Anche il Sommo Poeta, così radicato nella cultura e nella Fede Cristiana, era ben consapevole (oltre che grande ammiratore ed interprete) del rilevante debito intellettuale che l'Europa medievale aveva contratto con l'altra sponda del Mediterraneo, con la quale, peraltro manteneva fecondi rapporti non solo ideali, ma commerciali. In relazione a ciò, Dante pone al Limbo, e non dunque all'Inferno (dove colloca Maometto), i grandi pensatori dell'Islam Avicenna (Ibn Sina) e Averroè (Ibn Rushd), dei quali fu anche tributario in alcune sue tesi, e persino quel celebre condottiero musulmano, Saladino, che strappò Gerusalemme ai Crociati, ma che si distinse per le sue doti umane e morali. Non si può, tuttavia, parlare di Dante e l'Islam, senza ricordare gli straordinari e probabili influssi sulla Divina Commedia dell'escatologia musulmana. Su tale influenza si espresse già con mirabile intuito Asìn Palacios nel 1919, la cui tesi fu a lungo avversata dalla critica dantesca tradizionale. Di recente, comunque, il rapporto tra Dante e l'Islam è stato oggetto di rinnovato interesse, dopo gli studi del Cerulli, di Maria Corti, e soprattutto, infine, di Luciano Gargan. Quest'ultimo sembra aver finalmente risolto positivamente una questione controversa quale la conoscenza diretta di Dante del Liber Scalae, confermando, attraverso il ritrovamento di una copia di tale testo presso l'archivio duecentesco dei Domenicani dell'Università di Bologna, la possibilità di una sua lettura da parte del Sommo Poeta, la cui originalità e grandezza di genio troverebbe una ulteriore prova proprio dalla capacità dell'Autore di interpretare e rivisitare il patrimonio intellettuale dell'epoca in cui visse, compreso quello islamico.
Casalino Pierluigi, Laigueglia, 1949
Casalino Pierluigi, Laigueglia, 1949
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