sabato 29 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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martedì 25 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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lunedì 24 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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domenica 23 novembre 2025

Da Neofuturismo Casalino Pierluigi

 


Post in Neofuturismo

Da: Pierluigi Casalino <pierluigicasalino49@gmail.com>

 

In apparenza sembra un paradosso, ma in realtà non lo è. Nell'attuale momento storico, caratterizzato dall'informazione via web e dai dibattiti sui social media, in un periodo quindi di sovrabbondanza di informazione e purtroppo di disinformazione in prevalenza spinta anche da stati autoritari e soprattutto da autocrazie, la democrazia è diventata più fragile. Più informazione, dunque, finisce per incontrare anche disinformazione e anche proprio per questo significa perdita di forza per la democrazia. Accade pertanto che più informazione non significa più democrazia. Oggi anzi accade il contrario. Il punto di partenza della democrazia è che la democrazia funziona sulla delega e sul rapporto tra delegante e delegato. Nel rapporto tra queste due figure succede di tutto e il motivo di ciò è che tra il delegato e il delegante non c'è un processo di informazione. La democrazia non viene resa migliore dalla maggior quantità di informazione, ma solo dalla migliore qualità dell'informazione. L'infodemia da Covid insomma e poi le altre crisi planetarie ci hanno reso chiaro il fatto che la democrazia è diventata fragile e persino malata tra amore smoderato di essa, come anticipava Tocqueville, attraverso le moderne demogogie, e gli attacchi dei regimi totalitari o teocratici che mirano a sovvertire ed annullare secoli di conquiste di trasparenza e di rispetto dei diritti e delle idee diverse, che sono il sale della democrazia autentica.

Casalino Pierluigi 

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giovedì 20 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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A paper published by a member of the Enviromental Health and Disease Control department at Jomo Kenyatta University of Agriculture and Technology mentions the name "P. Casalino".



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mercoledì 19 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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domenica 16 novembre 2025

La coscienza europea

 La coscienza europea è la consapevolezza della differenza dell'Europa come entità politica e morale rispetto agli altri continenti o gruppi di nazioni. Voltaire e Montesquieu insistono sulla centralità e l'identità dell'idea d'Europa rispetto agli altri mondi. La coscienza europea, come la coscienza nazionale, per usare una frase di Carlo Cattaneo, è come l'io degli ideologi che si accorge di sé nell'urto con il non-io. L'Europa ha sempre rappresentato lo spirito di libertà contro il dispotismo asiatico o orientale. Pur essendo già presente dall'Antichità, il concetto d'Europa e della sua unità culturale, sarà l'Umanesimo rinascimentale a proporre l'Europa dei letterati, degli uomini uniti nel culto dell'intelligenza, dei dotti, che apportano la luce della civiltà là dove altrimenti sarebbe barbarie. D'altra parte, la prima formulazione dell'Europa come di una comunità che ha caratteri specifici anche fuori dell'ambito geografico e caratteri "terreni, laici e non religiosi", è di Niccolò Machiavelli. L'Europa vuole dire molte virtù individuali. L'Oriente e l'Asia vogliono dire dispotismo. uno padrone e tutti gli altri schiavi (e in gran parte sembra non molto diverso oggi). E Machiavelli, ovviamente, è propenso per il sistema europeo, dove gli spazi di libertà (anche in presenza di tirannie o di regimi illiberali) sono sempre più ampi di quelli del sistema orientale. Questo è l'inizio della coscienza europea: un bene prezioso da preservare e da rivitalizzare di fronte alle derive demagogiche del nostro tempo.

Casalino Pierluigi

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giovedì 13 novembre 2025

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martedì 11 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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lunedì 10 novembre 2025

Casalino Pierluigi

 



