domenica 28 febbraio 2021

Come e perché Nizza divenne francese ovvero l'altro volto dell'Unità d'Italia. Quando il Ponente ligure perse metà della propria anima.



Il 21 luglio del 1858, nella stazione termale di Plombières-les bains (nella regione dei Vosgi), Napoleone III e Cavour si incontrano segretamente. (Cavour viaggia in incognito e si registra in albergo sotto il nome di “signor Giuseppe Benso”….). Quattro ore di discussioni, di cui gran parte fatta en tête-à-tête durante una passeggiata in carrozza, al riparo di orecchie indiscrete. L’imperatore francese conferma l’appoggio di Parigi a Torino nella lotta contro l’Austria in vista della indipendenza italiana. Tra le “compensazioni” da negoziare, Napoleone III chiede quasi distrattamente, alla fine del lungo colloquio durante il quale si è delineata l’azione congiunta franco-piemontese, se Vittorio Emanuele II sia disposto a cedergli la regione della Savoia e la città di Nizza. Più che al nome della Savoia (che tanti legami storici aveva con la Francia e quindi la sua cessione poteva essere in qualche modo considerata in sintonia col principio delle nazionalità), è a quello di Nizza che Cavour ha un sussulto. I nizzardi appartengono alla famiglia italiana, replica il primo ministro piemontese, la sua cessione alla Francia non significherebbe andare contro il “principio delle nazionalità”, nel cui nome peraltro i due paesi si apprestano a fare guerra all’Austria? Cavour su questo punto esita parecchio. Napoleone III non replica. La questione rimane così in sospeso. Considerato un “punto secondario”, i due statisti decidono di affrontarla più tardi.Conosciamo il seguito. Le vittorie franco-piemontesi (al prezzo di gravissime perdite) di Magenta e Solferino, il “fulmine a ciel sereno” dell’Armistizio di Villafranca intervenuto tra Napoleone III e l’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che pone improvvisamente fine alla guerra. Le dimissioni di Cavour contrarissimo all’armistizio. La Lombardia quindi passa alla Francia la quale, a sua volta, la cede al Piemonte. La dinamica risorgimentale sembra incepparsi. L’Unità d’Italia può attendere. Napoleone III voleva in effetti aiutare il Piemonte, ma non a costo di mettere in pericolo gli interessi nazionali francesi. Da un lato, infatti, la Prussia aveva cominciato, all’inizio del conflitto, ad assumere iniziative militari in funzione anti-francese, dall’altro regni, principati e ducati italiani si offrivano spontaneamente al Piemonte, desiderosi di integrare il futuro Regno d’Italia. Si andava cioè profilando un paese molto più grande e compatto di quello immaginato da Napoleone III che pensava probabilmente ad un Regno del Nord d’Italia, sotto influenza francese. Si va invece delineando uno Stato unitario che si allunga per tutta la sua grandezza nel Mediterraneo ed è suscettibile di passare sotto influenza inglese.
In queste condizioni che senso avrebbe per Parigi continuare la guerra? Intanto i nizzardi (i quali ignorano ancora quale sarà la loro sorte, ma sanno che sono in corso sotterranee trattative) si agitano. Si muovono i filo-italiani (guarda caso sostenuti dal console inglese a Nizza Percy Seymour), favorevoli al mantenimento dello status quo, mentre si attivano i filo-francesi, guidati dallo stesso sindaco della città, Malaussena, sostenitori invece del “rattachement” alla Francia. Il governo sardo è sempre titubante. C'era tra i nizzardi chi puntava sulla nuova Italia e non sul vecchio Piemonte, ma si registrava pure un sentimento filofrancese, a causa del minor carico fiscale di Parigi e delle maggiori opportunità di lavoro, di quella che era considerata la Nazione piu' ricca di Europa. Ci si rende conto anche che Vittorio Emanuele II non può semplicemente “cedere” territori del suo Regno, senza rischiare la disapprovazione generale. Voci contrarie si levano anche a Ventimiglia e nel resto del Ponente ligure. Ma se fossero invece delle petizioni popolari a chiederlo? Allora il discorso sarebbe diverso… Un referendum quindi a Nizza e in Savoia? E’ indispensabile. Diventa la condizione sine qua non per giustificare un trasferimento fatto sull’altare della ragion di Stato.  