venerdì 11 ottobre 2024

 


Il 7 ottobre 2023 ha rappresentato una minaccia grave al processo di pace in corso nella regione mediorientale, proprio alla vigilia di una storica intesa diplomatica tra Israele e Arabia Saudita nel quadro degli accordi di Abramo tra gli Stati Arabi del Golfo, il Marocco da una parte e lo Stato ebraico dall' altro. E solo gli accordi di vertice avrebbero potuto stabilità e benessere in un' area tenuta artatamente in tensione da forze eversive, oltre che dall'Iran sciita. Quest'ultimo in particolare, contraddicendo una storia millenaria di fratellanza tra ebrei e persiani al solo scopo di assumere un ruolo guida mondo islamico, strumentalizzando una causa, quella palestinese, che non trova da tempo grandi simpatia nel mondo arabo: una causa in larga misura enfatizzata più del dovuto, nonostante le pur evidenti responsabilità da parte ebraica. Ora che la questione sta pericolosamente sfuggendo di mano e apre scenari di devastanti prospettive storiche, la diplomazia, che si è arrestata in occasione del criminale attacco del 7 ottobre, stenta a rimettersi in movimento e deve riuscire a neutralizzare la deriva delle presenze di milizie armate che da decenni hanno avvelenato la vita di paesi come il Libano o alterato il processo democratico come a Gaza, che ha finito per favorire persino la cultura estremista di una parte della società israeliana. Inoltre le organizzazioni palestinesi devono rassegnarsi a non rivendicare il non rivendicabile (la storia e la politica spostano i confini da sempre), ad accettare l'esistenza di Israele e il suo diritto alla sicurezza. L' influenza negativa del regime iraniano e dei suoi satelliti contribuisce a tenere alta la tensione al solo scopo di garantirsi un ruolo che bilanci quello delle monarchie del Golfo, anche se correnti sempre più significative in quella società intendono voltare pagina anche recuperando il secolare rapporto con il mondo ebraico. E su questo punto si muove in figlio in esilio dello Scià, offrendo una soluzione anche alla crisi centrale del Medio Oriente.

Casalino Pierluigi 


giovedì 10 ottobre 2024

 


Nel suo ultimo libro lo scienziato Ray Kurzweil racconta come l' Intelligenza Artificiale trasformerà l' umano dai modelli tradizionali a quelli più avanzati, compreso l' allungamento della vita. Sempre Kurzweil ci annuncia che l' Intelligenza Artificiale raggiungerà il livello umano addirittura entro il 2929, generando un cambiamento radicale. Una visione, questa, apparentemente bizzarra, se non quasi distopica, ma sicuramente credibile al punto che è stata accolta con preoccupazione e allarme. Il fatto che tutti i concetti su cui facciamo affidamento per dare un senso alla vita, al ciclo umano e ai nostri diversi modelli anche pratici non sarebbe in sé un male se fosse incanalato in un contesto equilibrato del rapporto tra l'uomo e la macchina, per evitare mostruose ed invasive distorsioni della sensibilità. Se, non infatti, da un lato l'intelligenza artificiale consente di generare rapidamente un nuovo tipo di minacce sofisticate e personalizzare, dall' altro, però, consente di aiutare a rafforzare le difese digitali. In tal senso si vanno sviluppando approcci originali che limitino le fughe in avanti, pericolose per l' autonomia dell' uomo e soprattutto per la sua libertà. L' intelligenza artificiale sarà certo in grado di rilevare e rispondere in tempo reale agli attacchi cyber, oltre a scoprire velocemente i percorsi patologici e di arrestarli, garantendo un livello di difesa della salute mai visto prima. Sarà sempre l' uomo con la sua insuperabile capacità di guida e di governo dell' intelligenza artificiale, creando processi tali da eliminare le possibili allucinazioni della intelligenza artificiale generativa, anche se tali processi rischiano di assomigliare al tentativo di separare l'idrogeno dall'acqua. Un discorso questo, ma non solo questo, che ci pone di fronte agli interrogativi sull'impatto etico della tecnologia emergente. Migliorare quindi l'affidabilità dell' intelligenza artificiale diventa un imperativo non più rinviabile e che non ci conduca inconsapevolmente verso esperimenti ed esperienze contro natura. 

Casalino Pierluigi 

 


domenica 6 ottobre 2024

Filosofia ebraica ed islamica

 



Benchè il ruolo e la posizione della filosofia nel mondo ebraico-islamico durante il Medioevo fosse apparentemente analoga a alla situazione in cui si trovava nell'Europa cristiana, esistevano profonde differenze, ancora oggi materia di riflessione. Nonostante che le varie professioni di fede fossero formulate dalle diverse correnti dell'Islam e dell'Ebraismo, queste ultime non furono accolte dalla totalità dei fedeli. Inoltre, per quanto l'autorità religiosa fu spesso potente in questa o in quella località, non ci fu mai alcuna autorità centrale paragonabile a quella di Roma in Occidente. Del resto la posizione della filosofia nell'Islam, dopo un avvio incoraggiante,versò presto in condizioni precarie, e non solo dopo le confutazioni di Al-Gha^za^li^. Essa si andò , invece, sviluppando con successo nella Spagna musulmana, dopo Averroè (Ibn Rushd) e l'ebreo Maimonide. Un'altra differenza, ad onor del vero, tra la filosofia nell'Islam e in Occidente, era data dal fatto che la Chiesa Cattolica Romana  riteneva ed usava la filosofia esclusivamente come "ancilla theologiae", assumendo così il controllo di essa. Ciò non avvenne mai nell'Islam, con la conseguenza che i filosofi islamici godettero di un'autonomia  che restò sconosciuta nel mondo cristiano. Fu poi l'invadenza crescente dei religiosi ortodossi in tutto l'ecumene islamico, a determinare quel ripiegamento di civiltà che ha determinato l'eclisse dell'Arabismo classico, che ha finito per suscitare le perduranti resistenze alla modernizzazione di quelle società.

Casalino Pierluigi