martedì 8 dicembre 2020

Il fascino ed enigma di Dante.


 

Dopo più di 700 anni il fascino della Divina Commedia e di Dante è ancora intatto. Il monumentale e incantevole divin poema non smette mai di stupire per la sua attualità e per i suoi aspetti enigmatici. Uno di questi è sicuramente la numerologia, cara a Dante, che nella Commedia vede il suo tripudio − sembra il caso di dirlo − di perfezione. D’altronde il Divin Poeta il suo amore per i misteri non lo ha mai nascosto. Basti ricordare la famosissima terzina del IX canto dell’Inferno: O voi ch’avete li ’ntelletti sani,/ mirate la dottrina che s’asconde/ sotto ’l velame de li versi strani. Le 3 cantiche della Divina Commedia sono formate da 33 canti (l’Inferno ne ha 34, ma il primo è visto dagli studiosi come introduttivo, quindi 33+1) la somma dei quali dà 99, multiplo di 3, il più noto dei numeri sacri. E sommando il primo canto si arriva a 100, numero considerato “perfetto”. 
Ogni canto a sua volta è diviso in terzine in uno schema metrico innovato proprio di Dante, in cui le rima ABA BCB CDC DED E, a parte le prime e le ultime, contengono 3 rime. Per capire quanto sia monumentale l’opera basti pensare che in totale è formata da 14.233 versi (Inferno: 4720; Purgatorio: 4755; Paradiso: 4758). Il canto più corto è formato da 115 endecasillabi, il più lungo di 160 versi. Inoltre, il 3 non è l’unico numero presente per il suo simbolismo, ma fanno capolino il 10, e anche il 7, altro numero che ha affinità sacre (i 7 giorni della creazione ecc). Nella Commedia, per esempio, le cantiche tra loro sono connesse numericamente e si trovano alcuni parallelismi. Tra i più noti i canti VI sono quelli a tema politico: nell’Inferno riferimenti a Firenze, nel Purgatorio all’Italia e nel Paradiso il riferimento più universale all’Impero. A conferma della connessione delle cantiche tra loro è ben noto che tutte si chiudono con la parola “stelle”. Perché questi giochi numerici? Probabilmente per una questione di “ordine”. Dal momento che il poema ha una struttura “architettonica” ben precisa, la presenza numerica doveva far parte di un corpo di costruzione altrettanto preciso. Anzi, era proprio questo che la rendeva precisa nella sua simmetria e nell’equilibrio sia numerico che delle forme per armonizzarsi al tutto.  In estrema sintesi − mi si lasci passare la volgarizzazione − non è altro che un valzer di numeri. Questi giochi numerici non sono solo presente nella Divina Commedia, ma sono presente un po’ in tutte le opere di Dante. Il caso forse più evidente è Vita Nova, che già dal titolo ci indica a quale numero pensare, numero “amico” di Beatrice: il nove. In questo libello poetico Dante ci racconta il primo incontro con Beatrice avvenuto all’età di nove anni, è diviso in sezioni novenarie (il prima e il dopo la morte di Beatrice composte ciclicamente da canzoni, sonetti e ymaginatione), la parola nove si ripeterà nove volte. Il secondo incontro con Beatrice ricorrerà ben nove anni dopo il primo, e allo scritto 19 quello che in cui si capisce che Beatrice non è più, Dante ci narra del legame tra il numero e la donna amata e ora compianta. “E secondo l’usanza nostra, ella si partio in quello anno della nostra inditione, cioè degli anni Domini, in cui lo perfecto numero nove volte era compito in quello centinaio nel quale in questo mondo ella fue posta, ed ella fue delli cristiani del terzodecimo centinaio”. Il Sommo Poeta − come abbiamo già visto − era ben conscio dell’attrattiva di tali intrighi e delle difficoltà di comprensione, tant’è che nelle Rime (LXXIX, Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete) ci canta: Canzone, io credo che saranno radi/ color che tua ragione intendan bene,/ tanto la parli faticosa e forte.  Saran pure radi quelli che comprendono, ma sono in tanti che ne subiscono ancora.
Casalino Pierluigi 




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