedimentazioni poderose del sapere che trovarono l’occasione per emergere in tutta la loro intensità. Per esempio, il nostro autore ricorda l’importanza che ebbe per gli studi aristotelici di Ibn Sīnā un trattato intitolato Sugli oggetti della metafisica e scritto tre generazioni prima da un certo Abū Nasr Muhammad ibn Muhammad al Fārābī. Un discorso analogo si potrebbe svolgere relativamente all’importanza che ebbe nella formazione matematica di Bīrūnī il Manuale di calcolo per completamento e riduzione di Muhammad al-Khwārizmī, scritto attorno all’830 d.C. e spesso citato sotto il nome di Algebra, capace di offrire un metodo di analisi matematica del tutto rivoluzionario in quanto alternativo rispetto all’impostazione greca, fondata essenzialmente sulla visione geometrica.

Si potrebbero – e si dovrebbero – aggiungere, tuttavia, almeno i nomi di Abū Bakr al-Rāzī, Abū Mansūr al-Qumrī e Abū Sahl al-Masīhī: tutti autori che forse alla maggior parte di noi dicono poco e forse nulla, ma che furono invece momenti essenziali tramite cui un certo territorio e un certo periodo storico vennero sollecitati e impreziositi sul piano culturale e intellettuale, sino alla fioritura che ebbe luogo, in particolare, grazie alla presenza e all’operato di Bīrūnī e di Ibn Sīnā.

Le carriere di queste due figure di spicco vengono presentate da Starr rifacendosi al vecchio modello di Plutarco: l’autore si ispira alle Vite parallele, instaurando costanti parallelismi, ma evidenziando al contempo una serie di differenze tra i due, senza mai nascondere il tratto di rivalità e di spietata concorrenza che in realtà caratterizzò i loro rapporti reciproci. Nel periodo giovanile i due polemizzarono aspramente, per poi ignorarsi nel resto della vita – basti pensare che, quando Ibn Sīnā dettò la sua autobiografia, non trovò necessario nominare Bīrūnī, benché entrambi avessero addirittura vissuto nella stessa città, a Guranj, per un periodo totale di sette anni.

Ci sono almeno due aspetti che possiamo mettere in luce per pK KM quale distanza corresse tra i due. Da un lato, sul piano del temperamento, le differenze non avrebbero potuto essere più radicali: Bīrūnī era orfano, probabilmente – visto che il suo nome nella lingua iranica della Corasmia significa “qualcuno dei sobborghi” – non era originario di Kath. Fu attratto dalla vita pubblica, ma solo per breve tempo e conseguendo risultati non encomiabili: di fatto trascorse gran parte della sua esistenza immerso in studi solitari. Dall’altro lato, Ibn Sīnā era ricco di famiglia e crebbe in un ambiente familiare stimolante: il termine Sīnā si trova anche nel sacro libro zoroastriano, l’Avesta, e significa “persona colta”. Era un cortigiano e apprezzava la bella vita: divenne un amministratore e uno statista efficace, per ben due volte ricoprì l’incarico di visir.L’altro profilo concerne la loro impostazione intellettuale di fondo: Bīrūnī si appassionava ai fenomeni specifici e poi procedeva a generalizzare sulla base delle osservazioni maturate nei casi particolari; critico nei confronti delle dimostrazioni raggiunte solo per mezzo della logica, si affidava alla matematica come strumento fondamentale di formalizzazione delle scoperte. Dai suoi scritti traspare una chiara fiducia nel fatto che tramite la matematica fosse possibile rappresentare fedelmente la realtà. Ibn Sīnā aspirava, invece, alla creazione di un quadro intellettuale unico, integrato e completo, capace di comprendere filosofia, scienza, medicina e religione. Da questo punto di vista, la formazione aristotelica influì pesantemente sulla sua ambizione di creare uno schema unico attraverso cui organizzare l’intero novero della conoscenza.Le due vite proseguono, diciamo così, parallelamente, cercando di schivare, con alterne fortune, i colpi della sorte: l’instabilità del quadro politico, alimentata dall’ascesa dei Qarakhanidi nella regione, i movimenti secessionisti presenti nelle terre dei Samanidi e nella stessa Corasmia e così pure la pressione militare esercitata dai Buwayhidi portarono un grande scompiglio nella vita dei due studiosi. Le loro strade si separarono e con alterne vicende cercarono di preservare quanto più intatto possibile quello spazio di quiete e di studio così vitale e indispensabile all’avanzamento delle loro rispettive ricerche.

Un altro aspetto su cui l’autore si sofferma è il rapporto che i due svilupparono con la religione islamica: entrambi abili nel citare le scritture, ma con uno stile diverso. Starr spiega come Bīrūnī si riferisse spesso al Corano, spesso invocandolo per difendere le proprie invenzioni e le proprie metodologie contro i critici. Nessuno dei due, probabilmente, proseguì questo tipo di formazione includendo il kalām, né abbiamo notizia di loro pellegrinaggi alla Mecca: non risulta che fossero particolarmente dediti al digiuno o ad altre pratiche connesse al loro orizzonte religioso. Sul loro modo d’intendere la fede e sulla loro concezione del divino il lettore troverà nel libro diversi dettagli, utili a inquadrare più precisamente il loro modo peculiare di calibrare il rapporto tra scienza e fede.Oltre all’analisi delle rispettive scoperte il libro intende offrire una prospettiva piuttosto articolata sulla loro eredità intellettuale, sviluppatasi nel corso dei secoli attraverso i loro immediati seguaci, discepoli e successori. Si pensi in particolare al grande matematico e astronomo ‘Umar Khayyām, che portò avanti gli studi di Bīrūnī, ma anche allo stesso al-Tūsī che grazie a una nutrita squadra di collaboratori, tra cui Fao Munji, astronomo cinese venuto da Pechino, riuscì a creare l’osservatorio di Maragha, l’istituzione scientifica più avanzata del mondo euroasiatico nel XIII secolo. Alcune intuizioni al-Tūsī, per esempio quella legata alle orbite circolari, furono riprese secoli più tardi dallo stesso Copernico. Sul fronte di Ibn Sīnā non possiamo rinunciare ad accennare alla violenta critica mossa da Ibn Rushd, a noi noto come Averroè, alla sua interpretazione della metafisica. D’altra parte, l’eredità filosofica di Ibn Sīnā venne approfondita tra il XII e il XIV secolo da un vero e proprio esercito di studiosi europei. I suoi testi cominciarono a circolare tra i francescani e i domenicani dell’università di Padova, poi di Parigi e infine di Oxford. Un impulso decisivo venne dato da Guglielmo d’Avernia, nominato vescovo di Parigi nel 1227, e proseguì con un suo giovane collaboratore, un professore bavarese di nome Albert, che poi sarebbe diventato uno dei “Magni” della nostra tradizione.Malgrado tutta questa complessa trama di reti e di rapporti, Starr conclude dicendo che Bīrūnī e Ibn Sīnā crearono una sorta di “Rinascimento a due”: non è necessario rimarcare come sia loro mancato il supporto collegiale di cui Newton poté godere presso la Royal Society, ma più in generale si deve osservare come l’assenza di istituzioni capaci di alimentare e sostenere le loro ricerche e i loro studi – salvo rarissime eccezioni, incapaci di raggiungere la massa critica necessaria per diffondere quella che noi oggi potremmo definire una “mentalità scientifica” – costituì una delle peculiarità della vita intellettuale musulmana e forse una delle cause del suo declino.

