martedì 30 dicembre 2014

LA LINGUA ARABA

La lingua araba, del gruppo semitico, a somiglianza con l'ebraico, ha suoni difficili a pronunciarsi per gli occidentali. Il suo sviluppo pare sia stato completato un secolo prima di Mohammed, il che ha fatto sì che essendo egli erede di una buona tradizione linguistica, privilegio dei Koreishiti, il Corano ha potuto più facilmente e con esso la lingua araba, che da allora, anche per il carattere sacro assunto, si perpetua invariata nel mondo musulmano. Nonostante che fra gli Arabi vi siano in uso dialetti regionali e, tra i musulmani nel mondo, vi siano popoli non arabi, che conservano, peraltro, le loro lingue originarie in prevalenza, tuttavia le sfumature fra loro sono tanto leggere che un marocchino può agevolmente capire un iracheno. Se la lingua araba si è perpetuata senza sostanziali operazioni di restyling o variazioni altrettanto non è avvenuto per la scrittura, che all'inizio utilizzava i caratteri kufici. Questa grafia esclusivamente consonantica era evidentemente difficile alla lettura, perciò verso il l'VIII secolo dopo Cristo si ebbe un'introduzione di segni vocalici, che portò alla condizione attuale della lingua. Inoltre, come negli altri campi dell'intelletto, gli Arabi mostrarono una grande capacità di assimilazione degli elementi che provarono una grande capacità di assimilazione degli elementi che trovavano sul luogo, eredità di popoli e civiltà precedenti, per cui mentre la lingua si arricchiva, dall'altro lato riusciva ad imporsi e ciò spiega la felicità di penetrazione e di permanenza nella civilizzazione altrui dell'elemento arabo. Per di più questa facilità di assorbimento linguistico spiega la sparizione del siriaco, del greco e perfino, in vari periodi, del persiano. Anche i turchi adottarono la scrittura araba, per poi abbandonarla con Kemal Ataturk, anche se strane contorsioni populistico-fanatiche recenti sembrano riportare indietro le lancette della storia turca. La ricchezza della lingua araba, tuttavia, è attestata da questo fatto, che uno dei più noti dizionari, quello di Ibn Seid, contava al suo tempo (secolo XI)  già venti volumi! Basti pensare, infatti, che un arabo che tenga ad essere padrone della propria lingua, dovrà dimostrare di conoscere almeno 108 modi di designare il cammello e i 56 che riguardano il vento. Da questo culto della lingua, esaltato da grandi grammatici, non solo arabi, ma anche persiani e siriani, deriva un amore per la forma, che vuole rendere musicale il concetto: da ciò la grande passione per la poesia. Questo è il genere letterario più trattato nella lingua araba. L'abilità di tale arte conferisce un potere e un ascendente, che anche oggi  ha il suo valore. Un esempio è stato quello, in un relativo passato, quello di Ibn Saud, un fanatico filologo, cultore di quest'arte e per mezzo di essa è riuscito .insieme beninteso al suo valore politico e militare- ad imporsi ai beduini del Negd e dell'Hegiaz. Sull'argomento non si mancherà di tornare.
Casalino Pierluigi, 30.12.2014

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