A Nizza la battaglia polemica tra opposte fazioni si infiamma anche attraverso la stampa: La voce di Nizza, Il Pensiero di Nizza, Il Nizzardo, tutti ardentemente italofili e la Gazette de Nice, che predica costantemente il “ritorno” della città alla Francia.Il giorno delle elezioni infine arriva. Il 15 aprile 1860 (un anno prima della dichiarazione dell’Unità d’Italia) si vota a Nizza, il 22 dello stesso mese in Savoia. Nella Contea di Nizza tutti gli aventi diritto si recano alle urne: sindaci e, soprattutto, parroci, in testa. Si va al seggio in gruppo. Ogni gruppo inalbera la propria bandiera. Quelle francesi appaiono subito molto più numerose! Che Cavour si sia sbagliato? C’e molta eccitazione per le strade, una certa euforia tra i francofili, una marcata tensione tra gli italofili. Vengono infine comunicati i risultati. Sorprendenti, molto sorprendenti e che comunque non rispettano certo la ripartizione linguistica della città. Non mancano sospetti di brogli e di irregolarità. Ma va considerato che molti preferiscono diventare francesi, pensando forse alle prospettive di sviluppo che potrà schiudere l’integrazione nel paese più importante e ricco dell’epoca, piuttosto che rimanere in un piccolo Stato dall’incerto destino ovvero integrarsi nella nuova e sconosciuta Entità che si annuncia all’orizzonte: l’Italia Unita, dove Nizza sarebbe rimasta ancora più periferica. Gli inviati di Parigi del resto sono molto abili nell’indicare ai notabili locali prospettive di investimenti e di sviluppo economico. Un referendum inoltre fortemente appoggiato dalla clero cattolico, in una città molto praticante, ben contento di staccarsi dall’anticlericale Vittorio Emanuele II e di ricongiungersi con la cattolicissima imperatrice Eugenia che difende strenuamente il potere temporale dei papi (“Les italiens à Rome? Jamais!”).Insomma sta di fatto che su complessivi 30.712 iscritti nella “Contea”, 23.743 votano per la Francia, 160 per l’Italia mentre 4.779 si astengono.  Nella città di Nizza in particolare si contano 6810 voti per il sì e solo 11 per il no! Un risultato sorprendentemente netto! Un risultato in ogni caso che fa comodo alle due capitali: a Torino per “giustificare” la cessione (i nizzardi si sono democraticamente autodeterminati), a Parigi per presentare decentemente l’acquisizione territoriale, compenso ottenuto per l’oneroso appoggio dato al Piemonte, e pur sempre “democraticamente” ricevuto… In Savoia, culla della dinastia sabauda, nonostante la sintonia culturale con la Francia, la protesta contro il passaggio sotto Parigi e' ben più forte e di fronte ai brogli molti cittadini della culla dei Savoia partono per il Piemonte. All’indomani del voto le truppe francesi prendono possesso della Savoia e della città di Nizza. Nizza non è più italiana, o meglio, non è più “sarda”. La città natale di Giuseppe Garibaldi è (ri)diventata francese. L’eroe dei due mondi mai lo perdonerà a Vittorio Emanuele II! Anche se, bisogna ricordare, Garibaldi nasce per così dire francese. Nel suo anno di nascita 1807 Nizza, travolta dal ciclone rivoluzionario di Napoleone, è sotto amministrazione francese. Tornerà al regno sardo con il Congresso di Vienna. Nel 1860 fu un patto tra dinastie, come disse Napoleone III all'ambasciatore inglese, nonostante che Cavour avesse proclamato ufficialmente in Parlamento, nel 1857, l'essere conquista di civiltà non riconoscere il diritto dei principi di alienare i popoli. Le polemiche rimasero a lungo roventi da parte dell'opinione pubblica e persino nelle sedi parlamentari si erano levate le prime voci fortemente contrarie, a dire il vero,  fin da quando erano circolate le indiscrezioni di una possibile cessione di Nizza e di Savoia in occasione della stipula dell'alleanza con i francesi contro l'Austria e soprattutto immediatamente dopo la guerra del 1859. Che senso aveva, per tale moto di dissenso, cedere due antiche province italiane come Nizza e Savoia (e consegnare alla Francia le chiavi della porta occidentale d'Italia), per recuperarne altre di incerto destino? Nizza era poi una città italiana da prima del XI secolo. Ma ormai il temuto baratto era stato deciso. Il 15 aprile 1860 il tradimento era compiuto. Non solo l'Italia aveva svenduto una parte delle sue genti, ma anche e soprattutto il Ponente ligure aveva perduto metà della sua anima.
Casalino Pierluigi 

sabato 27 febbraio 2021

Luciano di Samosata e la sua fantascientifica eredità.