Una vicenda che mette in scacco tante delle “narrazioni” attorno a cui la tradizione europea è andata costruendosi, maturando una propria consapevolezza: dopo aver osservato da vicino la parabola disegnata da Bīrūnī e da Ibn Sīnā, molte delle nostre certezze sulle magnifiche sorti e progressive della civiltà vengono revocate in dubbio. Il progresso lineare e costante della conoscenza scientifica, lo sviluppo in qualche senso obbligato e unidirezionale del rapporto tra scienza e fede, la crescente indipendenza del lavoro intellettuale da ogni forma di autorità esterna – simili idee in realtà noen posseggono quell’universalità che spesso vantano: sono soltanto il nostro modo di vedere le cose perché, almeno in parte, le abbiamo vissute così. Da ultima una considerazione breve sul pensiero contemporaneo del mondo islamico, in realtà piuttosto variegato e in larga misura diviso tra correnti laiche e moderniste, neoislamiche, ultraortodosse: si è ad un bivio tra reislamizzazione dell' Islam e apertura al dialogo con la società e al pluralismo e le scuole di pensiero si posizionano sul solco delle correnti occidentali e democratiche attraverso un processo di analisi che coinvolge la stessa diaspora musulmana nel mondo, che non trascura il senso di appartenenza, ma si concentra sul tema del progresso e dell' universalismo della filosofia politica.

Casalino Pierluigi 


sabato 19 aprile 2025

 



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lunedì 14 aprile 2025

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domenica 13 aprile 2025

Casalino Pierluigi

 



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mercoledì 9 aprile 2025

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martedì 8 aprile 2025

Casalino Pierluigi

 



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venerdì 28 marzo 2025

Casalino Pierluigi

 



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giovedì 27 marzo 2025

L'attualità di Plotino

 




A oltre diciassette secoli dalla sua epoca, Plotino continua a interrogarci sul senso della vita e sul rapporto tra l’uomo e il trascendente. Le Enneadi non sono soltanto un pilastro della filosofia antica, ma un testo che illumina questioni esistenziali fondamentali: che valore ha la vita? Perché viverla? Spesso, nella frenesia della modernità, rischiamo di perdere di vista il significato profondo dell’esistenza.

Il pensiero plotiniano invita alla ricerca di un oltre, a una “fuga dal mondo” intesa come ritorno all’essenza, al nucleo autentico dell’essere. Un’esperienza che oggi possiamo ritrovare nell’arte, nella contemplazione e nella riflessione interiore, come se la nostalgia di Ulisse per la sua patria lontana fosse la stessa spinta che ci porta a cercare la verità dentro di noi, favorendo un nostro sguardo attento e moderno sulle Enneadi, attraverso un'esperienza coinvolgente.

Un’occasione per riscoprire Plotino e il suo messaggio senza tempo, in un’epoca che ha più che mai bisogno di interrogarsi sul significato profondo dell’esistenza e rileggere la testimonianza di uno dei più grandi geni dell' oltre dell' uomo.

Casalino Pierluigi 


Casalino Pierluigi

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mercoledì 26 marzo 2025

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lunedì 24 marzo 2025

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domenica 23 marzo 2025

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giovedì 20 marzo 2025

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Dialetti emiliani e dialetti toscani. Le interazioni linguistiche fra Emilia-Romagna e Toscana, e con Liguria, Lunigiana e Umbria

By Daniele Vitali


...p. L'alta montagna reggiana e le frazioni di Ventasso p. 25.5. Le Vaglie, Ospitaletto, Cinquecerri, Casalino p. 27.9. Cerreto Alpi, Vallisnera, Acquabona p. La montagna modenese e reggiana nell'Emilia linguisti...


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mercoledì 19 marzo 2025

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martedì 18 marzo 2025

Itaca

 


ULISSE E IL MITO DI ITACA. UNA RIFLESSIONE ATTUALE.

