domenica 19 luglio 2020

La guerra di Pornassio.


Dal 1663 Carlo Emanuele II era sul trono del Ducato di Savoia e mirava, nel solco delle aspirazioni del padre e del nonno, ad ampliare i possedimenti sabaudo-piemontesi della Riviera di Ponente e ad impadronirsi di Savona. Queste mire espansionistiche lo portarono nel 1672 ad ordire una congiura a Genova e progettare l'aggressione a Savona e alla stessa Superba. Come al tempo di Emanuele I per Zuccarello, il casus belli fu l'agognato possesso della piccola località di Pornassio, la quale impediva che il sale venisse trasportato direttamente da Oneglia sabauda in Piemonte, per seguire, invece, la strada da Nizza per il Colle di Tenda. La congiura dell'avventuriero Raffaele Dalla Torre fallì, ma il conflitto scoppiò egualmente. Dapprima le milizie corse, comandate da Pier Paolo Ristori, operando su tutto l'arco delle Alpi Marittime e dell'Apennino ligure, occuparono l'ambita Oneglia; ma poi intervenne una tregua per avviare trattative tra le due parti, secondo la volontà del Papa e del re Sole. Quando il negoziato fallì, proprio per il contesto possesso di Oneglia, le truppe piemontesi passarono subito all'azione, occupando Ovada e Rossiglione e minacciando direttamente Genova. Alla ripresa delle trattative la Francia intervenne con una squadra navale nelle acque di Alassio, decidendo a favore di Carlo Emanuele II. Con il lodo di San Germano (Parigi) del 13 gennaio 1673, pronunciato da Luigi XIV, veniva ristabilito lo status quo, per cui Oneglia ritornava ai Savoia, che occupava anche Pornassio. L'avversione della Francia verso Genova si era manifestata nella prima metà del secolo; ma dopo i fatti di Costantinopoli e la piccola guerra di Pornassio si chiarì anche l'intenzione di umiliare la Repubblica ligure e di volerle usurpare, oltre la Corsica, anche i possessi delle Riviere e dell'Oltregiogo per poi soffocare la sua libertà. Da quando, del resto, i provvedimenti di ripresa economica di Genova, assunti già nel 1595, creando un porto franco in concorrenza alla francese Marsiglia, alle sabaude Nizza e Villafranca, e a Livorno, oltre a riannodare i contatti con il Turco, Parigi aveva promosso una dura politica anti ligure. Se la Francia, infatti, aveva quasi sempre avversato la politica filospagnola di Genova, le fortunate relazioni genovesi con la Porta erano decisamente osteggiate. E ciò perché Parigi riteneva un suo unico privilegio commerciare con il Levante turco. Le mire francesi verso la Liguria di Ponente restavano intatte e l'incorporare la Liguria fino a Savona e oltre rappresentava un'ambizione inestinguibile da parte francese. La Francia riteneva quasi un diritto non scritto, ma di fatto, impadronirsi del territorio ligure. Non potendo ancora pretendere direttamente l'area nizzarda, saldamente in mano sabauda, i desideri francesi si appoggiavano sulla linea a nord di Dolceacqua e su quella lombardo piemontese. Dopo la pace di Nimega del 1679, i francesi accentuarono la loro condotta antigenovese, fomentati dai fuorusciti genovesi legati a Sinibaldo Fieschi. La vendita di munizioni di guerra genovesi al Bey di Algeri e l'azione spregiudicata dello spionaggio francese a Genova e in Liguria portarono ad eventi bellici quali il bombardamento francese di Sanremo e l'isolamento diplomatico della Repubblica Genovese. Inizio, questo, di un processo che porterà alla fine dell'esperienza indipendente ligure alla fine del XVIII secolo.
Casalino Pierluigi.


martedì 14 luglio 2020

Il Futurismo ha ancora un futuro.