Luciano di Samosata, autore satirico greco del II secolo d.C. tra i più famosi esponenti della Seconda Sofistica, fu uno scrittore estremamente prolifico, del quale conosciamo oltre 80 titoli di opere appartenenti ai più svariati generi letterari. Tra le sue opere più significative c’è il trattato Come si deve scrivere la storia, esortazione ad una storiografia fondata sull’obiettività e lontana da ogni forma di adulazione dei potenti: in antitesi alle sue stesse teorie compose La storia vera (Ἀληθῶν Διηγημάτων), una parodia del genere del romanzo greco (a cui appartiene l’opera più famosa attribuita a Luciano, Lucio o l’asino), volta proprio a dimostrare come non ci fosse distinzione tra le palesi fantasie da lui ricostruite e i resoconti di storici asserviti ad una propaganda politica nemica della verità. La storia vera è un racconto fantascientifico di viaggi al di là delle colonne d’Ercole, in cui i protagonisti incontrano creature fantastiche e partecipano a incredibili battaglie.

Uno dei passi più famosi racconta il viaggio nello spazio che li porta sulla Luna, narrato nel I libro ai paragrafi 9-10:

(GR) (IT)
[9] περὶ μεσημβρίαν δὲ οὐκέτι τῆς νήσου φαινομένης ἄφνω τυφὼν ἐπιγενόμενος καὶ περιδινήσας τὴν ναῦν καὶ μετεωρίσας ὅσον ἐπὶ σταδίους τριακοσίους οὐκέτι καθῆκεν εἰς τὸπέλαγος, ἀλλ᾽ ἄνω μετέωρον ἐξηρτημένην ἄνεμος ἐμπεσὼν τοῖς ἱστίοιςἔφερεν κολπώσας τὴν ὀθόνην. [10] ἑπτὰ δὲ ἡμέρας καὶ τὰς ἴσας νύκτας ἀεροδρομήσαντες, ὀγδόῃκαθ ορῶμεν γῆν τινα μεγάλην ἐν τῷ ἀέρι καθάπερ νῆσον, λαμπρὰν καὶσφαιροειδῆ καὶ φωτὶ μεγάλῳ καταλαμπομένην προσενεχθέντες δὲ αὐτῇκαὶ ὁρμισάμενοι ἀπέβημεν, ἐπισκοποῦντες δὲ τὴν χώραν εὑρίσκομενοἰκουμένην τε καὶ γεωργουμένην. ἡμέρας μὲν οὖν οὐδὲν αὐτόθενκαθεωρῶμεν, νυκτὸς δὲ ἐπιγενομένης ἐφαίνοντο ἡμῖν καὶ ἄλλαι πολλαὶ νῆσοι πλησίον, αἱ μὲν μείζους, αἱ δὲ μικρότεραι, πυρὶ τὴν χροιὰνπροσεοικυῖαι, καὶ ἄλλη δέ τις γῆ κάτω, καὶ πόλεις ἐν αὑτῇ καὶ ποταμοὺςἔχουσα καὶ πελάγη καὶ ὕλας καὶ ὄρη. ταύτην οὖν, τὴν καθ᾽ ἡμᾶςοἰκουμένην εἰκάζομεν. [9] Verso il mezzodì, disparita l’isola, un improvviso turbine roteò la nave, e la sollevò quasi tremila stadii in alto, nè più la depose sul mare: ma così sospesa in aria, un vento, che gonfiava tutte le vele, ne la portava. [10] Sette giorni ed altrettante notti corremmo per l’aria: nell’ottavo vedemmo una gran terra nell’aere, a guisa d’un’isola, lucente, sferica, e di grande splendore. Avvicinatici ed approdati scendemmo: e riguardando il paese, lo troviamo abitato e coltivato. Di giorno non vedemmo niente di là; ma di notte ci apparvero altre isole vicine, quali più grandi, quali più piccole, del colore del fuoco, e un’altra terra giù, che aveva città, e fiumi, e mari, e selve, e monti: e pensammo fosse questa che noi abitiamo.
Avviene allora l’incontro con i Lunari, gli abitanti della Luna, chiamati anche Ippogrifi:

Avendo voluto addentrarci nel paese fummo scontrati e presi dagl’Ippogrifi, come colà si chiamano. Questi Ippogrifi son uomini che vanno sopra grandi grifi, come su cavalli alati: i grifi sono grandi, e la più parte a tre teste: e se volete sapere quanto son grandi immaginate che hanno le penne più lunghe e più massicce d’un albero d’un galeone.