In un universo solipsistico (e solitario) e colmo di approdi immaginari, era fin troppo facile che la coscienza di Ulisse finisse per essere segnata dal ricordo dominante di Itaca. Itaca rappresentava tutto per Ulisse: rappresentava l'amore, la sicurezza, il ripristino di un ruolo sociale e ritrovato di un'identità riconosciuta dagli altri uomini, ritornare, quindi, nella normalità e porre fine alle tribolazioni e ai prodigi immaginari di un viaggio simile ad un delirio. A causa della sua sfuggente e indefinita lontananza, Itaca rischiava insomma di assumere i contorni seduttivi e ingannevoli  di una madre "edenica", esente da ogni male. Si sprigiona però una luce differente: non si può tornare a casa pronti ad essere accolti come se tutto fosse rimasto ad aspettarci. La vita non si ferma e, dopotutto, neppure noi stavamo fermi ad aspettarla. Forse quando ci si crede giunti finalmente a casa, proprio allora l'aspettativa di una realtà che docilmente risponda ad un desiderio a lungo alimentato dalla sua stessa privazione  che ci rende più stranieri al nostro mondo di quanto non lo fossimo stati quando ci raffiguravamo come pellegrini in esilio. Si tratta di una riflessione che ci coglie nel momento in cui rivolgiamo lo sguardo ansioso verso il domani nell'intento di ricercare il nostro passato e ci accorgiamo che il domani è già la memoria del nostro futuro. Nulla è più come prima e tutto è cambiato e anche noi siamo cambiati. 

Casalino Pierluigi


domenica 16 marzo 2025

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Intelligenza artificiale e socialità

 


Si assiste ad un' inversione se sensibile di tendenza su sostenibilità, salute e diritti. Circostanza resa ancora piu marcata dalla decisione della presidenza Trump di ritirare gli Stati Uniti dall' Accordo di Parigi sul clima e dall' Organizzazione Mondiale della Sanità e dal disimpegno delle principali banche globali dalle alleanze per il clima fino alla sostituzione del paradigma Diversity, Equity& Inclusion con una visione elitaria di Mei, cioè Merito, Eccellenza e Intelligenza. Il livello sta cambiando livello e grado della responsabilità sociale, dalla Csr fino alle forme più evolute e sofisticate di compliance Esg sembra lasciare il campo al pragmatismo sociale che si pensava sepolto dalla consapevolezza della solidarietà e della collaborazione  Tuttavia questa tendenza non può rappresentare solo un arretramento, ma anche l'opportunità di fare chiarezza e dare maggiore sostanza alla natura e all' orizzonte di quel mutamento desiderabile che può costituire il vantaggio competitivo del Made in Europe. Paradossalmente la tendenza in atto rende più visibile il cosiddetto green washing, la tecnologia benevolente e il paternalismo sociale, e ci rende più capaci di distinguere e valorizzare quelle aziende ed istituzioni orientate a voler fare scelte sostenibili. In questo contesto il concetto di intenzionalità sociale si fa strada ed assume un ruolo centrale in vista del recupero di strategie e aziendali e politiche finalizzate al benessere collettivo, alla democrazia e alla felicità pubblica. Al centro di tali strategie si pone il "valore d'uso" dell' intelligenza artificiale che può servire a costruire decisioni economiche e sociali. Il vero problema non è dunque solo misurare l'intelligenza artificiale in termini di esternalità positive o negative, ma capirne il modo di governare uno strumento, che, senza una missione pubblica, agisce inevitabilmente sulla gente per determinarne i comportamenti e le intenzioni. Si cadrebbe così nella trappola tecnicistica, che vede bella intelligenza artificiale un mero fenomeno neutrale, rinunciando a governarne il potenziale trasformativo. Al fondo della questione quindi non c'è solo l' impatto sul lavoro e socialità (che comincia già a creare disagio), ma la libertà e il desiderio dell' uomo. E tutto questo ci fa riflettere sul fatto, più volte ricordato, che la democrazia non è più una garanzia acquisita e si può arrivare a compromessi pericolosi con sistemi che nulla hanno a che fare con la democrazie e la libertà di pensiero, privilegiando anche concetti tutt'altro che veritieri e deformanti la mente di chi dovrebbe razionalmente pensare con equilibrio. Chi vuole il cambiamento, quello serio, non deve più limitarsi a dichiararlo.

Casalino Pierluigi 


giovedì 13 marzo 2025

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martedì 11 marzo 2025

Casalino Pierluigi

 



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lunedì 10 marzo 2025

Casalino Pierluigi

 



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sabato 8 marzo 2025

Casalino Pierluigi

 



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Casalino Pierluigi

 San Leonardo, un imperiese nella storia della devozione, negli articoli sul web di Casalino Pierluigi 

domenica 2 marzo 2025

Casalino Pierluigi

 


La tesi non è nuova fra gli studiosi ed è certamente forte. La Rivoluzione d'Ottobre fu in modo speciale russa e nazionalistica, sottesa com'era dall'antica convinzione messianica che a Mosca - e alla Russia più in generale - spettasse la missione di essere, dopo Roma e Costantinopoli, il centro unificatore del mondo. Una linea storico-culturale che assegna alla Russia un ruolo salvifico e rivoluzionario, nel quadro della sua visione comunque e ricorrentemente autocratica, e che si ritrova in tutta la tradizione del pensiero politico russo, aldilà delle sue diverse stagioni: nel panslavismo anche zarista, nel populismo, così come nelle prime forme di socialismo rivoluzionario. E se i nichilisti giunsero a respingere ogni contributo dell'Occidente e a sognare una Russia orgogliosa della propria "barbarie", come scrissero anche Voltaire e altri filosofi del Settecento illuminista, i nuovi rivoluzionari accolsero l'eredità occidentale, ma solo come strumento di una rapida attuazione del programma che voleva una Russia guida e luce dei popoli. In particolare, puntando su una sorta di razionalizzazione del marxismo, avviata da Lenin e perfezionata da Stalin, i rivoluzionari di formazione bolscevica seppero fare dello stesso internazionalismo proletario uno strumento o meglio un'arma per subordinare alla riuscita del "socialismo in un solo paese" ogni scintilla rivoluzionaria in altri contesti statali e/o nazionali.  Lo stesso Troskij intuì questa deriva restauratrice della Russia di sempre, della Russia eterna, tramite il disegno dello zar rosso Stalin e della sua riaffermazione burocratico-imperiale. La Russia, sotto le forme dell'URSS, si era così collocata la posizione di centro delle speranze e aspettative universali. Sono questi i tratti essenziali di una riflessione ricca di intuizioni e sviluppi, non di rado soggetta a deformazioni ideologiche di comodo e utili al disegno     imperiale di Mosca. Il dissidio russo cinese, esploso dopo il XX Congresso del PCUS, non fu altro che lo scontro tra due visioni nazionalistiche mai separabili dalle antiche esigenze storiche dei due Paesi, più che da differenze di interpretazioni del marxismo pratico. Con il crollo dell'ordine di Yalta e la conseguente fine della Russia sovietica, il tema del rapporto tra il Grande Paese e le sue irrinunciabili suggestioni di potenza non è mai venuto meno, anche ai giorni nostri, in un momento in cui la Russia si trova ad affrontare un'altro e diverso passaggio rivoluzionario: quello di una non più rinviabile modernità del rapporto tra autorità e individuo, pur nel quadro di un rinnovato ricorso all'immagine tradizionale dell'uomo forte, che così è caro all'anima russa, nonostante le voci di un dissenso altrettanto fisiologico  nella vicenda storica di quel mondo.