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sabato 8 novembre 2025

ULISSE E IL MITO DI ITACA. UNA RIFLESSIONE ATTUALE. In un universo solipsistico (e solitario) e colmo di approdi immaginari, era fin troppo facile che la coscienza di Ulisse finisse per essere segnata dal ricordo dominante di Itaca. Itaca rappresentava tutto per Ulisse: rappresentava l'amore, la sicurezza, il ripristino di un ruolo sociale e ritrovato di un'identità riconosciuta dagli altri uomini, ritornare, quindi, nella normalità e porre fine alle tribolazioni e ai prodigi immaginari di un viaggio simile ad un delirio. A causa della sua sfuggente e indefinita lontananza, Itaca rischiava insomma di assumere i contorni seduttivi e ingannevoli di una madre "edenica", esente da ogni male. Si sprigiona però una luce differente: non si può tornare a casa pronti ad essere accolti come se tutto fosse rimasto ad aspettarci. La vita non si ferma e, dopotutto, neppure noi stavamo fermi ad aspettarla. Forse quando ci si crede giunti finalmente a casa, proprio allora l'aspettativa di una realtà che docilmente risponda ad un desiderio a lungo alimentato dalla sua stessa privazione che ci rende più stranieri al nostro mondo di quanto non lo fossimo stati quando ci immaginavamo come pellegrini in esilio. Si tratta di una riflessione che ci coglie nel momento in cui rivolgiamo lo sguardo ansioso verso il domani nell'intento di ricercare il nostro passato e ci accorgiamo che il domani è già la memoria del nostro futuro. Nulla è più come prima e tutto è cambiato e anche noi siamo cambiati. Casalino Pierluigi

 


ULISSE E IL MITO DI ITACA. UNA RIFLESSIONE ATTUALE.

In un universo solipsistico (e solitario) e colmo di approdi immaginari, era fin troppo facile che la coscienza di Ulisse finisse per essere segnata dal ricordo dominante di Itaca. Itaca rappresentava tutto per Ulisse: rappresentava l'amore, la sicurezza, il ripristino di un ruolo sociale e ritrovato di un'identità riconosciuta dagli altri uomini, ritornare, quindi, nella normalità e porre fine alle tribolazioni e ai prodigi immaginari di un viaggio simile ad un delirio. A causa della sua sfuggente e indefinita lontananza, Itaca rischiava insomma di assumere i contorni seduttivi e ingannevoli  di una madre "edenica", esente da ogni male. Si sprigiona però una luce differente: non si può tornare a casa pronti ad essere accolti come se tutto fosse rimasto ad aspettarci. La vita non si ferma e, dopotutto, neppure noi stavamo fermi ad aspettarla. Forse quando ci si crede giunti finalmente a casa, proprio allora l'aspettativa di una realtà che docilmente risponda ad un desiderio a lungo alimentato dalla sua stessa privazione  che ci rende più stranieri al nostro mondo di quanto non lo fossimo stati quando ci immaginavamo come pellegrini in esilio. Si tratta di una riflessione che ci coglie nel momento in cui rivolgiamo lo sguardo ansioso verso il domani nell'intento di ricercare il nostro passato e ci accorgiamo che il domani è già la memoria del nostro futuro. Nulla è più come prima e tutto è cambiato e anche noi siamo cambiati. 

Casalino Pierluigi 


giovedì 6 novembre 2025

Il maestro e Margherita

 





il Maestro e Margherita dal romanzo al nuovo film ovvero la critica al regime russo tra la censura del passato e quella del presente.


 Il Maestro e Margherita di Michail Bulgakov è spesso associato alla Russia di Putin perché il film del 2024, basato sul libro(riscoperto nel periodo post staliniano), è stato interpretato come una critica al regime contemporaneo e al suo militarismo, sfidando temi come la censura, l'autoritarismo e l'ipocrisia del potere che sono considerati attuali anche nella Russia di oggi. Il film, nonostante fosse finanziato in parte dallo Stato russo, ha incontrato ostilità e boicottaggi da parte delle autorità e dei media filogovernativi, che hanno reagito con attacchi al regista e alla pellicola. Questi gli elementi principali di collegamento tra il romanzo e la Russia di Putin: satira del potere e della censura: Il romanzo, scritto sotto Stalin, è una satira pungente contro la burocrazia oppressiva e la censura del regime sovietico. La recente versione cinematografica è stata vista come un modo per affrontare temi simili in un contesto che riflette l'attualità russa, un' attualità che si ripete, in qualche modo, anche sotto il nuovo regime dal momento che come si diceva (e si dice ancora:"Morto uno Stalin,se ne fa un altro". La critica al sistema attuale è forse più pertinente al regime oggi al potere; alcuni critici hanno infatti sottolineato come il film si adatti meglio alla Russia di Putin che a quella staliniana, a causa di temi come la censura, l'ipocrisia del potere e l'oppressione che sono considerati più attuali nel contesto contemporaneo.La reazione negativa e le critiche mosse dal governo di Mosca e dai suoi alleati al film dimostrano che la pellicola ha toccato nervi scoperti, venendo vista da molti come una minaccia al potere e non solo al regime  Si coglie nel film una resistenza artistica: n modo simile a quanto fatto da Bulgakov con il suo romanzo, il film è stato interpretato come una forma di resistenza artistica attraverso la censura e l'espressione di critiche al potere, anche se spesso in modo metaforico e indiretto; il successo raccolto in Russia fa riflettere sulla crescita di un senso critico non immaginabile in un Occidente che è la prima vittima della narrazione artificiosa di Putin è sfugge ai radar dei media, distratti dalle guerre ibride di Putin e dalle propagande filorusse. E quindi, proprio per questo motivo, Il Maestro è Margherita torna nel mirino del regime soprattutto perché è stato campione di incassi in Russia nella scorsa stagione, spopolando nel vero senso della parola e ritrovandosi paradossalmente nella guerra in Ucraina.

