lunedì 19 gennaio 2015

DANTE TRA ISLAM E MEDIOEVO

Affrontiamo di nuovo un tema controverso ed affascinante, quello del confronto tra Dante e l'Islam, rilanciato di recente da Maria Corti e da Luciano Gargan con testimonianze di grande attendibilità scientifica. In altri termini la questione delle fonti islamiche della Divina Commedia, su cui non sono mancati interventi anche da parte di chi scrive e non solo sul web. Una nuova traduzione, ma ce ne sono altre e non soltanto in lingua italiana, per i tipi della NUE di Einaudi del "Viaggio Notturno" di Maometto ripropone considerazioni e riflessioni su un argomento che non cessa di appassionare la critica dantesca (anche la Bologna avicenniana fu ponte verso Dante di idee arabo-islamiche). A poco meno di un secolo da quando lo spagnolo Asìn Palacios, sacerdote cattolico e arabista, publicò per la prima volta un rivoluzionario testo di analisi delle fonti islamiche della Commedia. "La escatologia musulmana en la Divina Comedia", il dibattito è sempre più aperto ed interessante,se pur ormai avviato a sicure certezze. Trent'anni dopo la pubblicazione del libro di Palcios, nel  1949, veniva alla luce dai fondi della Biblioteca Vaticana, a cura dello studioso italiano Enzo Cerulli, un testo arabo nella versione latina perfezionata nel XIII secolo su impulso di Alfonso il Savio di Castiglia, intitolato "Liber Scalae", nel quale viene ripreso il racconto del "mi'rag", la misteriosa ascensione notturna del Profeta Maometto. La narrazione, elegante e ricca di tensione spirituale, mostra sorprendenti analogie con l'opera dantesca. Non è infatti improbabile che Dante abbia conosciuto il Liber Scalae (anzi ne attinse dall'archivio di un domenicano bolognese, secondo Luciano Gargan, 2015), tramite soprattutto il suo maestro Brunetto Latini, che aveva trascorso un lungo periodo presso la corte dello stesso Alfonso. All'allievo non poteva sfuggire questo aspetto della cultura islamica, data la sua famigliarità con autori arabi di grande spessore e notorietà, in particolare Ibn Rushd (l'Averroè latino), che colloca al Limbo, salvandoli dal'Inferno, per rispetto nei confronti della loro grande autorità e universalità di pensiero. Contrariamente a Maometto, che Dante precipita all'Inferno come eretico cristiano, per aver procurato disordine nella comunità dei credenti. Del resto il Cerulli prima e Maria Corti poi e da ultimo lo stesso Gargan, dimostrarono con attento lavoro la diffusione del Liber Scalae in tutto il mondo occidentale. In Italia si ricordano, tra gli altri, Ricoldò da Montecroce e il celebre Fazio degli Uberti, che, peraltro, si rifacevano a fonti ancor più anteriori dello stesso testo esoterico islamico. Un capitolo importante di tale diffusione resta, comunque, quello attinente i testi minori musulmani relativi ai viaggi nel regno dei morti, tra i quali si distingue lo studio compiuto al riguardo di Goffredo di Viterbo (1186) sulla vita di Maometto. Sensazionali sono i raffronti con Dante. Il Cerulli colma, in proposito, alcune lacune del Palacios e aggiunge nuovi spunti sulle analogie tra l'opera del Sommo Poeta e le costruzioni escatologiche musulmane. Le tre voci che ostacolano il viaggio di Maometto vengono paragonate alle tre fiere che precludono il cammino a Dante nel suo itinerario purificatore. Dante è un autore canonico del pensiero occidentale e in esso è saldamente incardinato, come si è detto, ma la statura del Fiorentino èp così elevata e versatile da assumere caratteristiche non sempre ortodosse. In questo contesto gioca la portata delle fonti di Dante, che sono molteplici e che non possono essere sottovalutate. La circostanza viene ormai riconosciuta più a tributo della grandezza di Dante che non a sua limitazione. Un contributo vivente all'esplorazione della straordinaria composizione dantesca, qual'è la Divina Commedia, che resta una base non solo della nostra cultura, ma anche dell'umanità intera. Un contributo che apre nuovi orizzonti e si pone al confine tra le culture delle due sponde del Mediterraneo, con lo scopo di favorire lo scambio delle idee e il dialogo tra popoli diversi, ma non necessariamente separati. Si pitrebbe concludere con le parole di Ibn 'Arabi, pronunciate e scritte intorno al 1230 - prova dell'universalità e dell'intreccio delle culture-: "Il mio cuore può prendere qualunque forma. E' un prato per gazzelle e un convento per monaci cristiani. Un tempio per idoli, e per la Ka'ba dei pellegrini, e per le Tavole della Torah, e per il titolo del Corano. Segue la religione d'amore qualunque sia la direzione dei cammelli del mio amore, lì stanno la mia religione e la fede".
Casalino Pierluigi, 19.01.2015

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