Casalino Pierluigi, 5.05.2013

Bravo. Lo ha anche pubblicato asino rosso ed è stato rilanciato anche da altri blog...leggiti un paio di cose su di Te sul mio blog, augurandomi che Ti piacciano Ciaooooo 

Mostra testo citato


sabato 1 marzo 2025

Imperia, Pertini, orizzonti di gloria

 



A novembre si celebreranno i quarantacinque anni dalla visita di Sandro Pertini ad Imperia, un evento che è rimasto impresso nella storia della città e della provincia e che ancora oggi suscita emozioni e sentimenti di gratitudine e di rispetto per un Presidente che è rimasto nel cuore di tutti gli italiani come fulgido esempio di saggezza e di equilibrio, oltre che come modello di uomo, di partigiano e di statista in anni difficili della Repubblica e che sono stati definiti "gli anni di piombo". Pertini, a questo proposito, incarnò la Resistenza del Paese contro il terrorismo (delitto Aldo Moro) e contro la criminalita' organizzata (delitto Piersanti Mattarella). Questi eccezionali ricordi vivono nella memoria di chi fu testimone di quelle giornate gloriose trascorse nella nostra città. Il Presidente Pertini venne ad Imperia infatti (e soprattutto) per decorare il Gonfalone della Provincia di Imperia della Medaglia d’oro al valor militare per l'attività partigiana. Era il 16 Novembre 1980. Il giorno prima, 15 novembre, Sandro Pertini aveva visitato Palazzo Guarneri, ricevuto dal presidente del Circolo Parasio, Giacomo Raineri e dai dirigenti, accompagnato dal presidente del Movimento Resistenza Unita, Ottavio Siri, dal Prefetto Alessandrini, dall’allora Sindaco di Imperia Renato Pilade e dal Presidente della Provincia Titta Novaro, mancato prematuramente l'anno dopo. Le foto del tempo ci mostrano Pertini accolto, come dicevo, da Giacomo Raineri, da Giancarlo Tortello e dal prof. Biga, direttore scientifico del Movimento della Resistenza Unita e da quanti, allora presenti e che, purtroppo, oggi non ci sono più. Analoga documentazione ricorda le visite rispettivamente alla Provincia e al Comune di Imperia:  il Presidente della Provincia Titta Novaro e e il Sindaco di Imperia Renato Pilade accolsero infatti Pertini nelle rispettive sedi istituzionali. La visita ufficiale ad Imperia del Presidente (che soggiorno' nell'alloggio di rappresentanza nel Palazzo del Governo, cioè della Prefettura) non fu solo finalizzata alla consegna della Medaglia d'Oro alla Provincia, ma fu segnata anche dai numerosi incontri con tutte le autorità civili, militari e religiose, i parlamentari, le diverse istituzioni ed associazioni, gli studenti e la gente comune, che lo accolse con grande entusiasmo e simpatia. Pertini rese onore in Piazza della Vittoria ai caduti di tutte le guerre ed ebbe modo anche di recarsi alla Casa di riposo Agnesi per fare sentire la sua vicinanza e il suo affetto agli anziani ospitati. A margine della parte ufficiale della visita, infatti, si ebbero occasioni private, non meno significative come l'intrattenimento a cena la sera sempre del 15 novembre presso il ristorante "da Clorinda" in compagnia di partigiani e della sua sua antica amica Clorinda, un pezzo di storia imperiese ormai purtroppo scomparso. Pertini si recò, tra l'altro, nell'occasione,anche a Lucinasco per trovare l'amico Professor Ferrero Rinaldo, anch'egli scomparso (e marito della Professoressa Abbo) che era stato partigiano con lui: nel cosiddetto "Castello" di Lucinasco, nell'occasione, venne preparata in omaggio al Presidente una torta tradizionale. Per concludere fa un po' sorridere la proposta di intitolare la pista ciclabile al nome di Pertini, circostanza che è certamente lodevole e rispettosa della figura del Presidente, ma che appare soltanto una simpatica idea.

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mercoledì 26 febbraio 2025

San Leonardo and Giubilee by Casalino Pierluigi

 