Nato con un manifesto, quello di "fondazione" di F.T. Marinetti pubblicato il 20 febbraio 1909 su "Le Figaro", il Futurismo seppe generare per oltre trent'anni straordinari e dirompenti capolavori in ogni angolo della creatività, senza mai smentirsi, né perdere la rotta. Se ciò accade, fu anche grazie alla sequenza ininterrotta dei manifesti teorici stilati dai suoi artisti che, dopo la poesia (Marinetti, nel primo, parlava appunto ai poeti) investirono la pittura, la scultura, la musica, il teatro fino a puntare alla quotidianità quando, nel 1915, con "Ricostruzioni futurista dell'universo", Giacomo Balla e Firtunato Depero presero a spargerne i semi sulle arti decorative, la moda, la grafica, la pubblicità. Scritti dagli stessi futuristi, ma sempre revisionati dal demiurgo e profeta Marinetti, garante dell'ortodossia, questi teorici attraversarono come una spina dorsale l'intero movimento, dal 1910, quando cinque giovani artisti geniali e ribelli (Boccioni, Carra', Russolo, Balla, Severini, i "padri fondatori" del Futurismo in pittura) firmano il "Manifesto dei pittori futuristi" e "La pittura futurista.Manifesto tecnico", fino agli anni '40. Ed è proprio per tale ragione che si sono succedute dal 2009, anno del centenario del Manifesto di Marineti, occasioni futuriste che hanno continuato a celebrare una felice, democratica specificità dei nostri avanguardisti, in particolare dei cinque "futuri futuristi", tutti formati nella cultura pittorica del divisionismo (tanto da scrivere poi nel 1910,che non può esistere pittura senza divisionismo). Se ne allontaneranno presto però, subito dopo i viaggi a Parigi del 1911 e 1912, quando assegneranno alla loro pittura una nuova volumetria, appresa si' dai cubisti, ma da loro trasfigurata grazie ad un dinamismo e ad una intensità cromatica del tutto ignoti ai francesi. Va ricordato il confronto tra i dipinti del 1910-11 e quelli, ben più plastici, successivi al 1912, l'anno in cui Boccioni stilerà anche il già citato "Manifesto tecnico della cultura futurista". Il percorso creativo proseguirà con "L'architettura futurista" del geniale Sant'Elia, morto in guerra nel 1916, i cui lavori testimoniano una visionarietà prodigiosa che, se applicata, avrebbe risolto gran parte dei problemi di mobilità delle nostre metropoli. Già nel 1914, infatti, il giovane architetto teorizzava una città con livelli stradali diversi per pedoni, ciclisti, auto, tram, collegati tra loro da ascensori e tapis roulant. Dello stesso 1914, quando l'Europa era già in guerra, è il manifesto Sintesi fururista della guerra, scritto in carcere da Marinetti, Biccioni Carra', Russolo e Piatti, arrestati per una manifestazione contro l'Austria e la Germania. E se è vero che oggi l'interventismo appare come un aspetto  poco lodevole del loro pensiero, va tenuto presente che molti di loro pagarono di persona, arruolandosi volontari in guerra (e alcuni, come Sant'Elia e Boccioni, persero la vita, mentre altri, come Balla, ma non solo lui, crearono dipinti di incredibile potenza, segnati da un patriottismo ancora post risorgimentale). Non mancarono le "Parole in libertà", teorizzare da Marinetti in alcuni manifesti usciti tra il 1911 e il 1912, e anche nel 1914. Tale forma di poesia rivoluzionaria, "prelogica", svincolata dalle leggi della sintassi, non solo rappresenta una delle novità più sconvolgenti del Futurismo, ma rinchiude in sé una evidente dimensione pittorica, che fu notata subito da Antonio Gramsci. Della volontà di questo scintillante gruppo di intellettuali a tutto campo e della loro volontà di saldare arte e vita sono testimoni le sorprendenti opere realizzate da Balla e Depero: seguendo i precetti del loro manifesto "Ricostruzione futurista dell'universo",1915,  in cui i due, oltre ad "impollinare" di futurismo l'intero orizzonte quotidiano, imprimono al loro linguaggio una decisa virata verso l'astrazione geometrica, aprirono la strada alla stagione dell'Arte meccanica. Il manifesto relativo, 1922, trova voce in negli stupendi lavori degli anni '20 di Balla e Depero e in quelli dei tre firmatari del manifesto, Prampolini, Pannaggi e Paladini, tutti impegnati ad officiare alla Macchina (scritto proprio con la M maiuscola e alla velocità), ispiratrice di dipinti come ritagliati in lastre di metallo e abitati da una umanità robotizzato. E infine, negli anni '30, ecco le immagini mirabolanti dell'Aeropittura, con le quali alcuni di loro celebrano lo sguardo dall'alto regalato dalle nuove "macchine volanti", (anticipate dall'antico Luciano di Samosata e, da ultimo, anche da Jules Verne), mentre altri evocano la fascinazione esercitata sull'uomo dai mostri del cosmo: una fascinazione anticipatrice del volo umano nello spazio interplanetario e della esplorazione di quello interstellare. Circostanza verificatasi nella seconda metà del XX secolo e ancora in corso. Trent'anni di opere suggestive, quelle di questi entusiasti profeti del futuro, dunque, che potrebbero apparire solo come invenzioni brillanti e curiose, ma che sono una vera e propria trascrizione di un sistema di pensiero e soprattutto di una visione del futuro che si è affermata nei fatti sotto la spinta di un ottimismo che deve saper vincere anche le tragiche battute d'arresto di questi nostri giorni, segnati da preoccupanti black out del genio creativo dell'uomo. Per tale ragione, quindi, il Futurismo ha ancora un futuro, anzi il Futurismo è il futuro.
Casalino Pierluigi