I Lunari conducono i protagonisti dal loro re, Endimione, l’uomo amato da Selene secondo la mitologia greca. Costui li informa che il popolo della Luna si sta preparando a dare battaglia ai Solani, gli abitanti del Sole, capeggiati dal re Fetonte, il mitico figlio del dio del Sole, Elio. La battaglia avrà luogo il mattino successivo, e i protagonisti decidono di parteciparvi al fianco dei Seleniti. La descrizione dei due schieramenti, formati dai Lunari e dai Solani e dai rispettivi alleati provenienti da stelle e pianeti vicini, è una sorta di parodia del catalogo delle navi omerico, in cui sono descritti l’aspetto e l’armamento di ciascun popolo extraterrestre.
Per quanto riguarda la schiera capeggiata da Endimione,

l’esercito era di centomila guerrieri, senza i bagaglioni, i macchinisti, i fanti, e gli aiuti forestieri: cioè erano ottantamila Ippogrifi, e ventimila cavalcavano su gli Erbalati, uccelli grandissimi, che invece di penne sono ricoperti di foglie, ed hanno le ali similissime a foglie di lattughe. Vicino a questi v’erano schiere di Scagliamiglio, e di Aglipugnanti. Eran venuti anche aiuti dall’Orsa, trentamila Pulciarceri, e cinquantamila Corriventi. I Pulciarceri sono così chiamati perchè cavalcano pulci grandissimi, ognuno grande quanto dodici elefanti: i Corriventi son fantaccini, che volano senz’ale, a questo modo: si stringono alla cintura certe lunghe gonnelle, e facendole gonfiare dal vento come vele, vanno a guisa di navicelle, e questi nelle battaglie forniscono l’uffizio di truppe leggiere. Si diceva ancora che da certe stelle che influiscono su la Cappadocia dovevano venire settantamila Struzzipinconi, e cinquemila Cavaigrue; ma io non li vidi, perchè non vennero, onde non mi ardisco di descrivere come erano fatti: ma se ne contavano cose grandi ed incredibili. E queste erano le forze di Endimione. Le armi erano le stesse per tutti: elmi di baccelli di fave, chè le fave colà nascono grossissime e durissime; corazze a squamme, fatte di gusci di lupini cuciti insieme, chè lì il guscio del lupino è impenetrabile come il corno: scudi e spade come l’usano i Greci.

Quanto allo schieramento guidato da Fetonte:

Dei nemici poi nell’ala sinistra stavano i Cavaiformiche, tra i quali Fetonte: sono questi bestie grandissime, alate, simili alle nostre formiche, tranne per la grandezza, che giungono ad esser grandi anche due jugeri: combattevano non solo quelli che li cavalcavano, ma essi ancora, e specialmente con le corna: e si diceva che erano intorno a cinquantamila. Nella destra erano disposti gli Aerotafani, anche un cinquantamila, tutti arcieri, che cavalcavano tafani stragrandi: dopo questi stavano gli Aeroriddanti, fanti spediti e battaglieri, che con le frombole scagliavano ravanelli grossissimi, e chi colpivano era subito spacciato, moriva pel puzzo che uscia della ferita: e si diceva che quei terribili proiettili erano unti di veleno di malva. Seguiva la schiera dei Torsifunghi, di grave armatura, che combattevano piantati, ed erano diecimila, si chiamano Torsifunghi perchè per scudi avevano funghi, e per lancia torsi di asparagi. Vicino a costoro stavano i Canipinchi, mandati dagli abitatori di Sirio: erano cinquemila, con teste di cane, e combattenti sovra pinchi alati. Correva voce che mancavano alcuni aiuti; i frombolatori dovevan venire dalla via lattea, ed i Nubicentauri. Ma costoro, quando già la battaglia era vinta per noi, giunsero, e non fossero mai giunti! i frombolieri non comparirono affatto, onde dicono che poi Fetonte sdegnato mise a ferro e fuoco il loro paese. E con questo apparato s’avanzava Fetonte. Inizia così la prima guerra stellare della storia della letteratura, un tema destinato ad avere una grandissima fortuna fino ai giorni nostri, come dimostra anche il successo di saghe come Star Wars. Questa prima guerra stellare si concluderà senza vincitori, con un accordo di pace tra Lunari e Solani. Ma Luciano anticipò Jules Verne e le imprese spaziali. 
Casalino Pierluigi 