Mentre la Cristianità (e il mondo intero) è in apprensione per la salute di Papa Francesco, prosegue il cammino del Giubileo 2025 con le sue occasioni di riflessione, preghiera e conversione in un momento storico in cui il clamore delle armi sale fino alla volta celeste.  Il Giubileo 2025 cade esattamente 300 anni dopo il Giubileo 1725, indetto da Papa Benedetto XIII e celebrato in sobrietà ed umiltà e pur con grande beneficio spirituale collettivo. La memoria va tuttavia ad un altro Anno Santo, quello del 1750 che vede soprattutto l'impegno del frate francescano Leonardo da Porto Maurizio, canonizzato nel 1997 da Giovanni Paolo II ed ora patrono della città di Imperia. Di fronte all'esigenza di una nuova evangelizzazione della Chiesa postconciliare e degli stessi fedeli (anticipando in tal modo le encicliche e le lettere apostoliche degli ultimi pontefici che chiedono una Chiesa in uscita) ritornano infatti d'attualità quelle forme di catechesi note come missioni del popolo promosse con intensità e coraggioso fervore da San Leonardo, suscitando uno slancio devozionale straordinario e senza precedenti al punto da coinvolgere persino Papa Benedetto XIV, già cardinale Lambertini, bolognese verace e dotato di grande arguzia e di particolari doti comunicative. Il Pontefice, che aveva conosciuto Fra Leonardo a Bologna e ne aveva apprezzato le capacità missionarie, nel 1750, proclama un nuovo Giubileo, dopo essersi affidato nella preparazione all'intuito vocazionale e alla predicazione di Leonardo, che, al centro del percorso di conversione, pone la pratica della Via Crucis. La figura di San Leonardo giganteggia in tale contesto per il saper risvegliare i valori originari del messaggio cristiano. Benedetto XIV è, in proposito, convinto ammiratore di Leonardo, che si rivela un autentico faro di luce evangelica per la Chiesa universale, con l'esempio  e la parola. L'azione instancabile di Leonardo avviata dieci anni prima dell'evento giubilare, in forza dell'incarico preparatorio di fiducia direttamente ricevuto dal Pontefice, giunge fino all'apice alla vigilia della sua morte che avvenne a Roma nel 1751, un anno dopo la conclusione dell'Anno Santo. Nel Giubileo del 1750 prosegue il processo di internazionalizzazione iniziato con quello del 1725 con l'afflusso anche di pellegrini dall'Egitto e dalla Siria e il riscatto di prigionieri in mano ai Turchi, circostanza, quest'ultima, particolarmente verificatasi anche tramite i domini sabaudi di Oneglia e Nizza e quelli genovesi di Porto Maurizio. È certamente con orgoglio, infine, che questa città deve ricordare l'opera e l'insegnamento del suo grande figlio, San Leonardo, come uno dei protagonisti dei Giubilei e della storia del Cristianesimo.

Casalino Pierluigi 


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domenica 23 febbraio 2025

Attacco alla democrazia

 


Lo stato di salute delle democrazie sta peggiorando più si va avanti nel XXI secolo. Intanto il numero dei paesi democratici diminuisce e in seno a quelli che ancora si definiscono democratici una violenta polarizzazione sia in termini di opinioni che di distribuzione del reddito e delle possibilità culturali (ridotte queste ultime ad un simulacro di cultura, anzi di pseudo cultura, di bassissimo livello). Si assiste infatti anche ad un peggioramento delle competenze degli adulti e degli adolescenti, fenomeno avviato fin dal 2008 a causa della diffusione di internet, e dei social Networks e degli smartphones. Il 2007-2008, non a caso, furono gli anni in cui la finanza americana produsse la più grave crisi degli ultimi decenni, quella dei mutui senza valore, che rivendeva ad ignari e sprovveduti investitori una quantità di prodotti finanziari dalla struttura incomprensibile. L' Occidente, soprattutto, pagò molto cara quella crisi. E l'indebitamento del ceto medio, la rabbia diffusa nelle società impoverite e nei certi di potere furono certamente creati da quella crisi. I social media tuttavia sembrano fatti apposta per ingigantire il problema, amplificando pericolosamente tutto ciò che colpisce l'immaginazione, l' emotività e la paura, allo scopo di distorcere la percezione di chi è più fragile, più impressionabile e meno dotato di senso critico. La cosa più grave è che gli effetti collaterali negativi dei social media erano perfettamente a conoscenza dei proprietari delle piattaforme dei media, che non hanno rinunciato ai loro giganteschi guadagni, alimentando con le tecnologie messe in circolo le dipendenze di milioni di persone e rendendo sempre più probabili diverse forme di depressione e di ansia in particolare presso le giovani generazioni. In tal modo si è generata una diffusione incontrollata e incontrollabile delle informazioni false e della propaganda più faziosa, ispirate alle idee di Ayn Rand sul valore dell'egoismo e alla visione di Ray Kurzweill, il teorico della singolarità, che prevede il superamento dell' intelligenza della macchine su quella umana. Da qui nascono le teorie che di gente come Elon Musk, più interessato alla libertà di fare business che alla democrazia: teorie alla base della vittoria di Donald Trump e che condannano la moderazione e definiscono libertà di espressione il far circolare falsità. Falsità pericolose amplificate per i miglior interessi delle piattaforme e che trascinano le democrazie verso il baratro. Un baratro verso cui già spingono  attivamente le centrali degli Stati totalitari e che puntano a dare una spallata a secoli di democrazia e di tolleranza, con la complicità degli utili idioti che professano la fede nella disinformazione e nell'egoismo sfrenato. Se si vuole sopravvivere a questa tempesta spaventosa occorre una rinascita democratica che riscopra  quei valori che soli possono recuperare  gli ideali e i sentimenti più profondi che sono alla radice della nostra civiltà.

Casalino Pierluigi

--

Roberto Guerra

 


domenica 16 febbraio 2025

Casalino Pierluigi

 Casalino Pierluigi sul web.Casalino Pierluigi storico, geopolitico, analista, dantista e commentatore sul web

sabato 15 febbraio 2025

martedì 11 febbraio 2025

lunedì 3 febbraio 2025

Politica

 


Nell'era incerta di Trump e di fronte alle insidie di Putin, l'Europa necessita ormai di un serio approfondimento politico, che meglio coniughi i bilanci e i diritti economici con quelli sociali e con quelli emergenti della sicurezza. In altri termini se il Vecchio Continente in genere e non solo l'Unione Europea vogliono ricoprire un ruolo determinate negli affari mondiali hanno l'obbligo di recuperare il senso della propria cultura e civiltà democratica senza cedere alle sirene della disgregazione e della separazione e smarrendosi alla ricerca di improbabili opzioni sovraniste che non assicurano una opportuna qualità delle scelte e non tradiscono i valori che finora sono stati  comune e secolare lascito democratico di questa parte del mondo che sempre è risorta dalle derive del dispotismo. Il rafforzamento del multilateralismo con una profonda riflessione su quello che l'Europa significa dopo la tragedia della seconda guerra mondiale è un processo irreversibile che non può essere arrestato da stagioni e da mode, ma deve muovere leaderships sparse e poco concordi a ritrovare il senso di una missione storica che metta da parte divisioni e particolarismi e punti all' obiettivo comune di una politica solidale e di identità collettiva.