giovedì 9 luglio 2020

Ricordo di Emilia Ferrari ovvero il tema della morte e degli addii.

L'esperienza culturale di Imperia New Magazine si interrompeva poco più di tre anni fa con la scomparsa inattesa di Emilia Ferrari. Un'esistenza già completa e toccante, quella della Ferrari, che della sua fortunata rivista faceva il perno di una sensibilità e di una vivacità aperta, ricca di spunti curiosi e pronti al confronto delle idee. Viene in mente il verso di Quasimodo "Ah, gentile morte, non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro..." La morte di Emilia Ferrari ha segnato invece, purtroppo, la fine definitiva dell'intellettuale imperiese e contemporaneamente anche della feconda e molteplice iniziativa culturale ed editoriale a lei legata. Un tempo molte pratiche rituali- dai rythes de passage ai riti funebri- erano destinate a guidare collettivamente i momenti di congedo, quelli in cui il conflitto tra ciò che sta morendo e ciò che ancora non è emerso è più aspro e più evidente. Nelle culture moderne questi attraversamenti, al contrario, si compiono soprattutto da soli: ma nell'uno e nell"altro caso normalmente l'attaccamento al passato si attenua a poco a poco, e la vita riprende, colmando i vuoti con nuovi compiti e nuove presenze. Cosi, mentre prima sembrava che il domani non sarebbe mai venuto, poi quando il domani finalmente viene, sembra impossibile aver sofferto e resistito così tanto. Perciò, al di fuori della patologia, pensiamo al lutto come a un lavoro psichico che inizia, si sviluppa e di conclude. E' avvenuto in questo modo anche con la Ferrari. E ce ne rammarichiamo tutti comunque. Nel pavimento della Chiesa di Santa Brigida, a Roma, c'è un lastra tombale del Trecento. Il sorriso del monaco, ivi sepolto e ritratto, e i panneggi della sua veste non sono stati ancora cancellati dalle migliaia di passi dei fedeli; l'iscrizione si legge ancora bene: "Memento mei", ricordati di me. Il morto ha una data e un nome, ma non c'è mito su di lui, né storia, né descrizioni di virtù e di fatti. Nulla di questo monaco defunto ha nutrito gli splendori e le grandezze un suo Doppio immortale. "Memento mei": solo un uomo che parla ad un uomo, solo due sconosciuti a cavallo del tempo che trascorre. Da sei secoli, due sconosciuti si avvicendano in accoppiamenti mutevoli e  . E ogni volta che qualcuno entra nella penombra della chiesa, si rinnova il segreto di un "me stesso", che come con tenerezza e con pietà per la morte sorride a un altro "me" che, calpestando, si è soffermato a guardare. Della morte e degli addii di Emilia Ferrari sono rimasti solo questi sentimenti che si colgono sulla pietra tombale di Santa Brigida. Una nostalgia che si ferma, un lutto che inizia, si ferma e si conclude. Addio, Emilia, addio. Nulla però è più lontano da te, però, e il distacco dalla tua memoria non c'è ancora, nonostante che sia abbia voluto lasciarti nell'oblio o in uno sfumato ricordo. Ogni volta, presto o tardi, però cose e persone si sciolgono come le ombre del mitico Ade, e nel vuoto che esse hanno dischiuso traspare la trascendenza indicibile di una meta più autentica. E ritornano a vivere non solo (e non più) nel puro ricordo, ma nel rinnovare un messaggio che senbrava smarrito. Una meta che ancora Emilia Ferrari ci indica. Per lei, ma soprattutto per noi.
Casalino Pierluigi.