sabato 20 febbraio 2021

Dante, 700 anni dopo

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sabato 20 Febbraio, 2021Lettori on-line: 299
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Mar 16 Feb 2021 - 62 visiteEventi e cultura | Di Redazione


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‘Dante 700 dopo computer”, online l’eBook di Pierluigi Casalino
Disponibile per l'Asino Rosso a cura del futurista ferrarese Roby Guerra
On line per Asino Rosso eBook (a cura del futurista ferrarese Roby Guerra) un nuovo libro elettronico del geopolitico di Imperia Pierluigi Casalino “700 anni dopo Dante, celebrazioni infinite nell’anno 2021 (postvirus)”.

Pierluigi Casalino, già autore tra l’altro di “Dante nella Computer Age geopolitico”, consegna all’avvenire la propria “celebrazione” del sommo poeta italiano, certamente più eterno e longevo per l’immensità del Vate, ormai oltre lo spazio tempo e anche il cibertempo, delle sue eterne esegesi spesso convenzionali. E anche folli nel nostro tempo (Dante razzista secondo certi folli contemporanei).

Pierluigi Casalino: “Il Covid 19 si manifesta oggi come un limite a tale atteggiamento irrazionale e faustiano di fede nel futuro, senza valutare i rischi di un progresso squilibrato. Il futuro è aurorale ed oracolare, non ha un prima e non ha un dopo, il credere in esso fa parte della natura dell’uomo e del suo guardare avanti. Si tratta di una dimensione di grande respiro che ci sfugge, se pur la inseguiamo. Tuttavia il futuro deve rappresentare sempre un sogno fondato sull’intelligenza e sulla misura della prudenza”.


domenica 14 febbraio 2021

Elogio della Storia ovvero infamia del perenne ed asfittico presente. Perché bisogna studiare la Storia.

La perdita della memoria condanna la civiltà e il suo sviluppo. Senza passato non c'è futuro. Il mondo attuale va verso la sua estinzione.
Casalino Pierluigi 

venerdì 12 febbraio 2021

Intervista a Pierluigi Casalino, autore e studioso di Imperia, nato a Laigueglia il 29 giugno 1949, sul suo nuovo ebook su Dante .




D- Dante 700... dopo il precedente Dante nella computer age, una analisi per l'anniversario del Sommo Poeta, globale, originale e proiettata nel futuro. La longevità di Dante è ormai persino transumanista? 

Il tempo di Dante e le sue tribolazioni si proiettano anche sull'oggi, un oggi che rappresenta quanto di più dantesco si possa pensare. La drammatica e creativa, al tempo stesso, condizione di esule del Sommo Poeta bene si adatta alla nostra epoca, epoca di transizione verso il prosieguo del Terzo Millennio. In questo senso, Dante è non solo futurista, ma anche effettivamente transumanista. Il Dante soprattutto delle 3 Cantiche della Commedia è totalmente ed esemplarmente transumanista, direi ultraumanista. Il cenno alla selva oscura è perfettamente calzante.

D- Nel nuovo eBook libro, prendi anche le distanze da certe esegesi contempranee in questo anniversario, uno zoom?

Credo, infatti, che il fiume di celebrazioni di Dante che ci spetta rischi di imbalsamarne in modo eccessivamente formale e retorico la memoria. Dante vive e non c'è traccia delle sue opere che non si applichi ai giorni nostri. Non dimentichiamo che Dante è un genio ed il suo universalismo è ribelle ad ogni etichetta. Aldilà delle sue idee è un patrimonio senza limiti per tutti noi. Si celebra chi è morto, ma, come ripeto, Dante vive.