Casalino Pierluigi 



Casalino Pierluigi

Scrive su blog, siti, riviste. Autori di libri, ebook, rilascia interviste e commenti anche geopolitici 

sabato 25 gennaio 2025

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martedì 21 gennaio 2025

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giovedì 16 gennaio 2025

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lunedì 6 gennaio 2025

Le spie naziste negli USA

 




---------- Forwarded message ---------

Da: Roby Guerra <guerra.roby@gmail.com>

Date: dom 5 gen 2025 alle ore 12:59

Subject: P.Casalino.Le spie naziste degli Stati Uniti.

To: <guerra.roby.asino@blogger.com>



Pierluigi Casalino,


 

È in libreria il saggio «Le spie naziste degli Stati Uniti» (Edizioni Idrovolante, pp. 238, € 17,00) scritto da Simone Barcelli, collaboratore di «Storia In Rete». Si tratta di una attenta inchiesta su come Washington già nell’immediato dopoguerra arruolò agenti segreti nazisti (inclusi alcuni criminali di guerra) nell’ambito della nuova guerra in atto: la “Guerra fredda” dell’Occidente contro il blocco comunista-sovietico. Tra i tanti temi possibili, Barcelli affronta qui un aspetto curioso della vicenda da lui ricostruita e cioè come “l’organizzazione Gehlen” (dal generale tedesco a capo dello spionaggio di Hitler e passato agli Usa) si dedicò alla caccia di una inesistente rete di spionaggio comunista. Reinhard Gehlen, il generale della Wehrmacht responsabile durante la Seconda Guerra Mondiale del Fremde Heere Ost (FHO), una branca specializzata di intelligence dello Stato Maggiore dell’esercito tedesco operante sul fronte orientale, nel dopoguerra fu scelto e finanziato dagli Stati Uniti, che ne fecero un baluardo per contenere e contrastare la minaccia comunista proveniente dall’Unione Sovietica e dai suoi stati satellite.

La rete spionistica clandestina dell’Organizzazione Gehlen, che agiva in nome e per conto del Counter Intelligence Corps (CIC) e poi della Central Intelligence Agency (CIA), divenne nel 1956 il Bundesnachrichtendienst (BND), il servizio informazioni della Repubblica Federale Tedesca. L’organizzazione Gehlen, insieme al personale della Gestapo e di altre autorità naziste, come sostiene lo storico Gerhard Sälter dell’Università Philipps di Marburg, ebbe un ruolo fondamentale nel far rinascere l’immagine nemica riconducibile in qualche modo a una nuova Rote Kapelle (Orchestra Rossa), una rete di spionaggio comunista all’epoca inesistente, tenendola in vita fino agli anni Sessanta del secolo scorso. La caccia ai vecchi avversari ancora in vita, i membri e simpatizzanti sopravvissuti dell’Orchestra Rossa, usciti dalle prigioni o tornati dai campi di concentramento se non dall’esilio, servì insomma per legittimare ancora una volta il ruolo dei gerarchi nazisti, garantendo la loro sopravvivenza istituzionale, e nello stesso tempo escludere dalla vita pubblica tedesca gli oppositori, alimentando la paura di possibili infiltrazioni comuniste nell’apparato democratico. Gehlen assunse allo scopo l’ufficiale delle SS Heinrich Josef Reiser, proprio colui che tra il 1942 e il 1943 aveva diretto le indagini sull’Orchestra Rossa a Parigi. A sua volta, Reiser, considerato un esperto in materia, dopo aver ristabilito i tanti contatti che aveva con i membri della Gestapo, dell’SD e della Polizia segreta da campo, ne fece assumere molti elementi nell’organizzazione: tra questi l’ex capitano del controspionaggio Harry Piepe, l’impiegato della Gestapo Rolf Richter e l’informatore della Gestapo Walter Klein. Ma evidentemente Gehlen non era ancora soddisfatto, e nell’autunno del 1951 accolse nel suo gruppo di lavoro anche Manfred Roeder, già consigliere della Corte suprema marziale del Reich, che da pubblico ministero aveva sostenuto le accuse nel processo contro il gruppo di resistenza berlinese del tenente colonnello della Luftwaffe Heinz Harro Schulze-Boysen, anche se questo non c’entrava nulla con l’Orchestra Rossa. I gruppi arbitrariamente inseriti dai tedeschi nella cosiddetta Rote Kapelle (Orchestra Rossa), pur essendo tutti al servizio dei sovietici del GRU e dell’NKVD, erano ben distinti tra loro e solo la negligenza nei metodi spionistici ed emergenze operative fecero sì che si intrecciassero. Nonostante la loro progressiva disarticolazione, gli informatori rimasero per lo più sconosciuti. La rete spionistica del giornalista Leopold Trepper, un’agente dell’intelligence militare sovietica (GRU) che reclutava agenti e realizzava cellule clandestine di spionaggio in Europa, trasmetteva informazioni ai sovietici mediante operatori dislocati in Belgio e in Francia.

Il gruppo svizzero del cartografo Sándor Radó (nome in codice “Dora”, l’anagramma del suo cognome), neutralizzato nell’autunno del 1943 dalla Polizia Federale svizzera, trasmetteva a Mosca informazioni militari dettagliate delle operazioni pianificate sul fronte orientale, tramite l’anello di congiunzione berlinese denominato “Lucy”, gestito dall’editore Rudolf Roessler, una spia che da Lucerna operava in questa specifica rete. Nonostante le tante supposizioni avanzate, non si è mai saputo per certo da dove provenissero queste informazioni.

