Luciano di Samosata, autore satirico greco del II secolo d.C. tra i più famosi esponenti della Seconda Sofistica, fu uno scrittore estremamente prolifico, del quale conosciamo oltre 80 titoli di opere appartenenti ai più svariati generi letterari. Tra le sue opere più significative c’è il trattato Come si deve scrivere la storia, esortazione ad una storiografia fondata sull’obiettività e lontana da ogni forma di adulazione dei potenti: in antitesi alle sue stesse teorie compose La storia vera (Ἀληθῶν Διηγημάτων), una parodia del genere del romanzo greco (a cui appartiene l’opera più famosa attribuita a Luciano, Lucio o l’asino), volta proprio a dimostrare come non ci fosse distinzione tra le palesi fantasie da lui ricostruite e i resoconti di storici asserviti ad una propaganda politica nemica della verità. La storia vera è un racconto fantascientifico di viaggi al di là delle colonne d’Ercole, in cui i protagonisti incontrano creature fantastiche e partecipano a incredibili battaglie.
Uno dei passi più famosi racconta il viaggio nello spazio che li porta sulla Luna, narrato nel I libro ai paragrafi 9-10:
(GR) (IT)
[9] περὶ μεσημβρίαν δὲ οὐκέτι τῆς νήσου φαινομένης ἄφνω τυφὼν ἐπιγενόμενος καὶ περιδινήσας τὴν ναῦν καὶ μετεωρίσας ὅσον ἐπὶ σταδίους τριακοσίους οὐκέτι καθῆκεν εἰς τὸπέλαγος, ἀλλ᾽ ἄνω μετέωρον ἐξηρτημένην ἄνεμος ἐμπεσὼν τοῖς ἱστίοιςἔφερεν κολπώσας τὴν ὀθόνην. [10] ἑπτὰ δὲ ἡμέρας καὶ τὰς ἴσας νύκτας ἀεροδρομήσαντες, ὀγδόῃκαθ ορῶμεν γῆν τινα μεγάλην ἐν τῷ ἀέρι καθάπερ νῆσον, λαμπρὰν καὶσφαιροειδῆ καὶ φωτὶ μεγάλῳ καταλαμπομένην προσενεχθέντες δὲ αὐτῇκαὶ ὁρμισάμενοι ἀπέβημεν, ἐπισκοποῦντες δὲ τὴν χώραν εὑρίσκομενοἰκουμένην τε καὶ γεωργουμένην. ἡμέρας μὲν οὖν οὐδὲν αὐτόθενκαθεωρῶμεν, νυκτὸς δὲ ἐπιγενομένης ἐφαίνοντο ἡμῖν καὶ ἄλλαι πολλαὶ νῆσοι πλησίον, αἱ μὲν μείζους, αἱ δὲ μικρότεραι, πυρὶ τὴν χροιὰνπροσεοικυῖαι, καὶ ἄλλη δέ τις γῆ κάτω, καὶ πόλεις ἐν αὑτῇ καὶ ποταμοὺςἔχουσα καὶ πελάγη καὶ ὕλας καὶ ὄρη. ταύτην οὖν, τὴν καθ᾽ ἡμᾶςοἰκουμένην εἰκάζομεν. [9] Verso il mezzodì, disparita l’isola, un improvviso turbine roteò la nave, e la sollevò quasi tremila stadii in alto, nè più la depose sul mare: ma così sospesa in aria, un vento, che gonfiava tutte le vele, ne la portava. [10] Sette giorni ed altrettante notti corremmo per l’aria: nell’ottavo vedemmo una gran terra nell’aere, a guisa d’un’isola, lucente, sferica, e di grande splendore. Avvicinatici ed approdati scendemmo: e riguardando il paese, lo troviamo abitato e coltivato. Di giorno non vedemmo niente di là; ma di notte ci apparvero altre isole vicine, quali più grandi, quali più piccole, del colore del fuoco, e un’altra terra giù, che aveva città, e fiumi, e mari, e selve, e monti: e pensammo fosse questa che noi abitiamo.
Avviene allora l’incontro con i Lunari, gli abitanti della Luna, chiamati anche Ippogrifi:
Avendo voluto addentrarci nel paese fummo scontrati e presi dagl’Ippogrifi, come colà si chiamano. Questi Ippogrifi son uomini che vanno sopra grandi grifi, come su cavalli alati: i grifi sono grandi, e la più parte a tre teste: e se volete sapere quanto son grandi immaginate che hanno le penne più lunghe e più massicce d’un albero d’un galeone.