D- Proprio recentemente, certi professori del pensiero unico hanno bollato Dante di razzismo... è colpa del corona virus certa follia?

Si, il politicamente corretto ovvero la distorsione da parte del cosiddetto pensiero unico che stravolge la Storia è certamente uno dei responsabili della lettura aberrante di Dante, ahimé....Il voler ridurre Dante alla corrente superficiale di banalità e renderlo un nemico del senso comune dilagante non soltanto è un un errore, ma un'offesa all'intelligenza. Di Dante e della nostra. Al confronto della Sua statura languono gli odierni vati della stupidità....conviene, invece, rileggere la lezione dei classici come ci insegnava Italo Calvino.

D-  Confermi ancora una volta l'universalismo di Dante persino letterale, planetario, non solo quello letterario e culturale "tradizionale", facendo tue certe  sinergie strutturali di Dante e il Rinascimento nascente con la migliore tradizione araba...

Non solo confermo, ma riaffermo  l'universalità e l'attualità di Dante. L'età di Dante fu una straordinaria sintesi  di culture e quella araba diede molto a Lui e all'intero mondo latino. Il Sommo Poeta supera i confini del tradizionale e di Lui ancora non abbiamo completato la ricerca critica. Dante rappresenta una continua sorpresa.

D- Non hai alcun accademicismo.. a conciliare Dante persino con il futurismo, la Divina Commedia anche un Libro di Fantascienza, divina naturalmente!?

Dante percorre e precorre il fantasy come ho spesso scritto. Tuttavia Dante è  davvero anche un autore fantascientifico, pur nel contesto escatologico e provvidenzialistico,  e interpreta nella Commedia un viaggio nell'aldilà dell'uomo che ha il sapore eterodimensionale dell'impresa spaziale. Egli si configura come un grande autore futurista ante litteram come vediamo nella creazione del viaggio di Ulisse verso incerti destini.

D- Che farebbe oggi Dante con i computer? 

Il suo amore per il sapere acoglierebbe con entusiasmo questa innovazione, stiamone certi ..

D- La poesia letteralmente cosmica di Dante è un grande antidoto psicologico e sociale, all'era del Corona Virus? 

Si l'allegoria dantesca costituisce un antitodo e una speranza nel momento presente. Il trattato di diritto pubblico che Dante scrisse con la Monarchia, nella speranza di pacificare l'Italia vale ancora nella tormenta che il Bel Paese attraversa. Tale allegoria si distingue per il carattere cosmico della poesia di Dante. E sicuramente per il carattere anticonvenzionale. La stessa distinzione tra la sfera temporale e quella spirituale fanno di Dante anche un profeta laico.



giovedì 4 febbraio 2021

1321-2021.La memoria di Dante.


 
 
Dante Alighieri sarà celebrato in questo 2021 in occasione dei 700 anni dalla scomparsa avvenuta a Ravenna nel settembre 2021. I momenti migliori di queste celebrazioni, iniziate, peraltro già dal 2015, nel ricordo della nascita del Sommo Poeta, si identificano con le pagine scritte da studiosi e commentatori sulla memoria dantesca: si tratta delle pagine più esaustive e significative che si conoscano, perché esplorano a largo raggio tutti i luoghi in cui il termine e quelli ad esso limitrofi ricorrono nell'opera vasta di Dante. Studiare la memoria di Dante vuol dire inquadrare la sua concezione dell'essere umano e della conoscenza, capire la distinzione che, sulla scorta di Aristotele, egli operò tra "mneme" e reminiscenza. Si tratta di un cammino che chiarisce una infinita' di cose al lettore moderno della poesia dantesca. La quale si presenta gigantesca anche quando rimane superficiale. Non ci sono, infatti, molti scrittori - e certamente nessuno nel Medioevo- che sappiano immaginare personaggi quali "vedono se stessi morire". Lo fanno Iacopo del Cassero e Buonconte da Montefeltro proprio nel V canto del Purgatorio. L'alta fantasia di Dante rappresenta un qualcosa di sublime che va oltre il suo tempo. Una genialità che sa anche rivisitare i luoghi del suo passaggio nel Bel Paese, dai suoi confini storici e geografici al suo cuore vivo e pulsante. Un tema, quest'ultimo, di grande attualità. Una attualità che si misura ogni giorno, di giorno in giorno nella cronaca convulsa della nostra Italia.
Casalino Pierluigi