Benchè il ruolo e la posizione della filosofia nel mondo ebraico-islamico durante il Medioevo fosse apparentemente analoga a alla situazione in cui si trovava nell'Europa cristiana, esistevano profonde differenze, ancora oggi materia di riflessione. Nonostante che le varie professioni di fede fossero formulate dalle diverse correnti dell'Islam e dell'Ebraismo, queste ultime non furono accolte dalla totalità dei fedeli. Inoltre, per quanto l'autorità religiosa fu spesso potente in questa o in quella località, non ci fu mai alcuna autorità centrale paragonabile a quella di Roma in Occidente. Del resto la posizione della filosofia nell'Islam, dopo un avvio incoraggiante,versò presto in condizioni precarie, e non solo dopo le confutazioni di Al-Gha^za^li^. Essa si andò , invece, sviluppando con successo nella Spagna musulmana, dopo Averroè (Ibn Rushd) e l'ebreo Maimonide. Un'altra differenza, ad onor del vero, tra la filosofia nell'Islam e in Occidente, era data dal fatto che la Chiesa Cattolica Romana riteneva ed usava la filosofia esclusivamente come "ancilla theologiae", assumendo così il controllo di essa. Ciò non avvenne mai nell'Islam, con la conseguenza che i filosofi islamici godettero di un'autonomia che restò sconosciuta nel mondo cristiano. Fu poi l'invadenza crescente dei religiosi ortodossi in tutto l'ecumene islamico, a determinare quel ripiegamento di civiltà che ha determinato l'eclisse dell'Arabismo classico, che ha finito per suscitare le perduranti resistenze alla modernizzazione di quelle società.
Casalino Pierluigi
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