lunedì 6 luglio 2020

Analogie tra l'Aldilà di Dante ed alcune visioni ultramondane orientali.

Sulle possibili influenze dell'escatologica islamica sulla Divina Commedia di Dante si è avuto modo di intrattenersi sul web anche da parte di chi scrive. Autorevoli dantisti si sono misurati su una realtà che con il tempo si è rivelata di grande interesse scientifico. Già prima del 1919, data della rivoluzionaria tesi di Asin Palacios, si erano affacciate ipotesi di analogie tra l'Aldilà dantesco ed rappresentazioni escatologiche orientali. Tuttavia fu proprio con il dantista spagnolo che la questione delle fonti orientali della Commedia balzò alla ribalta degli studi di letteratura comparata orientale ed occidentale.  Negli ultimi decenni un passo in avanti notevole in tale ricerca ha portato a straordinarii risultati. Risultati che rientrano  in un filone di scoperte che ha confermato la validità della tesi del Palacios. Maria Corti e Luciano Gargan, tra gli italiani, ed altri, tra gli stranieri, hanno, anzi, aperto nuove vie inesplorate su un problema certamente affascinante. 
Casalino Pierluigi.

venerdì 3 luglio 2020

Peste nera e Coronavirus

La Peste Nera del 1348 devastò l'Europa e il mondo circostante non solo con la falcidia di vite umane, ma soprattutto prostrandone l'economia. Per venire a capo di ciò gli stati adottarono certamente politiche fiscali straordinarie, ma soprattutto misure espansive al fine di rilanciare tutti i settori colpiti dagli effetti del morbo. Da tale impegno discese una positiva stagione che rinnovò i settori produttivi e commerciali del Vecchio Continente. Con il XIV secolo, infatti, prese l'avvio una nuova stagione economica che porterà alla trasformazione del tessuto socio produttivo in vista una vera e propria rivoluzione industriale ante litteram. Nulla quindi che avesse a che fare con la sciagurata politica di austerità che l'odierna Europa comunitaria continua a privilegiare con notevoli danni al pubblico e al privato. 
Casalino Pierluigi.

giovedì 2 luglio 2020

Husain's horse on the Karbala battlefield.

Husain's helmet is on the saddle and his shield and sword hang at the horse's side. The river Euphrates (al-Furat) flows behind, and on the banks are the rival encampments of Hashemites and Umayyads.
Casalino Pierluigi