Rudolf Roeder, una spia che da Lucerna operava nella rete capitanata da Radó, alla fine della guerra aveva già collaborato anche con il Counter Intelligence Corps, e per questo il procedimento per crimini contro l’umanità nei suoi confronti, fu infine archiviato nel novembre 1951. L’operazione Crosshairs, il nome in codice scelto dell’Organizzazione Gehlen per la ricerca di migliaia di comunisti che all’epoca avrebbero continuato a cospirare nell’ombra in Germania Ovest (come sosteneva anche Roeder), assunse caratteristiche grottesche, come risulta dai dettagli spesso del tutto superficiali annotati nei dossier dei sospettati, tra cui comparvero anche nomi illustri: il membro della CSU Josef Müller, il segretario di Stato presso la Cancelleria federale Otto Lenz e il ministro federale Jakob Kaiser.9

In fondo, tutta questa montatura orchestrata da Gehlen, era proprio ciò di cui necessitavano e volevano credere le agenzie di intelligence (americana, britannica e francese), cioè una rete di spionaggio sovietica nascosta che continuava a lavorare contro di loro, capace di infiltrarsi nelle istituzioni come quinta colonna, allo scopo di preparare imminenti rovesciamenti antidemocratici anche nella Repubblica Federale Tedesca.

Casalino Pierluigi 



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domenica 5 gennaio 2025

Casalino Pierluigi

 



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giovedì 2 gennaio 2025

Il grande gioco dell' Orchestra Rossa

 



Leopold Trepper

Il grande gioco dell’orchestra rossa

Le memorie del capo dei servizi segreti sovietici

Leopold Trepper, ebreo di umili origini, è passato alla storia per essere stato il capo dell’Orchestra Rossa, una delle più importanti reti di spionaggio sovietico della Seconda guerra mondiale. Militante dei movimenti operai, Trepper fu arrestato dai nazisti a Parigi, dove rimase in carcere per un anno, periodo durante il quale finse di collaborare con i tedeschi per trasmettere importanti informazioni a Mosca. Dopo una rocambolesca fuga dalla Francia si nascose fino al termine del conflitto per poi far rientro in Unione Sovietica, dove conobbe nuovamente l’esperienza del carcere per oltre dieci anni. Il grande gioco dell’Orchestra Rossa ripercorre uno dei più incredibili intrecci di spionaggio della Seconda guerra mondiale dalla prospettiva del suo principale artefice. Leopold Trepper (Nowy Targ 1904 - Gerusalemme 1982), giornalista e militante comunista polacco. Divenuto responsabile del reclutamento degli agenti e della creazione di una fitta rete di spionaggio sovietico in Europa, già all’inizio del secondo conflitto mondiale aveva dato vita a un’organizzazione diffusa capillarmente, nota alla Gestapo come Orchestra Rossa.

Casalino Pierluigi 


Le spie naziste degli USA

 




È in libreria il saggio «Le spie naziste degli Stati Uniti» (Edizioni Idrovolante, pp. 238, € 17,00) scritto da Simone Barcelli, collaboratore di «Storia In Rete». Si tratta di una attenta inchiesta su come Washington già nell’immediato dopoguerra arruolò agenti segreti nazisti (inclusi alcuni criminali di guerra) nell’ambito della nuova guerra in atto: la “Guerra fredda” dell’Occidente contro il blocco comunista-sovietico. Tra i tanti temi possibili, Barcelli affronta qui un aspetto curioso della vicenda da lui ricostruita e cioè come “l’organizzazione Gehlen” (dal generale tedesco a capo dello spionaggio di Hitler e passato agli Usa) si dedicò alla caccia di una inesistente rete di spionaggio comunista. Reinhard Gehlen, il generale della Wehrmacht responsabile durante la Seconda Guerra Mondiale del Fremde Heere Ost (FHO), una branca specializzata di intelligence dello Stato Maggiore dell’esercito tedesco operante sul fronte orientale, nel dopoguerra fu scelto e finanziato dagli Stati Uniti, che ne fecero un baluardo per contenere e contrastare la minaccia comunista proveniente dall’Unione Sovietica e dai suoi stati satellite.

La rete spionistica clandestina dell’Organizzazione Gehlen, che agiva in nome e per conto del Counter Intelligence Corps (CIC) e poi della Central Intelligence Agency (CIA), divenne nel 1956 il Bundesnachrichtendienst (BND), il servizio informazioni della Repubblica Federale Tedesca. L’organizzazione Gehlen, insieme al personale della Gestapo e di altre autorità naziste, come sostiene lo storico Gerhard Sälter dell’Università Philipps di Marburg, ebbe un ruolo fondamentale nel far rinascere l’immagine nemica riconducibile in qualche modo a una nuova Rote Kapelle (Orchestra Rossa), una rete di spionaggio comunista all’epoca inesistente, tenendola in vita fino agli anni Sessanta del secolo scorso. La caccia ai vecchi avversari ancora in vita, i membri e simpatizzanti sopravvissuti dell’Orchestra Rossa, usciti dalle prigioni o tornati dai campi di concentramento se non dall’esilio, servì insomma per legittimare ancora una volta il ruolo dei gerarchi nazisti, garantendo la loro sopravvivenza istituzionale, e nello stesso tempo escludere dalla vita pubblica tedesca gli oppositori, alimentando la paura di possibili infiltrazioni comuniste nell’apparato democratico. Gehlen assunse allo scopo l’ufficiale delle SS Heinrich Josef Reiser, proprio colui che tra il 1942 e il 1943 aveva diretto le indagini sull’Orchestra Rossa a Parigi. A sua volta, Reiser, considerato un esperto in materia, dopo aver ristabilito i tanti contatti che aveva con i membri della Gestapo, dell’SD e della Polizia segreta da campo, ne fece assumere molti elementi nell’organizzazione: tra questi l’ex capitano del controspionaggio Harry Piepe, l’impiegato della Gestapo Rolf Richter e l’informatore della Gestapo Walter Klein. Ma evidentemente Gehlen non era ancora soddisfatto, e nell’autunno del 1951 accolse nel suo gruppo di lavoro anche Manfred Roeder, già consigliere della Corte suprema marziale del Reich, che da pubblico ministero aveva sostenuto le accuse nel processo contro il gruppo di resistenza berlinese del tenente colonnello della Luftwaffe Heinz Harro Schulze-Boysen, anche se questo non c’entrava nulla con l’Orchestra Rossa. I gruppi arbitrariamente inseriti dai tedeschi nella cosiddetta Rote Kapelle (Orchestra Rossa), pur essendo tutti al servizio dei sovietici del GRU e dell’NKVD, erano ben distinti tra loro e solo la negligenza nei metodi spionistici ed emergenze operative fecero sì che si intrecciassero. Nonostante la loro progressiva disarticolazione, gli informatori rimasero per lo più sconosciuti. La rete spionistica del giornalista Leopold Trepper, un’agente dell’intelligence militare sovietica (GRU) che reclutava agenti e realizzava cellule clandestine di spionaggio in Europa, trasmetteva informazioni ai sovietici mediante operatori dislocati in Belgio e in Francia.

