Dal 1663 Carlo Emanuele II era sul trono del Ducato di Savoia e mirava, nel solco delle aspirazioni del padre e del nonno, ad ampliare i possedimenti sabaudo-piemontesi della Riviera di Ponente e ad impadronirsi di Savona. Queste mire espansionistiche lo portarono nel 1672 ad ordire una congiura a Genova e progettare l'aggressione a Savona e alla stessa Superba. Come al tempo di Emanuele I per Zuccarello, il casus belli fu l'agognato possesso della piccola località di Pornassio, la quale impediva che il sale venisse trasportato direttamente da Oneglia sabauda in Piemonte, per seguire, invece, la strada da Nizza per il Colle di Tenda. La congiura dell'avventuriero Raffaele Dalla Torre fallì, ma il conflitto scoppiò egualmente. Dapprima le milizie corse, comandate da Pier Paolo Ristori, operando su tutto l'arco delle Alpi Marittime e dell'Apennino ligure, occuparono l'ambita Oneglia; ma poi intervenne una tregua per avviare trattative tra le due parti, secondo la volontà del Papa e del re Sole. Quando il negoziato fallì, proprio per il contesto possesso di Oneglia, le truppe piemontesi passarono subito all'azione, occupando Ovada e Rossiglione e minacciando direttamente Genova. Alla ripresa delle trattative la Francia intervenne con una squadra navale nelle acque di Alassio, decidendo a favore di Carlo Emanuele II. Con il lodo di San Germano (Parigi) del 13 gennaio 1673, pronunciato da Luigi XIV, veniva ristabilito lo status quo, per cui Oneglia ritornava ai Savoia, che occupava anche Pornassio. L'avversione della Francia verso Genova si era manifestata nella prima metà del secolo; ma dopo i fatti di Costantinopoli e la piccola guerra di Pornassio si chiarì anche l'intenzione di umiliare la Repubblica ligure e di volerle usurpare, oltre la Corsica, anche i possessi delle Riviere e dell'Oltregiogo per poi soffocare la sua libertà. Da quando, del resto, i provvedimenti di ripresa economica di Genova, assunti già nel 1595, creando un porto franco in concorrenza alla francese Marsiglia, alle sabaude Nizza e Villafranca, e a Livorno, oltre a riannodare i contatti con il Turco, Parigi aveva promosso una dura politica anti ligure. Se la Francia, infatti, aveva quasi sempre avversato la politica filospagnola di Genova, le fortunate relazioni genovesi con la Porta erano decisamente osteggiate. E ciò perché Parigi riteneva un suo unico privilegio commerciare con il Levante turco. Le mire francesi verso la Liguria di Ponente restavano intatte e l'incorporare la Liguria fino a Savona e oltre rappresentava un'ambizione inestinguibile da parte francese. La Francia riteneva quasi un diritto non scritto, ma di fatto, impadronirsi del territorio ligure. Non potendo ancora pretendere direttamente l'area nizzarda, saldamente in mano sabauda, i desideri francesi si appoggiavano sulla linea a nord di Dolceacqua e su quella lombardo piemontese. Dopo la pace di Nimega del 1679, i francesi accentuarono la loro condotta antigenovese, fomentati dai fuorusciti genovesi legati a Sinibaldo Fieschi. La vendita di munizioni di guerra genovesi al Bey di Algeri e l'azione spregiudicata dello spionaggio francese a Genova e in Liguria portarono ad eventi bellici quali il bombardamento francese di Sanremo e l'isolamento diplomatico della Repubblica Genovese. Inizio, questo, di un processo che porterà alla fine dell'esperienza indipendente ligure alla fine del XVIII secolo.
Casalino Pierluigi.