martedì 18 novembre 2014

OMAR KHAYYAM

Omar Khayyam non fu certo l'unico spirito trasgressivo nella storia della cultura islamica. Abu Nuwas, cantore della bellezza e amante della bella vita, al pari di lui e come lui persiano di nascita, ne anticipò le sensazioni, pur con diverse sfumature. L'estetica passionale e mistico-visionaria, mista ad avidità di sentimenti e ad ebbrezza vitalistica, quasi dionisiaca, furono aspetti comuni ai due poeti. Anche il sufi Ibn Rumi (il "romano" come veniva chiamato in omaggio all'eredità bizantino-romana, ripresa dalla cultura ottomana) ne echeggiò le ansie , se pur nella ricerca delle vette dell'amore divino, attraverso l'amore umano. Omar fu principalmente astronomo e matematico e scrisse il suo nome nella storia dell'algebra, tra l'invenzione di funzioni algoritmiche e e le riforme del calendario lunare musulmano. Omar Khayyam è tuttavia ricordato più per l'arte creativa delle su quartine (rubayat), che per le intuizioni euclidee e gli studi sulle equazioni. In Occidente la fortuna, in particolare, alla traduzione in inglese dei suoi poemi ad opera di Fitzgerald nel 1859 e al successivo diffondersi dei clubs Omar Khayyam. Anticonformista e stravagante, Omar, figlio di un fabbricante di tende, come recita il nome, amava le rose, il vino e i volti graziosi delle ragazze, che paragonava allo splendore Scettico in filosofia e in religione, fu di vocazione laica. Era amico di Ibn Sina (Avicenna), il San Tommaso d'Aquino dell'Islam, ma non ne condivise le tesi. Omar, infatti, da non credente diffidava delle costruzioni metafisiche e sorrideva sull'aldilà dell'uomo. Il destino era per lui incerto e spesso cinico, richiamando in tal modo le considerazioni di Protagora, di Orazio e di Lucrezio e anticipando il pessimismo di Giacomo Leopardi. L'elevato lirismo delle sue composizioni lasciano trasparire il senso di ribellione nei confronti del destino umano, in una concezione volontaristica di affermazione dei sensi e degli slanci irrazionali. Rivive in lui lo spirito dell'antica cultura avestica preislamica, pervasa dal mito del fuoco e immersa nei labirinti della mente, immagine profonda dei giardini del'anima e del corpo. La lezione della libertà di pensiero e di coscienza sulla via della ricerca del vero. Un'eredità attuale, ma anche un auspicio di riscatto della ragione di fronte all'odierna deriva oscurantista del suo Paese.
Casalino Pierluigi, 18.11.2014

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