Casalino Pierluigi 





Casalino Pierluigi

 


Gli ultimi giorni dei Turbin ovvero La guardia bianca.

Kiev, tra gli ultimi giorni del 1918 e i primi mesi del 1919, vede scontrarsi le forze indipendentiste ucraine, le "guardie bianche", i bolscevichi e l'esercito tedesco: è una città assediata, tra bagliori d'incendio e colpi di cannone. Qui si svolge I giorni dei Turbin, la cui azione si concentra tra il palazzo dell'etmano, covo di uomini vili, «ratti» pronti alla fuga e al tradimento, il ginnasio Aleksandrovskij, testimone di inutile eroismo e morte ineluttabile, e soprattutto la casa dei tre fratelli Turbin, baluardo di valori e sentimenti dove «ci si ristora l'anima... si dimenticano tutti gli orrori della guerra civile». Eppure non basteranno le tende color crema e la musica di un pianoforte, gli affetti e le amicizie a chiudere fuori la ferocia della Storia, che finirà per travolgere Aleksej, Nikolka ed Elena, simbolo di una intelligencija tanto tenace quanto fragile. Messo in scena al leggendario Teatro d'arte di Mosca, fondato da Konstantin Stanislavskij, nell'ottobre 1926, dopo una lunga rielaborazione per sfuggire alla censura sovietica, I giorni dei Turbin fu accolto con rabbia dalla critica, ma con straordinario entusiasmo dal pubblico che non poteva non essere coinvolto dall'intensa rappresentazione del caos e dell'incertezza, del naufragio del vivere civile ancora presenti nella memoria di chi aveva vissuto la battaglia per Kiev. Eppure l'opera piacque a Stalin che ne esaltava lo spirito di cambiamento rivoluzionario dei popoli della Russia.

Casalino Pierluigi 


sabato 1 novembre 2025

Ulisse e il mito di Itaca

 


ULISSE E IL MITO DI ITACA. UNA RIFLESSIONE ATTUALE.

In un universo solipsistico (e solitario) e colmo di approdi immaginari, era fin troppo facile che la coscienza di Ulisse finisse per essere segnata dal ricordo dominante di Itaca. Itaca rappresentava tutto per Ulisse: rappresentava l'amore, la sicurezza, il ripristino di un ruolo sociale e ritrovato di un'identità riconosciuta dagli altri uomini, ritornare, quindi, nella normalità e porre fine alle tribolazioni e ai prodigi immaginari di un viaggio simile ad un delirio. A causa della sua sfuggente e indefinita lontananza, Itaca rischiava insomma di assumere i contorni seduttivi e ingannevoli  di una madre "edenica", esente da ogni male. Si sprigiona però una luce differente: non si può tornare a casa pronti ad essere accolti come se tutto fosse rimasto ad aspettarci. La vita non si ferma e, dopotutto, neppure noi stavamo fermi ad aspettarla. Forse quando ci si crede giunti finalmente a casa, proprio allora l'aspettativa di una realtà che docilmente risponda ad un desiderio a lungo alimentato dalla sua stessa privazione  che ci rende più stranieri al nostro mondo di quanto non lo fossimo stati quando ci immaginavamo come pellegrini in esilio. Si tratta di una riflessione che ci coglie nel momento in cui rivolgiamo lo sguardo ansioso verso il domani nell'intento di ricercare il nostro passato e ci accorgiamo che il domani è già la memoria del nostro futuro. Nulla è più come prima e tutto è cambiato e anche noi siamo cambiati. 

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