I Lunari conducono i protagonisti dal loro re, Endimione, l’uomo amato da Selene secondo la mitologia greca. Costui li informa che il popolo della Luna si sta preparando a dare battaglia ai Solani, gli abitanti del Sole, capeggiati dal re Fetonte, il mitico figlio del dio del Sole, Elio. La battaglia avrà luogo il mattino successivo, e i protagonisti decidono di parteciparvi al fianco dei Seleniti. La descrizione dei due schieramenti, formati dai Lunari e dai Solani e dai rispettivi alleati provenienti da stelle e pianeti vicini, è una sorta di parodia del catalogo delle navi omerico, in cui sono descritti l’aspetto e l’armamento di ciascun popolo extraterrestre.
Per quanto riguarda la schiera capeggiata da Endimione,
l’esercito era di centomila guerrieri, senza i bagaglioni, i macchinisti, i fanti, e gli aiuti forestieri: cioè erano ottantamila Ippogrifi, e ventimila cavalcavano su gli Erbalati, uccelli grandissimi, che invece di penne sono ricoperti di foglie, ed hanno le ali similissime a foglie di lattughe. Vicino a questi v’erano schiere di Scagliamiglio, e di Aglipugnanti. Eran venuti anche aiuti dall’Orsa, trentamila Pulciarceri, e cinquantamila Corriventi. I Pulciarceri sono così chiamati perchè cavalcano pulci grandissimi, ognuno grande quanto dodici elefanti: i Corriventi son fantaccini, che volano senz’ale, a questo modo: si stringono alla cintura certe lunghe gonnelle, e facendole gonfiare dal vento come vele, vanno a guisa di navicelle, e questi nelle battaglie forniscono l’uffizio di truppe leggiere. Si diceva ancora che da certe stelle che influiscono su la Cappadocia dovevano venire settantamila Struzzipinconi, e cinquemila Cavaigrue; ma io non li vidi, perchè non vennero, onde non mi ardisco di descrivere come erano fatti: ma se ne contavano cose grandi ed incredibili. E queste erano le forze di Endimione. Le armi erano le stesse per tutti: elmi di baccelli di fave, chè le fave colà nascono grossissime e durissime; corazze a squamme, fatte di gusci di lupini cuciti insieme, chè lì il guscio del lupino è impenetrabile come il corno: scudi e spade come l’usano i Greci.
Quanto allo schieramento guidato da Fetonte:
Dei nemici poi nell’ala sinistra stavano i Cavaiformiche, tra i quali Fetonte: sono questi bestie grandissime, alate, simili alle nostre formiche, tranne per la grandezza, che giungono ad esser grandi anche due jugeri: combattevano non solo quelli che li cavalcavano, ma essi ancora, e specialmente con le corna: e si diceva che erano intorno a cinquantamila. Nella destra erano disposti gli Aerotafani, anche un cinquantamila, tutti arcieri, che cavalcavano tafani stragrandi: dopo questi stavano gli Aeroriddanti, fanti spediti e battaglieri, che con le frombole scagliavano ravanelli grossissimi, e chi colpivano era subito spacciato, moriva pel puzzo che uscia della ferita: e si diceva che quei terribili proiettili erano unti di veleno di malva. Seguiva la schiera dei Torsifunghi, di grave armatura, che combattevano piantati, ed erano diecimila, si chiamano Torsifunghi perchè per scudi avevano funghi, e per lancia torsi di asparagi. Vicino a costoro stavano i Canipinchi, mandati dagli abitatori di Sirio: erano cinquemila, con teste di cane, e combattenti sovra pinchi alati. Correva voce che mancavano alcuni aiuti; i frombolatori dovevan venire dalla via lattea, ed i Nubicentauri. Ma costoro, quando già la battaglia era vinta per noi, giunsero, e non fossero mai giunti! i frombolieri non comparirono affatto, onde dicono che poi Fetonte sdegnato mise a ferro e fuoco il loro paese. E con questo apparato s’avanzava Fetonte. Inizia così la prima guerra stellare della storia della letteratura, un tema destinato ad avere una grandissima fortuna fino ai giorni nostri, come dimostra anche il successo di saghe come Star Wars. Questa prima guerra stellare si concluderà senza vincitori, con un accordo di pace tra Lunari e Solani. Ma Luciano anticipò Jules Verne e le imprese spaziali.
Casalino Pierluigi
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