Il gruppo svizzero del cartografo Sándor Radó (nome in codice “Dora”, l’anagramma del suo cognome), neutralizzato nell’autunno del 1943 dalla Polizia Federale svizzera, trasmetteva a Mosca informazioni militari dettagliate delle operazioni pianificate sul fronte orientale, tramite l’anello di congiunzione berlinese denominato “Lucy”, gestito dall’editore Rudolf Roessler, una spia che da Lucerna operava in questa specifica rete. Nonostante le tante supposizioni avanzate, non si è mai saputo per certo da dove provenissero queste informazioni.

Rudolf Roeder, una spia che da Lucerna operava nella rete capitanata da Radó, alla fine della guerra aveva già collaborato anche con il Counter Intelligence Corps, e per questo il procedimento per crimini contro l’umanità nei suoi confronti, fu infine archiviato nel novembre 1951. L’operazione Crosshairs, il nome in codice scelto dell’Organizzazione Gehlen per la ricerca di migliaia di comunisti che all’epoca avrebbero continuato a cospirare nell’ombra in Germania Ovest (come sosteneva anche Roeder), assunse caratteristiche grottesche, come risulta dai dettagli spesso del tutto superficiali annotati nei dossier dei sospettati, tra cui comparvero anche nomi illustri: il membro della CSU Josef Müller, il segretario di Stato presso la Cancelleria federale Otto Lenz e il ministro federale Jakob Kaiser.9

In fondo, tutta questa montatura orchestrata da Gehlen, era proprio ciò di cui necessitavano e volevano credere le agenzie di intelligence (americana, britannica e francese), cioè una rete di spionaggio sovietica nascosta che continuava a lavorare contro di loro, capace di infiltrarsi nelle istituzioni come quinta colonna, allo scopo di preparare imminenti rovesciamenti antidemocratici anche nella Repubblica Federale Tedesca.

Casalino Pierluigi 


mercoledì 1 gennaio 2025

Guerre ibride russe nel Ponente ligure

 


La scoperta delle spie del KGB che lavoravano nel cuore del  controspionaggio dei Paesi occidentali, il nostro compreso, conferma comunque quanto già era emerso negli anni precedenti la venuta a galla  del caso Mitrokhine. Un successivo e più approfondito esame dei documenti raccolti al momento della scoperta delle attività spionistiche russe rilancia ancora in ogni caso il pericolo più che attuale che comportano le guerre ibride e di disinformazione del Cremlino in Occidente, complici gli altri Stati totalitari e quei movimenti che in qualche modo fanno da cassa di risonanza presso una certa opinione pubblica superficiale, sprovveduta e incline a scelte anti occidentale non meditate. Il quotidiano francese Le Monde ha ripreso di recente l' argomento per ricordare i tentativi del KGB di infiltrarsi nell'intelligence transalpina e nei suoi segmenti attivi all'estero, oltre che in settori nevralgici delle istituzioni e della sicurezza di Parigi. Non ultime le operazioni dei servizi sovietici in Liguria dove il controspionaggio francese seguiva insieme al nostro le manovre del KGB tra La Spezia e Ventimiglia, con particolare riferimento ad Andora, Alassio, Imperia e Sanremo. Circostanza questa che rinvia alle presenti e mal celate iniziative russe rese più incisive durante il conflitto ucraino; iniziative che si sviluppano con diverse strategie di contrasto e di sabotaggio, in vista di non improbabili attacchi o invasioni militari o di eliminazione fisica di soggetti apertamente critici del Cremlino. Alla caduta dell'Urss anche qui da noi nel Ponente ligure furono svelate reti spionistiche russe ben organizzate grazie al supporto dei documenti Mitrokhine. Tuttavia non risulto' nulla di più di quanto già non fosse nel mirino dei nostri servizi e di quelli alleati. Ciò nondimeno l'invadenza russa di oggi, che muove dal piano Sputnik, avviato agli inizi degli anni 2000 nelle stanze del Cremlino, pone l'accento sulla sofisticata organizzazione dello spionaggio russo che il professore Varese, in un suo fortunato libro del 2022, pubblicato ad Oxford e anche da noi per i tipi di Einaudi, ha definito frutto di un sistema criminale. La nostra provincia, che è sempre stata l'epicentro, con la Costa Azzurra, dello spionaggio mondiale, non è certo immune quindi da propagande e da altre attività che puntano a disorientare e a ribaltare quel senso di difesa delle nostre libertà a favore di idee che ben si sposano con il sistema dispotico russo. Qualche anno fa i servizi segreti svizzeri, del resto, hanno pubblicato in proposito atti che rendevano note le trame prima sovietiche e poi russe dalle nostre parti pure in tempi non sospetti. Trame ben radicate in zona fin dall'epoca zarista e consolidate dopo il 1917 fino ad espandersi dopo il 1945 e rafforzate negli ultimi decenni sotto il nuovo corso russo.

Casalino Pierluigi